Novità della giurisprudenza sulla delega di funzioni e la ripartizione delle responsabilità

Pubblichiamo un estratto dell’approfondimento monografico, sul tema degli infortuni sul lavoro, dal titolo La colpa negli infortuni sul lavoro. Il testo – a cura di E. Santin e M. Vianello – è stato pubblicato nel Bollettino marzo 2015 della Camera penale veneziana “Antonio Pognici”, per il sito internet www.camerapenaleveneziana.it.

LA DELEGA DI FUNZIONI E LA RIPARTIZIONE DELLE RESPONSABILITÀ

4.1 Il previgente D.Lgs. 81/2008 e l’evoluzione normativa dell’art. 16 alla luce del D.Lgs. 106/2009

Anzitutto è opportuno richiamare il testo normativo (art. 16 T.U. 81/2008) sia nella versione ante 2009 sia in quella vigente, introdotta con D.Lgs. 106/2009:

Art. 16. Delega di funzioni
In vigore dal 15 maggio 2008
Testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4.
Art. 16. Delega di funzioni
In vigore dal 20 agosto 2009
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’ articolo 30, comma 4. (1)
3-bis. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2. La delega di funzioni di
cui al primo periodo non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate. (2)(1) Comma così modificato dall’art. 12, comma 1, D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

La delega di funzioni in generale negli anni ha assunto contorni sempre più precisi, disegnati mano a mano dalla giurisprudenza di legittimità, che ne ha tratteggiato le linee portanti.

Per tutte si cita la sentenza Cassazione, V Sezione Penale, 22.11.2006, n. 38425, che ha affermato che lo

atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (di recente, in termini, v. Cass., Sez. IV, 12 gennaio 2005, Cuccu; nonché Cass., Sez. IV, 1° aprile 2004, Rinaudo ed altro).

A ciò s’aggiunga che l’autonomia del delegato si “misura” anche con l’autonomia di spesa dello stesso; Cassazione, Sez. IV penale, (ud. 06-12-2007) 08-02-2008, n. 6277, infatti, ha riconfermato che

ampi ed autonomi poteri di spesa ed organizzativi in materia di prevenzione degli infortuni, (sono, ndr) ritenuti indispensabili ai fini dell’esonero da responsabilità del datore di lavoro.

La situazione ante D. Lgs. 81/2008 era, peraltro, consolidata, anche in tema di assenza di deleghe formali, così come espresso anche da Cassazione, Sez. IV penale, 20.12.2007, n. 47173:

il sistema prevede che il datore possa delegare ad altri alcune delle funzioni che attengono alla sua sfera di responsabilità (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 1, comma 4 quater); ma non richiede che i distinti soggetti legalmente individuati, il dirigente ed il preposto, debbano essere muniti di una delega ad hoc perché assumano la responsabilità che la legge demanda loro. Tale sfera di responsabilità, lo si ribadisce, è conformata sul ruolo istituzionale svolto, come emerge dal lessico del richiamato D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 1, comma 4 bis: “nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti ed i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto”. Tale disciplina, del resto, si limita a ribadire e chiarire il ruolo di garanzia, per certi versi autonomo, che già il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4 attribuiva a tali soggetti”.

All’epoca, anche in ambito più generale rispetto alla materia infortunistica, si ammetteva in presenza di determinate condizioni (impresa di ampie dimensioni, organizzata) la cosiddetta “delega di fatto”, orientamento oggi saggiamente riaffermatosi da parte della S.C. (cfr. in tempi recentissimi Cass., sez. IV pen., 26.6-29.7.2014, n. 33417).

La lettera della norma, con l’introduzione nel 2009 del comma 3 bis all’art. 16 del T.U., dà conto dell’impossibilità precedentemente e dell’attuale opportunità per il delegato di delegare a sua volta le funzioni a sé delegate dal datore.
Anche il comma 3 del T.U., tuttavia, a seguito della modifica del 2009, impone quale unico strumento di vigilanza l’adozione deli modelli di cui al D. Lgs. 231/2001 (e non più come eventuale mezzo di vigilanza tra i tanti indefiniti). Chiarissima anche la volontà del legislatore di vietare sub-deleghe ulteriori.

4.2 Tratti e requisiti essenziali della delega di funzioni

L’istituto di matrice essenzialmente giurisprudenziale della delega di funzioni, che nella previgente l. 626/1994 poteva solo implicitamente dedursi a contrariis dal dettato dell’art. 1, comma 4-ter [1], ha trovato dunque espresso riconoscimento normativo all’art. 16 del d.lgs. 81/2008 e successive modificazioni.
In linea con gli obiettivi di efficienza degli attuali assetti aziendali, il Legislatore accoglie e sancisce al primo comma del predetto articolo il principio di generale delegabilità delle funzioni datoriali, in virtù del quale la facoltà del datore di lavoro di trasferire in capo a terzi compiti e funzioni inerenti alla gestione dei propri obblighi organizzativi e prevenzionistici, offre allo stesso la possibilità di coadiuvarsi di soggetti qualificati, idonei talora a supplire lacune determinate dalla carenza di specifiche conoscenze tecniche, e di alleggerire il carico dei propri obblighi ed oneri, assurgendo così a vero e proprio strumento di organizzazione imprenditoriale. L’ambito applicativo di siffatto principio generale viene anzitutto circoscritto attraverso l’indicazione tassativa delle funzioni indelegabili da parte del datore di lavoro, al fine di porre un marcato limite alla trasferibilità degli obblighi datoriali in materia prevenzionistica e antinfortunistica; siffatte eccezioni, di cui all’art. 17 del medesimo decreto, sono individuate nella valutazione relativa a tutti i rischi connessi all’attività di impresa [2] e nella redazione del relativo Documento [3], nonché nella designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi [4].

Il Legislatore non esplicita cosa debba puntualmente intendersi per “ delega di funzioni”, tuttavia, sotto il profilo della natura giuridica, può pacificamente riconoscersi come essa presenti i caratteri di un atto negoziale, bilaterale e costitutivo in capo al delegato di una vera e propria sfera funzionale.
Espressa, puntuale e tassativa, invece, la previsione normativa dei requisiti essenziali dell’istituto de quo, sia formali che sostanziali, allineata con la giurisprudenza più formalista pronunciatasi sulle modalità di esteriorizzazione della delega di funzioni, attenta nel voler prevenire difficoltà probatorie in relazione alla validità delle deleghe.

Alla lettera a) del primo comma dell’art. 16 si rinviene un primo duplice requisito dell’atto di delega, consistente nella richiesta di forma scritta, ad substantiam, e di data certa. Come ribadito dai Giudici di merito in diverse recenti sentenze, è anzitutto esclusa la possibilità di conferimenti orali, ed altresì l’interpretare la richiesta di forma scritta come ad probationem; si legge nella seguente pronuncia che

L’atto di delega, come poi espressamente sancito dall’art. 16 del D.lgs. 81/2008 (che ha recepito buona parte degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte di legittimità), deve risultare da atto scritto avente data certa onde poter verificare l’effettività della nomina e dello svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell’infortunio” [5]

e ancora:

Gli obblighi di cui è titolare il datore di lavoro possono essere trasferiti ad altri sulla base di una delega che deve però essere espressa, inequivoca e certa, non potendo la stessa essere invece implicitamente presunta nella ripartizione interna all’azienda dei compiti assegnati ai dipendenti o dalle dimensioni dell’impresa” [6].

Segue, alla lettera b), l’imposizione al delegato del possesso di requisiti di carattere materiale quali professionalità ed esperienza. In proposito, è pacifico il riferimento alle qualità empiriche del delegato, in relazione ad attività svolte nel corso della propria formazione professionale e della propria carriera; si richiede, infatti, non una generica propensione organizzativa, ma una competenza tecnica e professionale parametrata e correlata all’attività da svolgere, laddove una mera valutazione in termini di affidabilità o idoneità del delegato non sarebbe rispettosa del dettato normativo. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in linea con siffatto intendimento, utilizza il lessico seguente: “necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di sicurezza del lavoro”, “particolare esperienza nell’organizzazione dei presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività produttiva esercitata dall’impresa” [7], “soggetto di particolare competenza nel settore della sicurezza individuato e rivestito del suo ruolo con modalità rigorose” [8], “persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento” [9], “persona esperta e competente” [10].

A elementi contenutistici determinanti per la corretta operatività della delega, fanno riferimento le disposizioni sub c) e d), per le quali al delegato devono necessariamente attribuirsi “tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo” adeguati alla natura delle attività richieste, ed è altresì essenziale il conferimento “dell’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”; trattasi di imprescindibili profili di autonomia gestionale che completano la posizione di garanzia derivata e ne garantiscono l’effettiva esplicazione.

Il requisito dell’accettazione per iscritto da parte del delegato, di cui alla lettera e), consacra la delega di funzioni a negozio bilaterale, distinguendola da un mero atto unilaterale recettizio, quale il già ricordato conferimento di incarico.

Completa il novero degli elementi essenziali il disposto del comma 2, ove si richiede venga data alla delega tempestiva e adeguata pubblicità; quest’ultima deve di certo ricondursi alle forme di cosiddetta pubblicità-notizia previste dalla legge, ma in relazione alle modalità di attuazione mediante le quali può dirsi soddisfatta non vi è ancora uniformità.

Ai requisiti puntualmente individuati dal dettato normativo del commentando art. 16, si aggiunga un elemento ulteriore, connaturato alla delega stessa e reso pacifico da una giurisprudenza linearmente unanime: trattasi dell’individuazione dei compiti di natura prevenzionistica oggetto del trasferimento. Come recita il Supremo Collegio

La delega alla sicurezza sul lavoro richiede l’individuazione, da parte del delegante datore di lavoro, dei compiti di natura specificamente prevenzionistica che vengono trasferiti in forza della stessa. In tal modo, può considerarsi come delegato alla sicurezza il direttore di stabilimento cui è imposta la predisposizione di misure antinfortunistiche in relazione a tutti i macchinari presenti in azienda, e non anche il direttore nominato responsabile di un determinato servizio (nella specie, direttore del servizio di ingegneria industriale e progettazione), al quale la delega è stata attribuita in senso “atecnico”, come può essere attraverso un atto che concretizza l’articolazione organizzativa aziendale [11].

 

NOTE

[1] L’originario testo della l. 626/1994 non contemplava l’istituto della delega di funzioni; un primo implicito riferimento allo stesso venne introdotto, per l’appunto, con il d.lgs. 19 marzo 1996 n. 242 che interveniva sull’art. 1 della l. 626/1994 aggiungendo allo stesso il seguente comma 4-ter: “Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’articolo 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo”.
[2] Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. q) del D.Lgs. n. 81/2008 la valutazione dei rischi è la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza; ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008, la valutazione dei rischi anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal D.Lgs 151/2001, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.
[3] Cfr. D.lgs 81/2008, art. 28 ss.
[4] Cfr. D.lgs 81/2008, art. 31 ss.
[5] Cass. pen., Sez. IV, 1.4.2014, n. 15028.
[6] Cass. pen., Sez. IV, 13.2.2014, n. 7071.
[7] Cass. pen., Sez. IV, 1.4.2014, n. 15028.
[8] Cass. pen., Sez. IV, 13.9.2013, n. 37563.
[9] Cass. pen., Sez. IV, 23.1.2012, n. 2694.
[10] Cass. pen., Sez. IV, 25.2.2010, n. 7691.
[11] Cass. pen., Sez. IV, 23.11.2012, n. 11442.

Fonte: Bollettino 2015 Camera Penale Veneziana

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