Infortunio mortale durante i lavori di installazione delle luminarie.
Fatto
1. Nel 2007, come negli anni precedenti, la società “Organizzazione e illuminazioni D. S.a.s.” (che aveva come socio accomandatario D. A. e come socio accomandante e amministratore di fatto, D. F., il quale era padre di A., nonché di M. ed E., entrambi dipendenti della società) venne ingaggiata per apporre le sagome di illuminazione sulle facciate della chiesa e dell’adiacente municipio.
Il committente di tali lavori, veniva individuato nella persona del Rettore della “Basilica di S. Antonino” ovvero E.G..
La “Organizzazione e illuminazioni D. s.a.s.”, iniziava i lavori in questione verso la fine di aprile, avvalendosi di un autocarro, sul quale era installata una piattaforma aerea “Eagle 3526”, prodotta dalla società “Oil & Steel S.p.A.” ed acquistata di seconda mano, cinque anni prima dell’accadimento dei fatti, dalla ditta “M.” di Casalnuovo: non venne predisposta nessuna misura dagli organi competenti per deviare il traffico veicolare e pedonale.
La società D. continuava i lavori iniziando ad utilizzare, oltre ad un mezzo comunemente detto “ragno”, il mezzo meccanico sopra descritto, posizionando l’autocarro al margine della carreggiata e -senza recintare o transennare l’aerea- apriva il braccio della piattaforma aerea che consentiva al cestello di raggiungere la facciata della chiesa disegnando una campata, sotto la quale transitavano veicoli e pedoni. Il lavoro di installazione delle luminarie proseguiva per giorni.
Il 1° maggio dell’anno 2007 il braccio della gru, mentre si trovava allungato a campata in direzione della facciata della chiesa di Sant’Antonino, cedeva ed il cestello precipitava nel vuoto, cadendo sulla testa di F.C. e R.T., che camminavano in prossimità della chiesa, determinandone la morte. A seguito del cedimento del braccio telescopico, riportavano lesioni anche G. M., che si trovava a transitare per la Piazza S. Antonino alla guida di un autocarro, i fratelli D., che si trovavano all’interno del cestello, e B.E., collaboratore occasionale della “Organizzazione e illuminazioni D. S.a.s.”. Anche quest’ultimo, al momento del cedimento della struttura meccanica, si trovava all’interno del cestello della gru meccanica.
Tale ricostruzione della vicenda veniva realizzata dalla Corte territoriale sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla teste C.C., testimone oculare della tragedia, nonché delle testimonianze (con riferimento a quanto testimoniato dal sostituto Commissario di P.S.) di Z. A., G. R., F.R., DM.R., E.F., C.P. e T.M., precise, analitiche e conformi tra loro. Inoltre, gran parte dei fatti in questione erano dimostrati dalle riprese delle telecamere della Polizia Municipale di Sorrento che avevano filmato il tragico evento.
2. Il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza in data 12.6.2010, dichiarava D. A. (quale amministratore della società che gestiva l’applicazione delle luminarie), D. F. (quale amministratore di fatto di tale società), D. E., D. M. (quali dipendenti della detta società che operavano sulla detta piattaforma aerea), F.M. (quale Sindaco prò tempore del Comune di Sorrento), E.G. (quale Parroco della Basilica di S. Antonino, committente dei lavori) e L. F. (quale istruttore della Polizia locale di Sorrento) colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti e cioè, tutti, di quello di omicidio colposo (art. 589 commi 2 e 3 c.p. con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 9 c.p. per F.M.) in danno di F.C. e R.T. e di lesioni colpose in danno di G. M., nonché, il F.M. e il L., anche di quello di cui all’art. 328 comma 1 c.p., condannandoli alle rispettive pene di giustizia nonché, in solido tra loro e con il Responsabile civile Comune di Sorrento e Ministero degli Interni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore delle 10 parti civili costituite.
3. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 21.1.2014, in riforma della predetta sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, dichiarava l’improcedibilità nei confronti di D. F. per estinzione dei reati ascrittigli per morte del reo, assolveva E.G. e L. F. dai reati loro ascritti per non aver commesso il fatto e, concesse a tutti le attenuanti generiche valutate come equivalenti alle contestate aggravanti, ritenuta la continuazione tra i reati di omicidio e di lesioni colpose, ridetermlnava la pena per i tre D. in anni 1 e mesi 8 di reclusione e per F.M. (a carico del quale ravvisava finanche l’integrazione della colpa cosciente: pag. 32 sent.), ritenuta la continuazione tra i predetti reati e quello di cui all’art. 328 c.p., in anni 2 di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della pena a D. A., D. M. e F.M..
4. Avverso tale ultima sentenza ricorrono per cassazione i rispettivi difensori di fiducia di D. A., D. M., D. E. e F.M., il responsabile civile Comune di Sorrento nonché il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli.
4.1. Nell’interesse di D. A.. D. M. e D. E. si deduce il vizio motivazionale in ordine al nesso di causalità con specifico riferimento all’omessa considerazione dell’errore progettuale e costruttivo della piattaforma da parte dell’ing. D.P. che si era proposto quale dato oggettivo di per sé sufficiente da solo alla produzione dell’evento; nonché con riferimento al diniego delle attenuanti generiche nella loro massima estensione e con criterio di prevalenza.
4.2. Nell’interesse dì F.M. il ricorso redatto dall’Avv. Omissis articola i seguenti motivi.
4.2.1. La mancanza assoluta di motivazione/motivazione apparente, poiché la Corte avrebbe dovuto motivare sull’esistenza fattuale di quelle situazioni di straordinarietà che giustificano i provvedimenti contingibili ed urgenti secondo la legge statuale (art. 54 co. 2 D.lvo n. 267/2000), richiamando solo l’episodio relativo alla protesta rivolta da DM.R. al Sindaco che transitava a bordo dell’auto ma per ragioni diverse dalla presenza di pericoli e disapplicando l’art. 110 TULPS.
Nel rivedere la posizione istituzionale del Sindaco, il ricorrente, richiamando gli artt. 50 e 107 D.lvo 267/2000, evidenzia come spettassero esclusivamente ai dirigenti degli uffici e servizi comunali i vari compiti ivi elencati, riservandosi al Sindaco la mera funzione di indirizzo come “sovrintendente”. Né al Comune competeva il rilascio di atti di natura autorizzatoria o concessoria concernenti l’impianto di luminarie.
Né rilevava la circostanza che l’ufficio del Sindaco fosse ubicato proprio nella piazza ove avvenne il sinistro, poiché uno strumento tecnico non può in quanto tale mostrarsi pericoloso soprattutto ad una persona che non sia un tecnico esperto della materia.
Reitera il motivo d’appello, disatteso dalla Corte che ne aveva ritenuto l’irrilevanza, circa la percezione postuma del pericolo, evidenziando come dal filmato proiettato in udienza fosse emerso che nell’arco di mezz’ora erano passate sotto il braccio della gru le auto della polizia e dei carabinieri senza che se ne dessero alcun pensiero.
4.2.2. La mancanza di motivazione e la violazione di legge, avendo la Corte ricalcato pedissequamente la sentenza di primo grado nell’affermare che il F.M. sarebbe colpevole in quanto sapeva della situazione di pericolosità in atto affacciando il suo ufficio sulla piazza. Ribadisce l’assenza del carattere veramente eccezionale della situazione rispetto alle incombenze ordinarie del Sindaco come illustrato con parere pro-veritate depositato, disatteso dalla Corte, e l’assenza della posizione di garanzia del Sindaco, individuata dall’accusa nell’art. 54 d.lgs. citato, mentre lo stesso art. 328 c.p. di cui al capo d’imputazione richiamava la pubblica sicurezza a conferma della natura specifica del caso concreto; evidenzia, altresì, che le sentenze indicate dall’accusa pubblica e privata concernevano fattispecie relative alla pubblica incolumità su materie ove la pubblica sicurezza non era delegata in via specifica all’autorità di P.S. come nel caso di specie.
Non era neppure ipotizzabile a carico del F.M. una colpa di natura generica, poiché l’evento, rispetto ad un normale quadro di prevedibilità, si poneva sicuramente come atipico, cioè tale da costituire una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
Infine, quanto all’imputazione di cui all’alt. 328 c.p., rileva che tale disposizione prevedeva il “rifiuto” dell’atto e non la semplice omissione, sicché il reato non era configurabile nei contenuti espressi in rubrica.
Osserva che l’art. 110 R.D. 635/40 (Reg. TULPS) prescriveva testualmente la licenza di cui all’art. 57 della legge per la costruzione di impianti provvisori elettrici per straordinarie illuminazioni pubbliche in occasione di festività civili o religiose o altra contingenza. E nel caso di specie era presente in Sorrento un Commissariato di P.S. onde non scattava la competenza residuale e suppletiva del sindaco ex art. 1 TULPS, il cui potere ordinatorio in situazioni di urgenza e contingibilità subentra solo ove manchi un norma specifica che espressamente disciplini l’intervento della P.A. nelle singole fattispecie concrete (come da sent. Cons. di Stato del 1969 n. 1071).
4.2.3. La mancanza di motivazione e la violazione di legge in tema di concorso nel reato poiché era stata addebitata al F.M. la presunta evidenza della pericolosità delle condotte poste in atto dalla Ditta D., percepibile da chiunque e tale da imporre un’immediata attivazione nelle forme di cui alla specifica contestazione, cioè di aver omesso di adottare un provvedimento contingibile ed urgente in materia di sicurezza pubblica (che compare dell’imputazione di cui al capo c) laddove nella contestazione di cui all’art. 589 c.p. si menzionava la pubblica incolumità, che è cosa diversa sul piano giuridico; rilevando come l’ordinanza in via d’urgenza non viene emessa dal Sindaco in proprio e di sua scienza ma previa segnalazione documentale e conseguente istruttoria del dipartimento amministrativo competente.
4.2.4. La mancanza assoluta di motivazione in relazione alla determinazione della provvisionale come da censura addotta in sede di appello.
4.3. Ancora nell’interesse di F.M. il ricorso redatto dall’avv. Omissis deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione alla obbligatorietà della emissione dell’ordinanza contingibile ed urgente da parte del Sindaco, quale Ufficiale del Governo centrale; con ciò esponendo le medesime censure enucleate con il precedente ricorso e stigmatizzando la peculiarità delle situazioni, macroscopiche e comunque eccezionali, che giustificano l’esercizio di quei poteri a parte del Sindaco per giunta in presenza dell’art. 57 TULPS che riservava alla competenza del locale Commissariato di P.S. la gestione di tutte le procedure concernenti l’istallazione di luminarie et similia.
4.4. Nell’interesse del responsabile civile Comune di Sorrento, si rappresenta:
4.4.1. la violazione di legge in relazione all’art. 83 co. 3 commi 3 lett. b) e 5 c.p.p. e nullità dell’atto di citazione del responsabile civile perché carente dei suoi elementi essenziali (ovvero dell’allegato ivi richiamato cioè del decreto che dispone il giudizio a carico degli imputati e dell’esatta determinazione del fatto, delle domande e della causa petendi poste a base delle istanze delle parti); l’inammissibilità ed improcedibilità della domanda proposta dalle parti civili e la nullità delle sentenze in relazione alle pronunce di condanna del comune di Sorrento;
4.4.2. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione agli artt. 40 e 185 c.p. e 54 c. 2 TUEL e la carenza di legittimazione passiva del Comune di Sorrento poiché la responsabilità penale del Sindaco cui era collegata quella civile del Comune di Sorrento, derivava dalla sua specifica veste di Ufficiale del Governo (tanto che era stato significativamente citato anche il Ministero dell’Interno benché poi immotivatamente escluso dalla pronuncia di condanna) per aver omesso di adottare un’ordinanza contingibile ed urgente ai sensi della richiamata norma del TUEL;
4.4.3. l’omessa valutazione del motivo di appello con cui si era chiesto, in via subordinata, la delimitazione dell’ambito di solidarietà dell’Ente comunale nei soli confronti dell’imputato/i per il fatto del quale esso era ritenuto obbligato a rispondere ed il vizio motivazionale sul punto.
4.5. Il Procuratore generale ha dedotto:
4.5.1. il vizio motivazionale in ordine all’assoluzione di E.G. (Parroco della Basilica) e L. F. (istruttore della Polizia locale di Sorrento).
Quanto al primo assume che, diversamente dalla Corte che aveva ritenuto l’insufficienza di prova sul punto (in quanto era stato accertato che fu il Comitato per i festeggiamenti presieduto da C.A. a decidere di apporre le luminarie mentre il Parroco si era limitato a prestare il proprio preventivo consenso) e conformemente a quanto invece ritenuto dal Tribunale, l’E. doveva rispondere quale committente dei lavori avendo omesso di far apprestare dalla ditta esecutrice protezioni e cautele e le opportune segnalazioni i lavori svolti. Era stato provato, infatti, che era stato l’E. a pattuire con D. F. il prezzo per il posizionamento delle luminarie sicché non poteva escludersi la qualifica di committente in capo al predetto con il conseguente obbligo di osservanza delle prescrizioni in materia di sicurezza del lavoro laddove, in caso di omissione delle relative misure da parte dell’appaltatore, egli fosse stato in grado di accorgersene (attesa l’evidenza delle omesse precauzioni e segnalazioni) senza particolari indagini o competenza specifica.
Quanto a L. F., assolto perché non gli era attribuibile una colpa specifica essendo vigile di quartiere e quindi privo di un ruolo di garanzia adoperandosi nei limiti delle sue funzioni, il P.G. assume che, come correttamente ritenuto dal Giudice di primo grado, il L. andava condannato per negligenza e per violazione degli artt. 5 della L. 65/86 (legge quadro della Polizia municipale), 1, 11 e 2 C.d.S., omettendo d’intimare ai dipendenti della ditta D. la sospensione dei lavori e l’adozione delle necessarie cautele per garantire la sicurezza delle persone nella circolazione stradale la tutela sull’uso della strada. La Corte non aveva minimamente motivato in ordine agli acquisiti ordini di servizio della P.M. di Sorrento che attestavano la presenza esclusiva dell’imputato nella zona anche il giorno del fatto ed in quelli precedenti.
4.5.2. Il vizio motivazionale in relazione alla concessione delle attenuanti generiche a tutti gl’imputati condannati, fondata esclusivamente sulla incensuratezza dei medesimi o per adeguare la pena in concreto irrogata, a fronte del diverso avviso, correttamente motivato, del Tribunale sul punto.
5. Sono stati presentati motivi aggiunti nell’interesse di F.M. ad opera dell’avv. Omisssi, e segnatamente:
5.1. la violazione di legge e la mancanza radicale di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 328 comma 1 c.p. con particolare riguardo all’elemento soggettivo del reato cioè che spettasse solo al F.M. di provvedere e si fosse rifiutato di farlo;
5.2. il vizio motivazionale per travisamento dei fatti, ed in particolare delle dichiarazioni della teste DM. riferite al giorno precedente ai fatti e luogo (Piazza Tasso) e persino ad altri lavori con esternazioni di lamentele concernenti ragioni ben diverse (ripercussioni negative per la propria attività commerciale) da quelle del pericolo per l’incolumità pubblica; nonché l’estrema brevità del contatto con il sindaco, onde non era emerso alcun elemento da cui desumere la consapevolezza nel sindaco del pericolo grave per la sicurezza pubblica e quindi nessuna omissione di atti d’ufficio poteva essergli addebitata.
6. È stata depositata una memoria nell’interesse delle parti civili M.B. e M.R. con spunti critici circa la posizione dell’imputato L. F. ed il trattamento sanzionatorio riservato a F.M.; veniva, inoltre, depositata documentazione varia nell’interesse delle predette parti civili.
Diritto
7. I ricorsi di D. A., D. M. e D. E. sono inammissibili essendo le censure mosse manifestamente infondate.
La posizione del coimputato P.D., progettista della piattaforma aerea (stralciata), è del tutto svincolata da quella dei ricorrenti odierni per i quali i capi d’imputazione specificano con chiarezza i rispettivi e ben diversi profili di colpa generica e specifica in ordine ai quali non è stata mossa lacuna contestazione.
Nè, comunque, il nesso di causalità può essere confinato in quello dipendente dagli eventuali difetti di progettazione e fabbricazione (inidoneità delle saldature) della macchina in questione, dal momento che è palese ed ineliminabile, quanto meno, la ponderosa concausalità nella produzione dell’evento delle condotte macroscopicamente omissive ascritte ai ricorrenti che non provvidero a svolgere l’attività in modo da evitare il passaggio della piattaforma aerea sopra i luoghi ove la possibile caduta della stessa e dei carichi sospesi avrebbe costituito pericolo per i passanti e non si curarono di predisporre delle transenne o un servizio di segnalazione del pericolo di caduta a mezzo di lavoratori incaricati nel luogo di lavoro della piattaforma.
Inoltre, la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Cass. pen. sez. III, 16.6.2004 n. 26908, Rv. 229298). Evenienza che qui deve senz’altro escludersi attesa l’esaustiva motivazione addotta sul punto dal Giudice a quo (pagg. 21, 24 sent.). Infatti, come evidenziato dall’impugnata sentenza, “ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
8. Il ricorso del Procuratore generale è anch’esso inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non consentite in questa sede di legittimità.
Esse mirano, infatti, ad una improponibile rivalutazione delle emergenze istruttorie e ad una diversa ricostruzione fattuale con prospettazioni alternative, precluse nella presente sede, risolvendosi in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel giudizio di cassazione, sottraendosi la motivazione dell’impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Giova, infatti, sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944).
Invero, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
In proposito, la sentenza impugnata ha, con congrua motivazione (pagg. 11-14) escluso la sussistenza di prova documentale o testimoniale ovvero anche solo indiziaria univoca del rapporto di committenza riferibile al Parroco E.G.: del resto, anche qualora si volesse prescindere dalla presenza del Comitato per i festeggiamenti e dal mero consenso che il Parroco aveva prestato in una al suo intervento per la riduzione del prezzo pattuito con il Comitato, non risulta che l’E. si sia mai ingerito nella esecuzione dei lavori: “In tema di infortuni sul lavoro, nel caso in cui i lavori siano stati affidati in appalto, risponde a garanzia della prevenzione infortunistica anche il committente il quale si ingerisca nell’organizzazione del lavoro, così partecipando all’obbligo di controllare la sicurezza del cantiere” (Cass. pen. Sez. IV, n. 46383 del 6.11.2007, Rv. 239338) e “….mediante una condotta che abbia determinato o concorso a determinare l’inosservanza di norme di legge, regolamento o prudenziali poste a tutela degli addetti, esplicando così un effetto sinergico nella produzione dell’evento di danno” (Cass. pen. Sez. IV, n. 3516 del 14.12.2000, Rv. 218691). Nè l’evento poteva ritenersi causalmente collegato ad un’omissione colposa, specificamente determinata, imputabile alla sfera di controllo dello stesso committente (Cass. pen. Sez. IV, n. 6784 del 23.1.2014, Rv. 259286).
Quanto alla posizione di L. F., è vero che, svolgendo costui, quale vigile urbano, oltre che funzioni di polizia giudiziaria (benché nei limiti delle sue attribuzioni) anche quelle di polizia stradale ex art. 5 L. 65/86 e 1 (circolazione dei pedoni e veicoli sulle strade), 11 (scorta per sicurezza della circolazione e tutela e controllo sull’uso della strada) 12 (attribuzione dei compiti di polizia stradale alla Polizia municipale) L. n. 285 del 1992 (Nuovo Codice della strada), lo stesso aveva il dovere, indipendentemente dal compito di vigile di quartiere svolto nel giorno del fatto e a prescindere da una direttiva del sindaco o di altro suo superiore e al pari del dovere d’intervento che incombe su tutti gli agenti di P.G., di intimare la sospensione dei lavori o impedire il passaggio di pedoni sotto la gru o quanto meno, pretendere, senza ritardo, dalla Ditta D. l’adozione delle necessarie cautele e segnaletiche, atte a prevenire infortuni ai passanti occasionali. Ma ciò è proprio quello che l’imputato fece ottenendo l’interruzione dei lavori, secondo quanto riferito dalla teste DM.R. (pag. 16 sent.).
Quanto alle concesse attenuanti generiche, va richiamata la congrua motivazione addotta sul punto a proposito dei D. (v pagg. 24 sent.; v. anche supra sub 7.) strutturate in una prospettiva palesemente generale (in relazione alla finalità di adeguamento della pena al caso concreto) e quindi estensibile anche al F.M., per il quale va evidenziato il significativo dimezzamento della pena inflitta in primo grado nonché la penale incensuratezza richiamata a proposito della concessione della sospensione condizionale della pena. Del resto, il Giudice di appello è libero nella rivalutazione degli elementi idonei a sostenere la concessione delle attenuanti generiche né la sua risoluzione al riguardo abbisogna di una contro analisi degli elementi posti a sostegno del diniego opposto sul punto dalla sentenza di primo grado.
9. Quanto al ricorso di F.M. (proposto con distinti atti di impugnazione dei suoi due difensori) valgono le considerazioni che seguono.
Giova premettere che il Sindaco è a capo della struttura comunale, ne coordina le attività, provvede con ogni mezzo a sua disposizione ad aiutare la propria cittadinanza ad uscire dalle difficoltà dell’emergenza. E’ un richiamo assai generico ad una funzione che invece secondo alcuni avrebbe avuto bisogno del conferimento di ampi e ben delineati poteri.
Ai sensi dell’art 54 Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267, c.d. TUEL (nel testo vigente prò tempore) (Attribuzioni del Sindaco nei servizi di competenza statale), il Sindaco, quale ufficiale del Governo, oltre a sovraintendere ad alcune materie che il Comune tratta per conto dello Stato, “adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; per l’esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l’assistenza della forza pubblica” (non si parlava di “sicurezza urbana”, introdotta nel 2008). Ne consegue che nel potere del Sindaco non sono più ravvisabili le limitazioni per materia (sanità, etc) già previste dal testo unico del 1915 e dalla legge n. 142 del 1990 (Cons. Di Stato Sez. I del 20.2.2002).
Il Sindaco si limita dunque a “sovrintendere” al lavoro dei dipendenti, ed in generale a tutte le attività che oggi sono fondamentalmente assegnate alla struttura comunale e ai responsabili dei servizi; adotta invece (prendendosene in carico tutta la responsabilità civile e penale senza possibilità -se non parziale- di trasferirla su altri soggetti), i provvedimenti contingibili ed urgenti necessari a tutelare l’incolumità dei cittadini.
Orbene, è chiaro come l’attribuzione dei reati di omicidio colposo e lesioni al F.M. sia collegata in buona parte a quello di cui all’art. 328 comma 1 c.p. sub capo c).
Il delitto di omissione di atti d’ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela (Fattispecie in cui Corte ha ritenuto che legittimamente la decisione impugnata avesse escluso la configurabilità del reato con riferimento alla mancata adozione di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente, in relazione al pericolo cagionato ai pedoni e ad un’abitazione da una frana insistente sulla sede stradale, cui si sarebbe potuto ovviare anche con la chiusura della strada ad opera dei Vigili del Fuoco). [Cass. pen. Sez. VI, n. 33857 del 7.5.2014 Rv. 262076].
Inoltre, ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, è necessario che il pubblico ufficiale abbia consapevolezza del proprio contegno omissivo, dovendo egli rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento “contra ius”, senza che il diniego di adempimento trovi alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione.
Infine, è bene precisare che il rifiuto di un atto d’ufficio si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma, per l’appunto, la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo.
Ciò premesso, se è vero che il ricorrente non fu investito della specifica richiesta d’intervento in relazione ai lavori posti in essere dalla ditta D., di certo egli non poteva non essere consapevole della situazione di effettivo e concreto pericolo per la pubblica incolumità pedonale e veicolare in cui versava l’attività posta in essere dalla ditta D., avvertita nettamente dalla comunità cittadina e persino dal Vice-Sindaco F.M. Rosario (pag. 26 seni.) sia per il contatto con DM.R. il giorno precedente ai fatti e l’eloquente reazione comportamentale avuta dall’imputato a seguito dell’esplicita doglianza rappresentata dalla donna (pag. 27 seni.) in relazione alle modalità dei lavori in questione, sia per l’ubicazione del suo ufficio -ove si recava assiduamente-posto nella Piazza S. Antonino di fronte al luogo del sinistro nelle immediate adiacenze della Basilica. Per non dire degli accertati frequenti contatti tra il sindaco e i D., anche nella stessa piazza (pag. 27 sent.), in occasione dei quali non potette non rendersi conto delle modalità esecutive dei lavori per le luminarie.
Sicché è innegabile sia la consapevolezza di F.M. dell’incombente pericolo sia la sua oggettiva inerzia a fronte dell’Immediata necessità di prevenire o eliminare il medesimo.
Orbene, nelle ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi dell’art. 54 c. 2 TUEL, rientra una tipologia di provvedimenti amministrativi aventi un contenuto non previamente determinabile e quindi di atti del tutto atipici ed eccezionali che presuppongono una situazione di estrema gravità dipendente dai fattori più disparati i quali, però, non possono ricondursi solo a fenomeni di dimensioni bibliche (quali terremoti, frane, valanghe, inondazioni, etc), bensì anche ad eventi più modesti, ma comunque idonei a porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone.
Né può ritenersi che l’adozione di tali ordinanze presupponga formule o formalità o procedure sacramentali proprio a cagione dell’estrema urgenza che le impone, contando ai fini della legittimità dell’atto precipuamente l’effettiva esistenza di una situazione di pericolo imminente al momento di adozione dell’ordinanza (Cons. di Stato, n. 125 del 4.2.1998).
Né la presenza in Sorrento del Commissariato di P.S., competente per il rilascio della necessaria autorizzazione (ex art. 110 R.D. n. 635/49 della quale non risulta, prima della data del fatto, essere mai stata avanzata richiesta: v. pag. 13 sent. di primo grado) per i lavori concernenti le luminarie che doveva effettuare la ditta D., implicava l’esclusione dalle prerogative del Sindaco della competenza attribuitagli dall’art. 54 c. 2 TUEL sopra richiamato.
Invero, la sicurezza pubblica non coincide con l’incolumità pubblica, anche se sovente i due termini siano adoperati impropriamente in via cumulativa o alternativa. La prima ha portata certamente più vasta ed attiene ad ogni possibile attentato a qualsiasi bene giuridico o materiale facente capo ai cittadini (è stata definita come “quella funzione che consente agli individui di vivere in tranquillità nella società e di agire in essa per manifestare la loro individualità e per soddisfare i loro interessi”), mentre la seconda si riferisce esclusivamente alla preservazione delle condizioni fisiche degli stessi (ovvero anche dell’integrità fisica della popolazione).
Sicché sotto tale profilo è innegabile che il Sindaco, al quale il capo d’imputazione ascrive espressamente anche la mancanza di diligenza e, quindi, la colpa generica, dovesse comunque attivarsi, quale M. rappresentante dell’Ente Comunale e della collettività cittadina, non solo e non necessariamente con l’adozione di un’ordinanza ad hoc bensì con qualsiasi altro atto amministrativo o comportamentale (allertamento delle Forze dell’ordine, dei Vigili del Fuoco o della stessa Polizia municipale che da lui dipende, imposizione alla ditta D. delle opportune e palesemente omesse cautele) idoneo a prevenire il pericolo per la pubblica incolumità e gl’infortuni sul lavoro, con adozione di ogni mezzo appropriato (almeno transennando la zona ed impedendo il traffico pedonale e veicolare in prossimità ed, ancor più, nello spazio sottostante la piattaforma mobile).
Si deve, infine, rammentare che non è mai deducibile in sede di legittimità la questione relativa alla pretesa eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale e comunque il provvedimento di liquidazione della provvisionale (Cass. pen. Sez. IV, n. 24791 del 23.6.2010, Rv. 248348; Sez. II n. 36536 del 20.6.2003, Rv. 226454).
Se, dunque, in merito al reato sub a) deve ritenersi l’infondatezza dei ricorsi presentati nell’interesse del F.M., si deve al contempo, ai sensi dell’art. 129, Io comma c.p.p. rilevare che i reati di cui agli artt. 590 c.p. (capo b) e 328 c.p. (capo c) ascritti al F.M. sono rimasti estinti per l’intervenuto decorso del termine prescrizionale all’11.5.2014, in assenza di periodi di sospensione per una durata utile alla data odierna e di cause di inammissibilità, nè risultando gli estremi evidenti per l’assoluzione di merito ai sensi dell’art. 129 2° comma, c.p.p..
10. Consegue, nei confronti di F.M., l’annullamento della sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo b) perchè estinto per prescrizione con rinvio per la determinazione ed eliminazione della relativa pena applicata ex art. 589, ultimo comma, c.p., ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli. La sentenza impugnata dev’essere, invece, annullata senza rinvio in ordine al reato di cui al capo c) perché estinto per prescrizione con eliminazione della relativa pena di mesi quattro di reclusione.
Residua il rigetto del ricorso di F.M. nel resto.
11. Quanto al ricorso del responsabile civile Comune di Sorrento, dalla lettura del decreto di citazione a giudizio notificato si rileva la sua sostanziale completezza e correttezza essendo stati trascritti a sufficienza nel corpo di esso gli elementi relativi all’allegato di cui si lamenta la mancanza e non rilevandosi peculiari violazioni previste dall’art. 83 c.p.p..
Ma, in ogni caso, la pretesa nullità della citazione dovrebbe comunque ritenersi sanata dalla comparizione e costituzione in primo grado del responsabile civile Comune di Sorrento ai sensi dell’art. 184 c.p.p. trattandosi di nullità a regime intermedio e non risultando che la relativa eccezione sia stata sollevata se non in sede di discussione del giudizio di primo grado, tramite la memoria all’uopo depositata.
Inoltre, non può escludersi la responsabilità solidale del Comune di Sorrento in relazione alla residuata posizione del Sindaco.
Questi, oltre che essere imputato quale Ufficiale del Governo, rappresenta in ogni caso anche, e soprattutto, l’organo di vertice dell’amministrazione Comunale ed In tale veste ha omesso di attivarsi tempestivamente ed adeguatamente per scongiurare l’incombente e visibile pericolo per la pubblica incolumità.
Del resto, non va sottaciuto che “Le questioni concernenti l’eventuale esclusione della parte civile o l’ammissibilità della citazione del responsabile civile, che già siano state poste e risolte nel giudizio di primo grado, non possono essere oggetto di mera riproposizione nel processo di appello, dovendosi considerare in tal caso irrevocabili le deliberazioni adottate in argomento nella fase antecedente di giudizio” (Cass. pen. Sez. IV, n. 7291 del 21.11.2002, Rv. 225727): a fortiori, deve aggiungersi, non può esserne consentita l’ulteriore riproposizione in sede di legittimità.
11. Consegue il rigetto del ricorso del responsabile civile Comune di Sorrento che, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonché, unitamente a F.M., D. A., D. E. e D. M., tutti in solido tra loro, alla rifusione delle spese di questo giudizio in favore delle costituite parti civili già indicate nei giudizi di merito liquidate, rispettivamente, in complessivi € 3.000,00 oltre accessori come per legge in favore delle parti civili Morelli Bruno e Morelli Raniero mentre, in favore di tutte le altre civili difese dall’avv. M. E., in mancanza di una nota spese, si ritiene di liquidare ex actis la complessiva somma di € 6.000,00 (cioè € 2.500,00 per la prima parte civile oltre ad € 500,00 per ciascuna delle altre sette) con accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di F.M. relativamente al reato di cui al capo b (art. 590 c.p.) perchè estinto per prescrizione e rinvia per la determinazione ed eliminazione della relativa pena applicata ex art. 589, ultimo comma, c.p., ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli; annulla altresì la sentenza stessa senza rinvio nei confronti del F.M. medesimo in ordine al reato di cui al capo c (art. 328 c.p.) perchè estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi quattro di reclusione.
Rigetta nel resto il ricorso del F.M..
Rigetta il ricorso del responsabile civile Comune di Sorrento che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi del Procuratore Generale e di D.A. D.E. D.M..
Condanna D.A. D.E. D.M. al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di € 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonché, unitamente a F.M. e al responsabile civile Comune di Sorrento, tutti in solido tra loro, alla rifusione delle spese in favore delle parti civili M.B. M.R., che liquida in complessivi € 3.000,00 oltre accessori come per legge, nonché in favore delle residue parti civili difese dall’avv. Omissis che liquida ex actis in complessivi € 6.000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 4.11.2015