Il 2016 per noi di ReS

Abbiamo visto, nel corso del 2015, che i temi che vengono reputati importanti dagli attori della prevenzione corrono lungo due dorsali di argomenti.
Il primo la normativa e il suo adeguamento, il secondo la progressiva riduzione dei compiti burocratici a favore di livelli sempre più innovativi d’intervento preventivo.

Rispetto al primo troviamo i ritardi ormai intollerabili nella realizzazione di quanto è scritto nel Testo Unico; un esempio eclatante è venuto alla luce proprio a Dicembre con la promulgazione dei Decreti Attuativi del Jobs Act: la inspiegabile mancata costituzione del SINP. Ma di esempi se ne potrebbero elencare molti. Alcuni li abbiamo evidenziati pubblicando il documento della SMLII, cioè dei Medici Competenti il 30 Novembre. Sono aspetti che complicano, quando non ostacolano apertamente, l’attività quotidiana degli operatori aziendali.

Qui entra in gioco il funzionamento delle strutture istituzionali, non solo parlamentari (aula, commissioni, ecc.), ma anche di quelle previste nel D.Lgs. 81/08 s.m.i., cioè il Comitato di Indirizzo e Vigilanza e della “nuova” Commissione Consultiva Permanente dove siedono anche le Parti Sociali.

Francamente è difficile comprendere i motivi di tanta lentezza, farraginosità e insipienza.

Il secondo argomento riguarda la necessità di rinnovare innanzitutto il punto di vista con cui si guarda alla materia della prevenzione. Non è un mistero che in Italia, trasversalmente, si guarda alla materia della salute dei lavoratori come una questione quasi esclusivamente di sicurezza, di norme, di controlli. Questo spiega la quasi totale attenzione sul numero degli infortuni mortali e la parallela disattenzione e sottovalutazione su tutto il resto. Un circuito, più mediatico che altro, in cui ci si rinfaccia la colpevolezza sulla base di dati a volte anche scarsamente attendibili a volte interpretati in modo più polemico che scientifico al solo fine di alimentare una riprovazione morale che indichi in modo manicheo da quale parti sono i torti e dove le ragioni, spesso ritenendo con questo concluso il proprio impegno. Sia chiaro non è in discussione la gravità e l’intollerabilità, per un Paese civile, delle morti sul lavoro e l’obbiettivo di ridurle a zero, ci mancherebbe. Ciò che è in discussione è l’agire guardando a questo obbiettivo che ormai, dovrebbe essere chiaro a tutti, non è raggiungibile solo attraverso una maggiore produzione normativa o una decuplicazione (peraltro al momento difficile) dei controlli, ma solo alzando e migliorando, in tutti i luoghi di lavoro, il livello generale di attenzione alle politiche di prevenzione.

Per fare questo rimbalzarsi le colpe serve veramente a poco. È più utile un processo di revisione delle “tradizionali” posizioni in particolare lungo tre linee dialettiche: innovazione produttiva/qualità del lavoro; percezione dei rischio/ consapevolezza  e partecipazione/conflitto.

Dovrebbe essere chiaro dopo anni di sperimentazione gestionale delle normative di derivazione europea che la fase repressiva, se pur indispensabile, non è risolutiva. Questo perché un conto sono le imposizioni dettate dalle violazioni riscontrate e un conto sono le politiche di investimento e organizzazione aziendale. Le prime mettono toppe, le seconde possono avviare a soluzione i problemi.

La strada quindi che continueremo a percorrere, con l’aiuto dei nostri lettori nel 2016, è quella di valorizzare le esperienze, le ricerche, i punti di vista di chi, pur non tralasciando il grave dramma degli infortuni sul lavoro, punta “ …a uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale..” come elemento indispensabile per un rilancio innovativo del sistema produttivo italiano. In questo fedeli allo slogan leggibile sotto il titolo del nostro sito: qualità dell’impresa per il benessere lavorativo.

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