Infortunio mortale nel corso di un rapporto lavorativo di natura fattuale: varie condotte di inosservanza della prevenzione antinfortunistica.
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE
Data Udienza: 09/07/2015
Fatto
1. DM.A. ha proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, di condanna alla pena di euro 4.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 29, 36, 37, comma 1, 18, comma 1, e 34, comma 2, del d. lgs. n. 81 del 2008 in relazione a varie condotte di inosservanza della prevenzione antinfortunistica.
2. Con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 12 e ss. c.p.p. per avere il giudice rigettato l’istanza di riunione del procedimento in oggetto con altro pendente dinanzi ad altro giudice presso il medesimo Tribunale avente ad oggetto l’addebito di cui agli artt. 589 e 110 c.p. fondata sul fatto che le violazioni contestate scaturivano da accertamenti compiuti dall’ispettorato del lavoro in merito ad episodio di infortunio mortale; analoga istanza di riunione veniva rigettata all’esito dell’istruttoria dibattimentale, nonostante lo stesso giudice, nel corso del dibattimento, avesse ravvisato l’esistenza di una connessione tra i due procedimenti.
3. Con un secondo motivo lamenta che l’iter motivazionale della sentenza è del tutto disancorato dalle emergenze processuali giacché caratterizzato da numerosi salti logici e contraddizioni conducenti ad un totale travisamento del fatto; in particolare sarebbe emerso che la ditta dell’imputato non aveva alle proprie dipendenze alcun lavoratore, essendo cessato il rapporto tra la ditta e M.S. (deceduto a seguito dell’infortunio) peraltro caratterizzato da occasionalità e collaborazione assolutamente paritaria in quanto derivante da un lungo rapporto di amicizia tra questi e l’imputato. Lamenta che il Tribunale abbia ricostruito l’esistenza di un rapporto di lavoro unicamente sulla base della sola testimonianza del fratello M.B. che avrebbe appreso che la vittima si era recata alla villa dell’imputato insieme a tale M.A. senza aggiungere altro.
4. Con un terzo motivo lamenta che sia stata revocata la ammissione della prova a discarico consistente nell’esame di M.A. ritenuta superflua benché unica persona presente sul luogo dell’incidente.
Diritto
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, posto che, come da costante indirizzo di questa Corte, i provvedimenti che dispongono o negano la riunione di procedimenti, siccome meramente ordinatori, sono sottratti ad ogni forma di impugnazione (tra le altre, Sez. 3, n. 39952 del 03/10/2006, Boscaneanu ed altri, Rv. 235496; Sez. 4, n. 676/04 del 06/11/2003, Provenzano, Rv. 227345).
6. Il secondo motivo è inammissibile perché volto a contestare, facendo ricorso tra l’altro ad asserzioni puramente fattuali, la corretta lettura del compendio probatorio da parte del Tribunale invocando da questa Corte una nuova valutazione dello stesso.
La sentenza impugnata ha infatti fondato, senza illogicità od incongruenze, l’affermazione di responsabilità sulle dichiarazioni del teste M.B., di cui è stata motivatamente ritenuta l’attendibilità (vedi pagg. 5 e ss.), secondo cui tra l’imputato ed il fratello, M.S., era intercorso, per circa dieci anni, un rapporto lavorativo di natura fattuale (nei primi tempi articolato in otto ore giornaliere e successivamente invece di carattere saltuario) il cui svolgimento avrebbe imposto l’adozione di tutte quelle misure, la cui mancanza è stata attestata in giudizio dai testi appartenenti al dipartimento di prevenzione sui luoghi di lavoro, finalizzate a garantire la salvaguardia dell’incolumità del lavoratore (deceduto a seguito di infortunio occorsogli); il Tribunale ha infatti specificato come l’imputato non sia stato in grado di esibire la documentazione comprovante l’adempimento di quanto gli incombeva per legge sia sotto il profilo della redazione del documento di valutazione dei rischi, sia sotto il profilo della nomina di un medico competente a valutare l’idoneità del lavoratore, sia sotto il profilo dell’obbligo di informazione e formazione circa i rischi connessi all’attività lavorativa, sia infine sotto il profilo della messa a disposizione del lavoratore di una scala provvista dei necessari dispositivi di sicurezza.
7. Il terzo motivo è infondato. Risulta dal verbale di udienza del 27/02/2014 in atti che il Tribunale ebbe a revocare la prova data dalla testimonianza di M.A., la cui assunzione era stata disposta ex officio a norma dell’art. 507 c.p.p., ritenendola non più necessaria alla luce delle dichiarazioni del teste M.B., senza che la Difesa nulla abbia eccepito da qui discendendo, in ogni caso, ex art. 182, comma 2, c.p.p., la sanatoria dell’eventuale nullità; nullità, comunque, neppure sussistente nella specie giacché, appunto, il Tribunale appare avere correttamente motivato in ordine alla sopravvenuta superfluità della prova (la cui mancanza di decisività risulta del resto dalla motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità) ed invocando peraltro il ricorrente l’argomento, non strettamente pertinente al presente giudizio, della presenza della teste sul luogo dell’infortunio.
8. Il ricorso deve dunque essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 9 luglio 2015