Repertorio Salute

Come complicare anche la semplificazione: l’Incaricato e il Duvri

La scorsa settimana abbiamo pubblicato un documento della Associazione dei Medici del Lavoro che lamentava che i recenti provvedimenti governativi non avessero recepito alcune proposte avanzate su questioni importanti che avrebbero contribuito a snellire e semplificare l’attività dei medici competenti. In realtà sono diverse le questioni sul tappeto che incomprensibilmente non vengono adottate pur se vanno nella direzione che sembra abbia imboccato il Ministero del Lavoro e cioè quello della semplificazione, dello snellimento, della funzionalità. Sempre in questa direzione in un altro numero di ReS avevamo citato la questione del Registro Infortuni e la pluriennale assenza del SINP.

Oggi ne presentiamo un’altra.

La questione di per sé anch’essa interessante della figura dell’incaricato in sostituzione dell’obbligo di compilare il DUVRI per le aziende a rischio basso.
Partiamo dalla normativa modificata dai provvedimenti del Governo Letta i “Decreti del Fare”.

Articolo 26 – Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. […] Dell’individuazione dell’incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell’INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda. ….

L’obbiettivo ha in sé un elemento positivo cioè quello di spostare l’attenzione dall’adempimento formale , la redazione del DUVRI, a un obbligo operativo consistente nell’individuazione di una figura qualificata, che conosce ed è presente sul luogo di lavoro ed è, quindi, in grado di intervenire più efficacemente per evitare i rischi da interferenze. L’incaricato è dunque un lavoratore con competenze adeguate in termini di esperienza (conoscenza del luogo di lavoro, dell’attività e dell’organizzazione interna aziendale) e di formazione. Bene. Da qui iniziano i però che a distanza di due anni dall’emissione del Decreto permangono intatti.

Il primo è nella assenza di elementi che possano far capire cosa si intende per formazione, esperienza e competenza adeguate. Tale assenza espone il Datore di lavoro alle diverse interpretazioni che possono esser date dai possibili organi di vigilanza. Sono state avanzate diverse ipotesi a riguardo. Per esempio che la necessaria formazione dell’incaricato debba essere quella prevista dall’Accordo Stato Regioni e quindi, attualmente, quella obbligatoria per i lavoratori (quattro più quattro ore per rischio basso), e quella particolare aggiuntiva per il preposto (di otto ore) e l’aggiornamento quinquennale di sei ore. Si presume, ma non è certo.

Alcuni, riguardo all’esperienza, trovano che sarebbe utile che la norma definisse un periodo di tempo minimo a esempio i tre anni previsti dal D.P.R. n. 177/2011 per il preposto degli ambienti confinati. Ma una tale indicazione non c’é. Inoltre il DdL, dovrà attribuire all’incaricato poteri di coordinamento per la sicurezza ampi e ben definiti, analogamente a quanto avviene nel caso del cantiere per il Coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori (CSE), figura che, concettualmente, corrisponde alla nuova figura dell’incaricato.

Cosa che l’ANCE (Associazione dei Costruttori Edili) ha notato subito chiamandosi fuori dalla questione incaricato in quanto in genere nel cantiere c’è già la figura del Coordinatore della Sicurezza e il Piano di Sicurezza e Coordinamento (Psc).

C’è infine il punto più importante. Quali attività possono essere considerate a basso rischio. Il Decreto annunciato al comma 6 ter non si è visto e si capisce anche il motivo: la difficile individuazione di una tale attività inconsiderazione del contesto interferenziale a cui si dovrebbe riferire.

Fermiamoci a considerare l’elemento dell’interferenza.

Per la definizione di interferenza lavorativa possiamo far riferimento alla Determinazione n. 3 del 5 Marzo 2008 dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (AVCPLSF), nella quale si precisa che

si parla di interferenza nella circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del Committente e quello dell’Appaltatore o tra il personale di Imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. In linea di principio, occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui sarà espletato il lavoro/servizio/fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto.

Inoltre la Determinazione n. 3 del 5 Marzo 2008 esclude la possibilità d’interferenze nei seguenti casi:

  • 
“la mera fornitura, senza installazione, salvo i casi in cui siano necessarie attività o procedure suscettibili di generare interferenza con la fornitura stessa, come per esempio la consegna di materiali e prodotti nei luoghi di lavoro o nei cantieri” (con l’esclusione di quelli ove i rischi interferenti sono stati valutati nel PSC);
  • 
i servizi per i quali non è prevista l’esecuzione all’interno della Stazione appaltante (intesa come amministrazione aggiudicatrice e gli altri soggetti di cui
al comma 33 dell’art. 3 del D.Lgs. 163/06), intendendo per ‘interno’ tutti i locali/luoghi messi a disposizione dalla stessa per l’espletamento del servizio, anche non sede dei propri uffici;
  • i servizi di natura intellettuale”.

E comunque, in definitiva,

si ha interferenza quando vi è una sovrapposizione di attività lavorativa tra lavoratori che rispondono a Datori di Lavoro diversi, sia in termini di contiguità fisica e di spazio, sia in termini di condivisione di attività lavorativa.

Questo ci porta a pensare che si potrebbe introdurre una definizione di basso rischio basata sul Codice Ateco e magari con l’esclusione di alcuni settori con rischi importanti. Ma anche qui c’è un però. Il rischio da interferenze e il livello di rischio dell’appalto non è determinato solamente dal livello di rischio dell’attività del committente, ma a volte può essere alto il rischio delle attività affidate alle imprese o lavoratori autonomi cui vengono affidati lavori, opere o servizi, e in tal caso ci si troverebbe di fronte al caso di un incaricato che abituato ad una attività a basso rischio deve vigilare sulle interferenze di attività ad alto rischio, cosa né semplice né facile.
Insomma anche per procedere a semplificare bisogna saperlo fare.

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