Anche gli apparecchi per il volo da diporto o sportivo, in quanto aeromobili, sono soggetti alle segnalazioni anti incendio.
Presidente Franco – Relatore Ramacci
Fatto
1. Il Tribunale di Udine, con sentenza del 6/3/2014 ha affermato la responsabilità penale di F.B. , che ha condannato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’art. 20 d.lgs. 139/2006, perché, quale titolare della “KAITEK s.r.l.”, ometteva gli adempimenti di cui agli artt. 3 e 4 d.P.R. 151/2011 (presentazione dell’istanza di esame progetto e della segnalazione certificata di inizio attività) ai fini del rilascio della certificazione di prevenzione incendi di cui all’art. 16 d.lgs. 139/2006 (accertato in (omissis) ).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che, sulla base del contenuto dell’Allegato I al d.P.R. 151/2011, richiamato dall’art. 4 del medesimo decreto, requisito essenziale per la configurabilità del reato contestato è l’impiego, nello stabilimento, di oltre 5 addetti, circostanza, questa, che non sarebbe stata provata dalla pubblica accusa, né in alcun modo considerata dal giudice del merito.
3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la richiamata disposizione del d.P.R. 151/2011, nell’indicare il numero minimo di addetti allo stabilimento, fa riferimento all’attività di costruzione di aeromobili, mentre la sua azienda produce esclusivamente aerei c.d. ultraleggeri, soggetti ad una specifica disciplina che li distingue nettamente dagli aeromobili propriamente detti.
4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta l’eccessività della pena, quantificata, peraltro, senza tenere conto della condotta dell’imputato successiva al reato, avendo egli provveduto a regolarizzare la propria posizione, avviando le necessarie procedure.
Osserva, infine, che il giudice del merito, pur rilevando la sussistenza dei presupposti di legge per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avrebbe formulato una prognosi negativa di non recidività senza tuttavia indicarne le ragioni.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Va premesso, con riferimento al primo motivo di ricorso, che, nella sentenza impugnata, il giudice del merito, dopo aver dato atto del fatto che la società dell’imputato produce aerei da volo sportivo o da diporto (c.d. ultraleggeri o VDS), ha rilevato che la stessa, pur avendo avviato la procedura per ottenere la certificazione antincendio per un deposito di GPL, non aveva comunque denunciato, al medesimo fine, l’attività di produzione di aeromobili.
Il Tribunale, dopo aver preso in esame la normativa di settore, giungendo alla conclusione – della quale si dirà in seguito – che anche gli apparecchi per il volo da diporto o sportivo rientrano nella nozione di “aeromobile”, osserva che, in ragione di tale caratteristica, l’attività svolta dall’imputato era soggetta alla normativa di prevenzione degli incendi.
2. Ciò posto, per una migliore comprensione della vicenda di cui si tratta, pare opportuno richiamare, come fanno anche la sentenza impugnata ed il ricorso, le disposizioni che regolano la materia.
Il d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229”, si occupa, al Capo III, della prevenzione incendi, che l’art. 13, comma 1 definisce come “(…) la funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare l’insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a limitarne le conseguenze”.
Il successivo art. 16, comma 1 stabilisce che il certificato di prevenzione incendi, rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate, “(…) attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi”.
L’art. 20 del medesimo decreto legislativo individua le condotte sanzionabili, tra le quali rientra quella attribuita all’odierno ricorrente. L’articolo specifica, al comma 1, che “chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo è punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 Euro a 2.582 Euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica, previsto dall’articolo 16, comma 1”.
Il d.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dallalegge 30 luglio 2010, n. 122”, come precisato nell’art. 2, comma 1, “(…) individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l’esame dei progetti, per le visite tecniche, per l’approvazione di deroghe a specifiche normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
L’art. 3, comma 1 stabilisce che “gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all’Allegato I, categorie B e C. sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistènti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio”.
In particolare, secondo quanto stabilito dal successivo art. 4, comma 1 “per le attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, l’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è presentata al Comando, prima dell’esercizio dell’attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività, corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all’articolo 2, comma 7, del presente regolamento. Il Comando verifica la completezza formale dell’istanza, della documentazione e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, ne rilascia ricevuta”.
Il menzionato Allegato I al d.P.R. 151/2011, contenente, come si è detto, l’elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi, ne fornisce una descrizione secondo un elenco numerico e le suddivide in tre diverse categorie: A, B e C.
Al numero 52 dell’elenco, il suddetto Allegato, indica gli “stabilimenti, con oltre 5 addetti, per la costruzione di aeromobili, veicoli a motore, materiale rotabile ferroviario e tramviario, carrozzerie e rimorchi per autoveicoli; cantieri navali con oltre 5 addetti” e colloca, nella categoria B, quelli che occupano fino a 25 addetti e, nella categoria C, quelli con oltre 25 addetti.
3. Dalla mera lettura del contenuto del punto 52 dell’Allegato I in esame si evince che sono dunque soggetti agli obblighi di prevenzione incendi di cui trattano le disposizioni in precedenza richiamate gli stabilimenti che svolgono l’attività descritta e che occupano da 6 a 25 addetti, collocabili, quindi, nella categoria B e quelli che occupano più di 25 addetti, rientranti, invece, nella categoria C. Restano evidentemente esclusi gli stabilimenti che occupano fino a 5 addetti.
Tale soluzione interpretativa, oltre che dal dato letterale della disposizione, che contiene il riferimento al numero minimo di addetti rilevante ai fini dell’applicazione della normativa in esame nella descrizione dell’attività che la individua come soggetta alle disposizioni di prevenzione degli incendi, trova conferma anche in altre parti del d.P.R. 151/2011.
In particolare, l’art. 2, comma 3 chiarisce che “nell’ambito di applicazione del presente regolamento rientrano tutte le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi riportate nell’Allegato I del presente regolamento” e, nel successivo comma 4, che “le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e C, come Individuate nell’Allegato I in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore di attività, alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità”.
Negli articoli che seguono (art. 3, comma 1, art. 4, commi 2 e 3 e art. 10, comma 2), inoltre, risulta evidente che alla suddivisione in categorie consegue una diversa sequenza procedimentale ai fini del controllo di prevenzione degli incendi.
4. È pertanto evidente che, ai fini dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 20 del d.lgs. 139/2006, il quale espressamente si rivolge ai titolari di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, risulta determinante la collocazione dello stabilimento tra quelli individuati nell’Allegato I al d.P.R. 151/2011.
5. Nel caso di specie, come correttamente osservato in ricorso, doveva accertarsi, avuto riguardo alla definizione contenuta nel n. 52 dell’allegato, la sussistenza del requisito dell’occupazione di oltre 5 addetti nell’azienda dell’imputato, circostanza che non risulta in alcun modo presa in considerazione dal giudice del merito.
Tale evenienza, peraltro, sembra essere, forse, conseguenza di una diversa lettura delle richiamate disposizioni, che il Collegio ritiene però non corretta per le ragioni dianzi esposte.
Il Tribunale, infatti, individua la “modestia del fatto” quale dato giustificativo delle circostanze attenuanti generiche, osservando che “l’azienda non risulta rientrare comunque nelle categorie di cui all’Allegato B) o C) per le quali sono necessari ben più gravosi incombenti”, dando così l’impressione al lettore di aver implicitamente ricondotto lo stabilimento del ricorrente nella residua categoria A.
L’Allegato, tuttavia, non colloca nessuno degli stabilimenti indicati, nella colonna “attività” (che ne contiene la descrizione), al n. 52, all’interno della categoria A, tanto è vero che la relativa colonna (utilizzata con riferimento ad altre tipologie di impianti descritti in altri punti dell’Allegato) è lasciata vuota. Ciò in quanto, come si è detto, un numero di addetti pari o inferiore a 5 esclude la individuazione dello stabilimento tra quelli descritti al punto 52, mentre un numero di addetti superiore a 5 e fino a 25 comporta la collocazione nella categoria B ed un numero superiore a 25 nella categoria C (come indicato nelle corrispondenti colonne dell’Allegato I).
Da ciò consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto, con rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame.
6. Va poi esaminata l’ulteriore questione, sollevata nel secondo motivo di ricorso, concernente la qualificazione dell’attività svolta dalla società del ricorrente come costruzione di aeromobili, sostenendosi, in ricorso, che la produzione di velivoli sportivi o da diporto (c.d. ultraleggeri o VDS) non possa definirsi tale.
Anche in questo caso risulta essenziale richiamare la disciplina di settore, puntualmente ricordata tanto in ricorso che nella sentenza impugnata.
7. L’art. 743 del Codice della Navigazione così recita: “Per aeromobile si intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose. Sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e, per quelli militari, dai decreti del Ministero della difesa. Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche, e secondo il loro impiego, sono dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia. Agli apparecchi costruiti per il volo da diporto o sportivo, compresi nei limiti indicati nell’allegato annesso alla legge 25 marzo 1985, n. 106, non si applicano le disposizioni del libro primo della parte seconda del presente codice”.
La legge 25 marzo 1985, n. 106 “Disciplina del volo da diporto o sportivo” stabilisce, all’art. 1, comma 1 che “agli apparecchi costruiti per il volo da diporto o sportivo, compresi nei limiti indicati nell’allegato annesso alla presente legge, non si applicano le disposizioni del libro primo della parte seconda del presente codice” (il riferimento riguarda, evidentemente, come correttamente osservato in sentenza, il Codice della navigazione).
Il d.P.R. 9 luglio 2010, n. 133 “Nuovo regolamento di attuazione della legge 25 marzo 1985, n. 106, concernente la disciplina del volo da diporto o sportivo” come specificato nell’art. 1, disciplina l’attività di volo da diporto o sportivo e si applica a tutti gli apparecchi VDS individuati nell’allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106, operanti sul territorio nazionale.
L’art. 2, lett. a) del medesimo d.P.R. definisce come volo da diporto o sportivo “l’attività di volo effettuata con apparecchi VDS per scopi ricreativi, diportistici o sportivi, senza fini di lucro” e, alla lettera b), l’apparecchio VDS come “un mezzo con motore impiegato per il volo da diporto o sportivo avente le caratteristiche tecniche di cui all’allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106”.
8. Il ricorrente, sulla base della disamina della richiamata normativa intende dimostrare la differenza intercorrente tra l’aeromobile come descritto nel codice della navigazione e gli apparecchi VDS da lui prodotti, differenza che assumerebbe rilievo ai fini della necessità del certificato di prevenzione incendi, dal momento che il già menzionato Allegato I al d.P.R. 151/2011, al punto n. 52 si riferisce ad attività di “costruzione di aeromobili” nella quale, secondo l’assunto difensivo, non rientrerebbero i velivoli ultraleggeri.
Tale assunto, tuttavia, risulta infondato.
9. Come correttamente osservato nel provvedimento impugnato, meritano particolare attenzione le modifiche normative apportate alla disciplina di settore.
L’articolo 743 Cod. Nav., nella sua originaria formulazione, in vigore fino al 20/10/2005, stabiliva che “per aeromobile si intende ogni macchina atta al trasporto per aria di persone o cose da un luogo ad un altro. Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche, sono stabilite dal regolamento”.
Dopo le modifiche apportate dal d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, il medesimo articolo stabiliva che “per aeromobile si intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose” (comma 1) e, dopo aver specificato, al comma 2, che “le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche, e secondo il loro impiego, sono dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia” stabiliva, al comma 3, che “non sono considerati aeromobili gli apparecchi utilizzati per il volo da diporto o sportivo, di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 106”.
Dunque il legislatore, nella definizione di aeromobile poneva l’accento da un lato alla destinazione e non più all’attitudine al trasporto di persone o cose nella definizione di aeromobile e, ciò che qui effettivamente rileva, escludeva espressamente dalla nozione di aeromobile gli apparecchi VDS.
La disposizione codicistica in esame ha tuttavia subito una successiva modifica ad opera del d.lgs. 15 marzo 2006, n. 151 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, recante la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione” che, ne ha sostituito il testo con quello, tuttora vigente, riportato in precedenza, prendendo per la prima volta in considerazione gli apparecchi a pilotaggio remoto ed eliminando l’espressa esclusione dalla nozione di “aeromobile” contenuta nell’ultimo comma.
Come si è infatti ricordato, l’ultimo comma dell’art. 743 Cod. Nav. stabilisce ora che agli apparecchi VDS non si applicano le disposizioni del libro primo della parte seconda.
Dette disposizioni riguardano, come pure specificato nella sentenza impugnata, l’ordinamento amministrativo della navigazione aerea.
Va altresì ricordato il menzionato d.lgs. 151/06 che ha modificato anche il d.P.R. 106U985, il quale originariamente stabiliva, nell’art. 1, comma 1, “gli apparecchi utilizzati per il volo da diporto o sportivo, sempreché compresi nei limiti indicati nell’allegato annesso alla presente legge, non sono considerati aeromobili ai sensi dell’articolo 743 del codice della navigazione”, mentre attualmente esclude, per detti apparecchi, la sola applicabilità delle disposizioni di cui al libro primo della parte seconda del Codice della navigazione, come si è già detto in precedenza.
10. Pare dunque di tutta evidenza che le modifiche apportate, nell’eliminare la preesistente, espressa esclusione dal novero degli aeromobili degli apparecchi VDS o ultraleggeri e prevedendo la sola deroga all’applicazione delle disposizioni di cui al libro primo della parte seconda del Codice della navigazione, hanno ricondotto anche tale tipologia di velivoli tra gli aeromobili propriamente detti.
In tale senso depone anche, peraltro, il contenuto della relazione illustrativa al d.lgs. 151/06.
11. Deve conseguentemente affermarsi che, gli apparecchi utilizzati per il volo da diporto o sportivo di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 106 rientrano nel novero degli “aeromobili” come definiti dall’art. 743, comma 1 Codice della navigazione.
12. Le conclusioni cui è giunto il Tribunale sul punto appaiono, conseguentemente corrette, mentre il motivo di ricorso risulta infondato.
Resta da osservare che la natura assorbente dei motivi di ricorso esaminati esonera il Collegio dal trattare del terzo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Udine.