Repertorio Salute

Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 novembre 2015, n. 24298

Rendita da ipoacusia di origine professionale.


Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 27/11/2015

Fatto

Si controverte del diritto di G.C. al conseguimento nei confronti della società Telecom Italia s.p.a. della rendita da ipoacusia di origine professionale.
Nel marzo del 1993 il G.C. aveva iniziato il giudizio nei confronti dell’lnail innanzi al Pretore di Catania, allorquando era dipendente dell’Azienda Telefonica di Stato, prima che a questa subentrasse la società Telecom Italia s.p.a.
Il G.C. si era visto riconoscere il diritto all’esito del doppio grado di giudizio, ma tale riconoscimento era stato vanificato dalla sentenza n. 11337/98 con la quale la Corte di Cassazione aveva proclamato il difetto di legittimazione passiva dell’lnail. Con nuovo ricorso del 13/3/2002 il G.C. adì il giudice del lavoro del Tribunale di Catania chiedendo la condanna della società Telecom Italia s.p.a. a corrispondergli la suddetta rendita, unitamente ai ratei maturati dall’1/2/1991, o in subordine la condanna dell’Inail fino al momento del passaggio della gestione societaria alla Telecom Italia s.p.a..
Il giudice adito rigettò la domanda, mentre con sentenza del 18.11.2010 – 22.2.2011 la Corte d’appello di Catania, pronunziando sull’impugnazione dell’lnail e del G.C., ha condannato quest’ultimo a restituire all’lnail gli importi versatigli della rendita vitalizia nella misura di € 13.647,00 e, nel contempo, ha condannato la società Telecom Italia s.p.a. a corrispondere al G.C. la rendita per malattia professionale in relazione all’accertata riduzione della capacità lavorativa nella misura del 21% a decorrere dal 28/12/1999.
Nel pervenire a tale decisione la Corte territoriale ha spiegato che dopo la pronunzia del giudice di legittimità l’obbligazione originaria dell’lnail di pagamento della rendita era rimasta sfornita di riconoscimento giudiziario, per cui doveva essere accolta la domanda riconvenzionale dell’istituto assicurativo tesa al recupero delle somme già erogate all’assicurato. Comunque, in favore del G.C. operava la copertura assicurativa della società Telecom Italia s.p.a., trattandosi di malattia professionale per causa di sevizio contratta prima della trasformazione dell’azienda datrice di lavoro in ente pubblico economico, considerato anche che i dipendenti delle aziende del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni non erano assicurati presso l’Inail, ma presso l’amministrazione datrice di lavoro.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Telecom Italia s.p.a. con cinque motivi.
Resiste con controricorso G.C., il quale propone a sua volta ricorso incidentale affidato a due motivi, dei quali il secondo come condizionato.
Resiste con controricorso anche l’Inail, che si oppone all’accoglimento di entrambi i ricorsi.
La società Telecom Italia s.p.a. ed il G.C. depositano memoria ai sensi dell’alt 378 c.p.c.

Diritto

Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale ai sensi dell’alt 335 c.p.c.
a. 1. Col primo motivo del ricorso principale, formulato per violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., nonché per vizio di motivazione, la società di telefonia deduce che la questione oggetto di causa è coperta da giudicato, atteso che la Corte di merito non avrebbe considerato che il ricorso del lavoratore prendeva le mosse da precedenti sentenze emesse nella vertenza intercorsa tra il medesimo G.C. e l’Inail e, comunque, cassate senza rinvio.
La ricorrente fa riferimento, anzitutto, alla sentenza del Pretore di Catania, adito nel 1993, emessa nel giudizio svoltosi solo tra il G.C. e l’Inail e conclusosi con la condanna di quest’ultimo alla corresponsione della rendita per malattia professionale. La ricorrente richiama, poi, la sentenza del Tribunale di Catania emessa in sede di appello, al cui giudizio rimase egualmente estranea la Telecom, con la quale fu rigettato il gravame dell’lnail. Infine, si menziona la sentenza n. 11337/98 con la quale la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’lnail, cassò senza rinvio la decisione adottata dal predetto Tribunale in sede d’appello dopo aver accertato il difetto di legittimazione passiva dell’istituto assicuratore. Quindi, secondo la ricorrente, la Cassazione aveva annullato i giudizi di merito precedenti in quanto non avrebbero dovuto essere azionati nei confronti dell’Inail, per cui ciò comportava l’inutilizzabilità anche dell’accertamento giudiziale ivi contenuto.
Il motivo è infondato.
Invero, la pretesa violazione di giudicato non sussiste dal momento che la sentenza della Cassazione citata dalla ricorrente concerne il difetto di legittimazione passiva dell’lnail e, d’altra parte, la Corte territoriale ha riconosciuto che anche l’accertamento medico espletato nel giudizio che vedeva coinvolto l’Inail non aveva efficacia probatoria diretta nei confronti della società Telecom Italia s.p.a., assumendo solo rilievo indiziario dell’esistenza della denunciata malattia professionale.
a. 2. Col secondo motivo, proposto per violazione di norme di diritto e per vizio di motivazione, la ricorrente lamenta la mancata disamina dell’eccezione attraverso la quale era stata dedotta la violazione del principio del ne bis in idem.
Rileva la ricorrente che nel giudizio d’appello il Tribunale di Catania, con sentenza n. 1242/1999, aveva rigettato le pretese del G.C. relative ad un pregresso procedimento azionato da quest’ultimo nei confronti della Telecom per il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni da aggravamento della malattia ipoacustica.
Il motivo è inammissibile.
Invero, nel ricorso non sono specificati i termini ed i modi con cui la questione sarebbe stata devoluta al giudice del gravame. Inoltre, vi è violazione degli artt. 366 e 369 c.p.c., non essendo stata prodotta la sentenza a cui si fa riferimento, né sono fornite indicazioni per il suo reperimento nel fascicolo di parte. Infine, nel ricorso non vengono specificati gli elementi di quel giudizio da cui si dovrebbe ritenere l’identità della questione.
a. 3. Col terzo motivo, dedotto per violazione degli artt. 112 del D.P.R. n. 1124/1965 e 2496 cod. civ., la ricorrente contesta la decisione della Corte d’appello di ritenere applicabile la prescrizione ordinaria decennale in luogo di quella triennale di cui al citato art. 112 del d.p.r. n. 1124/1965 e al riguardo fa rilevare che la convenzione intercorsa in data 31.10.1997 fra la società Telecom Italia s.p.a. e l’Inail conteneva, all’art. 4, un espresso richiamo al termine triennale anzidetto. In ogni caso, la ricorrente fa notare che era maturato anche il termine ordinario della prescrizione decennale, in quanto la rendita era stata richiesta l’1.2.1991, mentre il ricorso di primo grado fu notificato alla società di telefonia solo in data 27.3.2002. Né a diverso risultava conduceva il riferimento al provvedimento di riconoscimento della causa di servizio del 7.2.1992 da parte dell’ASST, in quanto anche in tal caso il termine di prescrizione decennale era maturato prima della notifica del ricorso di primo grado. Infine, alcuna efficacia interruttiva della prescrizione potevano avere le lettere del 13.5.1999, del 30.11.1999 e del 17.1.2000, trattandosi di comunicazioni sottoscritte dai soli legali del ricorrente e per le quali, con riferimento alla prima ed alla seconda, il lavoratore non aveva fornito la prova dell’avvenuta ricezione da parte della società.
Osserva la Corte che il motivo denota, anzitutto, un profilo di inammissibilità in quanto la ricorrente non produce il testo della convenzione intercorsa tra la Telecom e l’Inail, né riproduce i passi salienti della stessa, da cui si dovrebbe dedurre l’applicabilità anche nei confronti della predetta società del regime della prescrizione triennale che la norma sopra citata prevede esclusivamente nei riguardi dell’lnail. Tale produzione era oltremodo necessaria in considerazione del fatto che in linea generale una convenzione non può modificare una norma legislativa di rango superiore che stabilisce un regime speciale di prescrizione breve valido nei soli rapporti con l’istituto assicuratore.
Per quanto riguarda, invece, la prescrizione decennale le argomentazioni della Corte territoriale non risultano adeguatamente censurate e sono, pertanto, condivisibili.
Infatti, con giudizio di fatto congruamente motivato ed immune da rilievi di ordine logicó-giuridico, la Corte territoriale ha rilevato che l’atto interruttivo della prescrizione decennale era rappresentato dalla lettera del 30 novembre 1999 con la quale era stata espressamente chiesta alla Telecom Italia s.p.a. la costituzione della rendita assicurativa di cui trattasi. D’altra parte, se era vero che tale lettera era stata sottoscritta dall’avv. Omissis, era pur certo che quest’ultima aveva dichiarato di agire in forza di espresso mandato di G.C., tanto che l’idonea presunzione del potere rappresentativo del lavoratore poteva trarsi anche dalla circostanza che il medesimo avvocato aveva sottoscritto successivamente la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione ed il ricorso di primo grado. Inoltre, la Corte d’appello ha evidenziato che la ricezione da parte della Telecom della richiesta di costituzione della rendita trovava riscontro documentale certo nella lettera di risposta della società datata 17.1.2000, ove si faceva riferimento alla lettera di richiesta della rendita pervenuta il 28.12.1999. Da tutto ciò la stessa Corte ha tratto la logica conclusione che alla data ultima del 28.12.1999 la prescrizione decennale non risultava ancora maturata, sia con riguardo alla data di trasmissione della richiesta della rendita dell’1.2.1991, sia con riferimento a quella del luglio del 1990 coincidente con la visita presso la CMO di Messina, finalizzata alla concessione dell’equo indennizzo.
a. 4. Col quarto motivo, formulato per violazione dell’art. 345, primo comma, c.p.c., dell’art. 437, secondo comma, c.p.c., e degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nonché per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente si duole del fatto che la controparte avrebbe utilizzato gli elementi degli altri giudizi travolti dalla pronunzia della Cassazione ai quali la Telecom non aveva partecipato e che non avrebbero potuto essere utilizzati, per cui la Corte territoriale non avrebbe dovuto ammettere la richiesta di consulenza d’ufficio che serviva solo a colmare le deficienze di allegazione e di prova dell’atto d’appello.
Il motivo è infondato.
In effetti la Corte territoriale ha spiegato come il G.C. avesse allegato gli elementi di fatto e di diritto essenziali ai fini della domanda di rendita, ossia l’aver contratto una malattia di origine professionale (ipoacusia), con riduzione della capacità lavorativa pari al 22%, mentre l’odierna ricorrente in via principale non riporta i passi del ricorso introduttivo che dovrebbero sostenere il suo contrario assunto. Inoltre, la stessa Corte ha rilevato, nell’ambito dei suoi poteri di accertamento del merito istruttorio, l’esistenza di piste probatorie legittimanti l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio e tali elementi sono in parte estranei al giudizio svoltosi nei confronti dell’lnail. Per quel che concerne, poi, l’accertamento peritale svolto in quella sede, lo stesso costituisce effettivamente un elemento di natura indiziaria, ancorché assunto nell’ambito di un giudizio in cui la domanda è stata disattesa per il difetto di legittimazione dell’lnail. a. 5. Col quinto motivo la ricorrente lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione circa l’individuazione della Telecom Italia s.p.a. come soggetto obbligato al pagamento della rendita per malattia professionale di cui trattasi, facendo rilevare che all’epoca dell’entrata in vigore della legge n. 71 del 1994 il G.C. era dipendente dell’ASST (Azienda di Stato dei Servizi di Telefonia) e, quindi, il datore di lavoro era l’allora Ministero delle Poste e Telecomunicazioni.
Il motivo è infondato.
Con la sentenza n. 11337 del 1998 di questa Corte, che ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’lnail, si è osservato che gli ordinari rapporti di assicurazione contro gli infortuni sono caratterizzati dalla presenza di tre soggetti, datore di lavoro assicurante, Inail assicuratore e lavoratore assicurato, con la precisazione che nei rapporti attuati con il sistema della gestione per conto dello Stato, in virtù della esplicita esclusione dell’assicurazione infortunistica a carico dell’lnail prevista dall’alt. 127 primo comma n. 2 del T.U. approvato con il D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, i soggetti si riducono a due, in quanto la singola amministrazione statale cumula in sè la duplice posizione di assicurante e assicuratore rispetto al lavoratore assicurato.
Si è, poi, chiarito che nell’ipotesi di infortunio occorso a un dipendente, come nella specie, prima della trasformazione di tale amministrazione in ente pubblico economico disposta con D.L. n. 487 del 1993, convertito con modifiche nella legge n. 71 del 1994, sussiste difetto di legittimazione passiva dell’INAIL nella controversia promossa dal lavoratore per ottenere il riconoscimento della malattia professionale per causa di servizio con diritto alla relativa provvidenza economica (in tal senso questa Corte s’è già pronunciata con sentenza n. 12582 del 12.12.1997), posto che i dipendenti delle aziende del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni non sono assicurati presso l’INAIL (v. art. 127 primo comma n. 2 cit.) ma sono coperti assicurativamente dalla stessa amministrazione datrice di lavoro.
Tale copertura assicurativa, gestita dall’Azienda Autonoma dello Stato ai sensi del R.D. n. 1757 del 1935 e del R.D. n. 1275 del 1938, non è venuta a cessare per effetto della trasformazione di tale azienda nella Telecom Italia s.p.a. e della conseguente privatizzazione, per opzione, dei dipendenti della prima passati alle dipendenze della seconda e ciò in virtù della speciale normativa previdenziale che è stata dettata per tali ipotesi dagli artt. 5 e 6 della legge 29 gennaio 1992 n. 58. Infatti, l’art. 5, comma 1, della legge 29 gennaio 1992, n.58 per la riforma del settore delle telecomunicazioni prescrive che le società o le concessionarie ai sensi del comma 4 dell’articolo 4 hanno l’obbligo di garantire, a tutti i dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, la costituzione di un’unica posizione assicurativa dell’intera situazione previdenziale singolarmente maturata, e a tal fine sono tenute a versare al fondo le somme necessarie alla costituzione della riserva matematica, determinata ai sensi dell’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e sulla base delle tabelle allegate al decreto del Ministro del lavoro e della Previdenza Sociale 19 febbraio 1981, pubblicato nel supplemento ordinario alla gazzetta ufficiale n. 129 del 13 maggio 1981, al netto del trasferimento al fondo, da parte della gestione o delle gestioni interessate, deN’ammontare dei contributi relativi ai periodi precedenti di loro pertinenza maggiorati dell’interesse composto al tasso annuo del 4,5 per cento.
Al successivo comma 2 la stessa norma, di cui al citato art. 5, detta i criteri per la ripartizione degli oneri relativi alla costituzione della posizione assicurativa per il personale di cui al comma 4 dell’articolo 4 tra il Ministero del Tesoro e le società o concessionarie.
Successivamente, con decorrenza 18 agosto 1994 la società Iritel e’ stata incorporata nella Telecom Italia s.p.a. A seguito di ciò, il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, con il decreto 15 novembre 1995, registrato alla Corte dei Conti il 14 dicembre 1995, ha stabilito, sulla base del parere del Consiglio di Stato del 14 giugno 1995, che compete alla Telecom l’onere economico riguardante la erogazione delle rendite di inabilita’ permanente già’ costituite dalla soppressa ASST (azienda di Stato dei Servizi Telefonici) o da costituire per infortuni anteriori ai 1 gennaio 1993 e delle rendite eventualmente da costituire per eventi verificatisi successivamente a tale data ed entro il 30 settembre 1993, e comunque entro la vigenza del regime transitorio di cui all’art. 4, comma 3 della legge n. 58/1992.
In definitiva, il ricorso principale della Telecom Italia s.p.a. va rigettato.
b. 1. Col primo motivo del ricorso incidentale G.C. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’alt 23 del R.D. n. 1765 del 1935 e del R.D. n. 1725 del 1938, nonché l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha fatto decorrere il riconoscimento del diritto alla rendita dal 28.12.1999 anziché dal momento del verificarsi dell’evento o dal riconoscimento effettuato dall’ASST. Al riguardo il G.C. fa presente che l’inizio del suo stato di inabilità poteva essere fatto risalire al 2.12.1988, data di richiesta all’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici di riconoscimento della causa della malattia, o al momento di emissione del provvedimento del 7.2.1992 col quale veniva accertata la causa di servizio dell’infermità da parte del Direttore Capo del personale del predetto ente. Il ricorrente in via incidentale contesta, quindi, che occorresse, ai fini della predetta decorrenza, una formale messa in mora, atto questo non prescritto dalle summenzionate disposizioni normative, e, in ogni caso, fa rilevare che un tale atto poteva farsi coincidere con l’istanza del 2.12.1988 richiamata dal suddetto provvedimento del 7.2.1992.
b. 2. Col secondo motivo del ricorso incidentale, proposto in via condizionata, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’alt 437, comma II, c.p.a., dell’alt 345, comma I, c.p.c., del Decreto de Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 62100/1997, in relazione all’alt 1362 cod. civ., nonché l’insufficienza della motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, dolendosi del mancato accoglimento dell’eccezione attraverso la quale era stata evidenziata la tardività della questione sollevata in appello dall’lnail circa il proprio difetto di legittimazione passiva e della conseguente carenza di un obbligo ad erogare la prestazione richiesta.
Osserva la Corte che il ricorso incidentale proposto in maniera non condizionata attraverso il primo motivo è fondato.
E’, infatti, errata la decisione della Corte d’appello di far decorrere la prestazione solo dal giorno in cui per la prima volta la società Telecom Italia s.p.a. fu posta a conoscenza della domanda sulla base del rilievo che l’Inail era sostanzialmente terzo rispetto alle parti del rapporto assicurativo.
In realtà, la decorrenza del diritto in esame, che era stato azionato non appena si erano concretizzati i presupposti della sua insorgenza, non può dipendere dal fatto esterno della conoscenza successiva che ne ebbe la società di telefonia, subentrata solo in un secondo momento nella gestione dell’ente del quale era stato già dipendente il ricorrente all’epoca in cui aveva presentato la domanda. Infatti, è bene ricordare che l’art. 23 del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, contenente disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, stabilisce che per queste ultime l’indennità’ decorre dal decimo giorno successivo a quello nel quale, a causa della malattia, ha avuto inizio l’inabilita’ assoluta al lavoro.
Tra l’altro, anche in materia di decorrenza della prescrizione del diritto in esame, questa Corte ha avuto occasione di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 27323 del 12/12/2005) che “a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988 (dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’alt 135, secondo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui veniva presentata all’istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico), nel regime normativo attuale la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale “dies a quo” per la decorrenza del termine prescrizionale di cui all’art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, può ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l’esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato, che costituiscano fatto noto, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., come la domanda amministrativa, nonché la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l’assicurato.’’(in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 2285 del 31/1/2013)
Pertanto il ricorso incidentale va accolto, mentre rimane assorbita la disamina di quello proposto solo in via condizionata attraverso l’esposizione del secondo motivo di doglianza.
Ne consegue che per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale non condizionato l’impugnata sentenza va cassata e rimessa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che nell’attenersi al suddetto principio, provvederà ad esaminare la documentazione richiamata ai fini della esatta individuazione della decorrenza del diritto e a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale non condizionato, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma l’8 luglio 2015

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