Mancata predisposizione di un adeguato e stabile sistema di via di circolazione sul tetto. Reato estinto per prescrizione.
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA
Data Udienza: 03/06/2015
Fatto
1. S.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in data 28.04.2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Grottaglie, il 14.01.2013, nei confronti del prevenuto, in ordine al reato di cui all’art. 590 cod. pen., commesso in data 30.01.2007. Allo S.G. si addebita, nella sua qualità di responsabile della General S.B.A, srl, per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di aver provocato e non impedito il sinistro a causa del quale il dipendente C.F. riportava lesioni gravi guarite oltre il quarantesimo giorno, con pericolo di vita. In particolare, l’addebito concerne l’aver adibito il predetto dipendente a lavori di smaltimento delle lastre di copertura di un capannone, ad una altezza di circa nove metri dal suolo, senza far predisporre un adeguato e stabile sistema di via di circolazione sul tetto su passerelle; di talché il C.F., a causa dello spostamento della passerella di protezione, poggiava direttamente sulle lastre di copertura, che si rompevano e provocavano la rovinosa caduta dall’alto.
La Corte territoriale confermava la valutazione espressa dal Tribunale, se pure riteneva non condivisibile la ricostruzione effettuata dal primo giudice, rispetto alla necessità, per i dipendenti, di camminare senza presidio anticaduta, prima di raggiungere il luogo di aggancio delle cinture di sicurezza. Sul punto, la Corte territoriale affermava che, in realtà, il dipendente infortunato aveva assunto un atteggiamento imprudente, non allacciando la cintura. E sottolineava che le conclusioni non cambiavano, posto che il comportamento della parte offesa non poteva qualificarsi come abnorme. Quanto alla posizione di garanzia assunta dall’imputato, il Collegio osservava che S.G. non aveva conferito né al direttore dei lavori T. né al soggetto che aveva redatto il POS, una delega specifica in tema di sicurezza.
Il ricorrente, con il primo motivo, deduce la violazione di legge. L’esponente rileva che la posizione di garanzia, rispetto alla sicurezza nel cantiere, era stata assunta dal soggetto che aveva redatto il piano operativo di sicurezza (POS) e dal consulente della General S.B.A., al quale era stata affidata la direzione dei lavori di cui si tratta. La parte osserva che la Corte territoriale ha confermato l’affermazione di responsabilità penale dello S.G., giacché difettava una formale ed inequivoca delega di funzioni, in tema di sicurezza; e considera che, in presenza di più coobligati, il giudice avrebbe dovuto verificare la concreta possibilità di agire, in capo a ciascuno dei diversi garanti.
Ciò posto, il deducente osserva che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, occorre che la posizione di garanzia sia basata sul principio di effettività, in forza del quale la stessa può sorgere anche a prescindere da un atto formale di investitura. Conclusivamente sul punto, il ricorrente osserva che qualora si ponga a carico del titolare di azienda un addebito di posizione, omettendo di verificare la sussistenza di concreti profili di rimproverabilità colposa della condotta, se del caso di natura sussidiaria in presenza di più garanti, si rientra nell’ambito della responsabilità oggettiva.
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione di legge ed il vizio motivazionale laddove la Corte di Appello, pur evidenziando che la condotta del lavoratore infortunato era stata negligente ed arbitraria, aveva escluso che la stessa potesse qualificarsi come causa sopravvenuta, idonea ad escludere il rapporto di causalità.
Sul punto, il ricorrente evidenzia che, in corso di giudizio, si è accertato che i lavoratori erano dotati di un equipaggiamento individuale antinfortunistico idoneo e che il POS risultava adeguato allo scopo. E che il dipendente C.F. aveva omesso di indossare la propria cintura di sicurezza, che era agganciata alle funi previamente installate sul tetto del capannone, in un contesto operativo posto al di fuori delle possibilità di controllo, da parte del datore di lavoro.
Diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
1.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad sette e mesi sei. Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta prescrizione. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (la sentenza è stata resa in data 28.04.2014, mentre il termine prescrizionale è spirato il 30.07.2014).
E’ poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle conformi valutazioni rese dai giudici di merito, in ordine all’affermazione di penale responsabilità del ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella sentenza della Corte di Appello, confermativa di quella del Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Grottaglie, non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell’innocenza dell’imputato.
2. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso in Roma in data 3 giugno 2015.