Obbligo di usare i mezzi di protezione nell’utilizzo di una macchina squadratrice. Colpa del lavoratore al 40%.
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Data Udienza: 21/05/2015
FattoDiritto
1. Il Tribunale di Monza ha affermato la responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni colpose commesso il 28 novembre 2006 con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno del dipendente C.F. e lo ha altresì condannato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. La pronunzia stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello che, concesse attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, ha ridotto la pena.
All’imputato, nella veste di socio amministratore di società svolgente l’attività di produzione di mobili è stato mosso l’addebito di non aver curato l’osservanza da parte del lavoratore dell’obbligo di usare i mezzi di protezione nell’utilizzo di una macchina squadratrice. In particolare il lavoratore spingeva un pezzo di legno con la mano destra contro il disco lama con la cuffia di protezione sollevata e senza l’utilizzo della attrezzatura stringipezzo. La mano veniva così in contatto con la lama con conseguente amputazione di due dita.
2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo diversi motivi.
2.1.Si censura la ritenuta ammissibilità della costituzione di parte civile, atteso che l’atto non era accompagnato da procura speciale bensì solo da procura ad litem. La Corte d’appello, al riguardo, si è limitata a richiamare un principio giurisprudenziale consolidato ma non conferente, relativo alle modalità dì rappresentazione ed apposizione della procura speciale. Si è omesso di considerare la differenza tra i due evocati tipi di procura.
2.2.Per ciò che attiene alla ritenuta esistenza della violazione afferente al mancato controllo dell’utilizzazione dei mezzi di protezione da parte del lavoratore, si deduce che la Corte territoriale ha attribuito rilevanza al fatto che il ricorrente non fosse presente in azienda nel giorno in cui avvennero i fatti e non avesse delegato un preposto. Si è omesso di considerare che dall’istruttoria dibattimentale è emerso che i macchinari erano regolari, che i lavoratori erano istruiti e che l’imputato controllava con frequenza il loro corretto utilizzo ed aveva anche ripreso il lavoratore quando operava senza utilizzare i dispositivi di protezione prescritti. Si è pure trascurato che l’imputato era falegname esperto. La Corte sembra pretendere dal datore di lavoro un controllo a vista per tutti i dipendenti e per tutte le fasi delle lavorazioni.
2.3. La pronunzia ha inoltre omesso di considerare adeguatamente il concorso di colpa del lavoratore, che è stato determinato nella misura del 40%. Si è trascurato che il lavoratore ha violato l’obbligo di ordinaria diligenza ai sensi dell’art. 1227 cod. civ, e che ciò avrebbe evitato la verificazione delle lesioni e dei danni. In ogni caso avrebbe dovuto essere ritenuta la colpa prevalente del lavoratore.
2.4. L’imputato è incensurato e l’entità della sua colpa è limitata; e dunque si sarebbe dovuto esprimere giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti. Non vi è traccia dell’iter logico in base al quale il giudizio di prevalenza è stato escluso.
2.5. La parte civile ha presentato una memoria.
3. La sentenza va annullata senza rinvio quanto alle statuizioni penali poiché il resto è estinto per intervenuta prescrizione; essendo decorso il termine dì sette anni e sei mesi. Né, alla luce di quanto sarà esposto in appresso, vi sono le condizioni per l’adozione di pronunzia liberatoria nel merito ex art. 129 cod. proc. pen.
4. L’impugnazione è priva di pregio quanto alle statuizioni civili.
4.1.Per ciò che attiene alla questione afferente alla costituzione dì parte civile la sentenza evoca, condividendola, la giurisprudenza consolidata in base alla quale la procura speciale al difensore della parte civile può essere apposta anche in calce o a margine della dichiarazione di costituzione, essendo idonea a rivelare la volontà della parte stessa di conferire a quel difensore la procura a compiere l’atto.
Tale apprezzamento è conforme a principi consolidati; e d’altra parte ciò che maggiormente rileva è che, contrariamente a quanto dedotto, in calce alla costituzione di parte civile compare un atto denominato “procura speciale”” che, essendo apposto in continuità rispetto ai documento che segna l’intervento nel processo, denota univocamente la volontà di attribuire ai difensore anche i poteri afferenti a tale iniziativa processuale. Dunque, l’atto di cui sì discute non è irrituale.
4.2. Per ciò che attiene alla responsabilità in ordine al profilo di colpa la pronunzia argomenta diffusamente evidenziando che il lavoratore aveva già in precedenza ripetutamente manifestato scarsa attenzione nell’adozione nei presidi antinfortunistici; e che tale situazione poteva alternativamente imputarsi o alla consuetudine in tal senso riferita dalla vittima o alla carenza di informazione e controllo appropriati. In ogni caso si configura la responsabilità dell’imputato che, nella veste di datore di lavoro e garante della sicurezza, è tenuto a tutti gli obblighi pertinenti in tema di formazione e controllo. Del resto, aggiunge la pronunzia, la non assiduità dei controlli è stata ammessa dallo stesso imputato e trova spiegazione nelle piccole dimensioni dell’azienda e nel ruolo lavorativo direttamente svolto dal B.. Tale apprezzamento appare chiaramente conforme a consolidati i principi ed immune da vizi logici o giuridici, essendo basato sulla considerazione puntuale di tutte le caratterizzazioni del fatto e della manchevole organizzazione aziendale.
L’evocazione della disciplina civilistica, d’altra parte, è del tutto inconferente nel caso in esame, posto che le statuizioni civili costituiscono pur sempre il riflesso dell’accertamento del reato e del danno da esso prodotto.
4.3.La Corte d’appello ha accolto le deduzioni difensive volte a valorizzare la colpa del lavoratore, tanto che ne ha determinata l’entità in nella misura del 40%. Per l’effetto, ritenuta l’equivalenza tra attenuanti generiche ed aggravanti, ha inflitto la sola pena pecuniaria nella modesta misura di 300 euro. Tale benevolo apprezzamento risponde pienamente a tutte le censure difensive in tema di quantificazione della colpa concorrente e della pena. Si tratta di tipiche valutazioni di merito che sono basate su una compiuta considerazione della vicenda ed ispirate a favore per le deduzioni difensive. Esse, dunque, non possono essere ridiscusse nella presente sede di legittimità.
L’impugnazione va dunque rigettata quanto alle statuizioni civili. Ne discende la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che appare congruo liquidare come in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione, salvi gli effetti civili. Condanna il B. alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile C. F., liquidate in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Roma 21 maggio 2015.