La questione del comportamento del lavoratore nelle cause relative a incidenti sta diventando un punto rilevante. Si moltiplicano le cause e quindi le sentenze che mirano ad accertare se i comportamenti attuati dal lavoratore o da gruppi di lavoratori possano essere motivi di infortunio. Questo, spesso, avviene nel tentativo di scaricare sul lavoratore la responsabilità dell’accaduto.
Molte sentenze, in particolare quelle della Corte di Cassazione, hanno definito ciò che si intende per “comportamento abnorme o imprevedibile o esorbitante”.
La sentenza di Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 maggio 2017 n. 12561 recita:
in materia vige il principio, assolutamente pacifico, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l’addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell’infortunio, giacché al datore di lavoro, che è “garante” anche della correttezza dell’agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest’ultimo il rispetto delle regole di cautela (Cassazione 2010, n.32357).
Quindi, il Datore di Lavoro risponde in ogni caso anche dei comportamenti dei lavoratori. Come si legge in un’altra sentenza (Cass. Sezione 4, 22 gennaio 2007, Pedone):
la responsabilità dell’imprenditore è esclusa solo in caso di dolo o di rischio elettivo del lavoratore, ossia di rischio generato da un’attività estranea alle mansioni lavorative o esorbitante da esse in modo irrazionale.
In sostanza
l’esonero della responsabilità del datore di lavoro si verifica solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’abnormità, dell’inopinabilità, dell’esorbitanza
rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute, o
dell’atipicità e dell’eccezionalità. La semplice irrazionalità della condotta, quando sia controllabile in anticipo, invece, non vale ad esonerare il datore di lavoro.
Il quadro è apparentemente semplice, ma nel contesto delle molteplici circostanze che si possono verificare in un luogo di lavoro, restano aspetti ancora da chiarire. Citiamo il caso preso in esame dalla sentenza della Cassazione Penale n. 4916 del 01 febbraio 2018.
Questo il fatto esaminato in prima battuta dalla Corte di Catania. All’imputato, socio accomandatario della azienda datrice di lavoro, viene contestato
di non avere messo a disposizione del lavoratore attrezzature adeguate per la realizzazione del compito affidato, consistente nella sistemazione di pedane in legno da accatastarsi in pile all’interno di capannone industriale, e in particolare di non avergli fornito una scala doppia auto stabile munita di piattaforma di lavoro.
L’azienda contestava invece al lavoratore l’abnormità del suo comportamento.
La Corte di Cassazione, nella sentenza, non rileva tale abnormità, difendendo la sentenza di condanna del Tribunale catanese, e ricordando che
la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento-morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento.
Infatti:
sebbene il lavoratore fosse adibito a sistemare le pedane all’interno del capannone accatastandole in pile che raggiungevano l’altezza di sei metri, allo stesso non era stata messa a disposizione una scala o trabattello e che l’infortunio occorso costituiva diretta conseguenza della suddetta omissione, in quanto per provvedere all’incombente assegnato l’operaio si era issato su un muro da cui era precipitato.
E dunque
appare del tutto congruo ed esente da vizi logici il ragionamento dei giudici di merito che hanno ritenuto né imprevedibile né eccezionale il fatto che il dipendente, privo delle necessarie dotazioni antinfortunistiche (compreso il casco), si fosse avvalso di mezzi di fortuna per assolvere agli impegni lavorativi.