Rischi di esposizione a bioareosol

procedura sperimentale particolato

Sono interessati dal rischio di esposizione a bioareosol i lavoratori impegnati in particolare nelle seguenti  attività:

  • riciclaggio dei rifiuti,
  • compostaggio dei rifiuti organici,
  • discariche e impianti di depurazione,
  • aziende zootecniche  agricole biotecnologiche produttrici di enzimi altamente purificati,
  • industrie alimentari e di detergenti che fanno uso di enzimi,
  • aziende della lavorazione della pelle.

procedura sperimentale particolato copVa considerato inoltre che il rischio è “in dipendenza dal tipo di lavoro, dalla vicinanza alla sorgente e dalle misure di abbattimento presenti”: per la valutazione  corretta dell’esposizione di tali lavoratori è quindi “necessario campionare e caratterizzare il bioaerosol tramite idonee tecniche di misura”.

Gli effetti di tale esposizione possono essere: infezioni, asma, allergie e altre malattie delle vie respiratorie.

Riferimenti normativi per la prevenzione e la protezione da agenti biologici sono il Titolo X e l’Allegato  XLVI del D.Lgs. 81/2008 che non forniscono però limiti di esposizione,  in quanto mancano “metodi efficaci per misurare quantitativamente gli agenti biologici  e non essendo disponibili sufficienti informazioni sulle relazioni dose-risposta”.

Di interesse in merito l’iniziativa dell’Inail – Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti prodotti e insediamenti antropici – che ha redatto e pubblicato nel febbraio scorso un documento relativo ad una Procedura sperimentale per la determinazione della componente batterica del materiale particolato che utilizza due indicatori chimici, l’acido muramico e l’acido dipicolinico, per il   monitoraggio delle variazioni delle concentrazioni di batteri e spore batteriche aerodisperse  nelle attività considerate a rischio.

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