Cassazione Penale, Sez. 4, 27 gennaio 2016, n. 3626

Infortunio durante le operazioni di smontaggio, pulitura e rimontaggio di un atomizzatore. Responsabilità di un preposto e di un RSPP.


Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 14/01/2016

Fatto

1. Con sentenza in data 31 marzo 2015, la Corte di Appello di Bologna, 3 Sezione penale, confermava la sentenza con la quale in data 29 aprile 2013 il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, aveva condannato C.B. alla pena di venticinque giorni di reclusione e C.DP. alla pena di un mese e quindici giorni di reclusione (pene sostituite per entrambi con la pena pecuniaria corrispondente) in relazione a delitto di lesioni personali colpose (art. 590, commi 1, 2 e 3 cod.pen. – capi B e D), commesso in Mordano il 18 luglio 2008.
La vicenda per cui é processo riguarda un infortunio occorso al lavoratore N.M., dipendente della ditta Gruppo Ceramiche R. s.p.a., durante un’operazione di smontaggio, pulitura e rimontaggio di un atomizzatore: in particolare il N.M., dopo avere rimosso il materiale che occludeva la parte inferiore dell’apparecchiatura attraverso lo smontaggio del cono inferiore dello stesso, veniva attinto alla gamba sinistra dal detto cono, del peso di circa 50 chilogrammi, caduto sotto la spinta di un blocco di materiale atomizzato distaccatosi dalle pareti dell’atomizzatore, riportando le lesioni meglio descritte in rubrica.
Al C.B. il reato é contestato nella sua qualità di preposto al reparto macinazione dello stabilimento, per aver sottostimato i rischi di caduta di materiale dall’interno dell’apparecchiatura e per avere omesso di dare al N.M. informazioni sulle regole di prevenzione e protezione da osservare, in violazione dell’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 81/2008; al C.DP. il reato é contestato nella sua qualità di responsabile del servizio sicurezza sul lavoro dello stabilimento, per non avere individuato, nella valutazione dei rischi presso il reparto, specifiche e dettagliate misure di sicurezza da adottare durante le operazioni di pulizia e manutenzione dell’atomizzatore, in violazione dell’art. 28, comma 2 lettera D, del D.Lgs. 81/2008.
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono, con unico atto, sia il C.B. che il C.DP., a mezzo del loro difensore di fiducia.
I ricorsi sono articolati in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento all’assunto, recepito nell’impugnata sentenza, secondo cui non sarebbe stata adottata la corretta procedura nell’operazione di pulitura dell’atomizzatore, nonché all’esclusione di cause diverse, fortuite o anomale dell’evento lesivo; si denuncia altresì travisamento della prova per omissione, non avendo la Corte di merito tenuto conto di una prova ritualmente assunta sull’accordo delle parti, ossia le sommarie informazioni rese dalla persona offesa N.M., in cui egli ricostruiva i fatti secondo una dinamica conforme a quella sostenuta dal C.B. e dal teste B., asserendo fra l’altro che, al momento del distacco del blocco di materiale, egli non era solo a sostenere il cono, ma assieme a lui vi era il C.B.; sempre con lo stesso motivo di ricorso, si lamenta la carenza di motivazione in ordine alla rimproverabilità dell’accaduto al C.B. a titolo di colpa, che la Corte di merito, secondo il ricorrente, desume in modo tautologico dal fatto stesso del verificarsi dell’evento.
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione circa l’esclusione del caso fortuito sulla base della frequenza delle operazioni di manutenzione nelle quali si rendeva necessario lo smontaggio del cono inferiore, circostanza questa che, secondo i ricorrenti, é inesatta, atteso che l’operazione in corso era quella di smontaggio del cono superiore, assai meno frequente; tanto emerge anche dalle dichiarazioni, considerate in sentenza come confessorie, rese dall’imputato C.DP. in sede d’interrogatorio, in base alle quali emerge in realtà la scarsa frequenza delle operazioni di smontaggio del cono inferiore (e dunque, a maggior motivo, di quelle di smontaggio del cono superiore) e la regolarità delle operazioni di manutenzione dei macchinari dello stabilimento.
2.3. Con il terzo e ultimo motivo, i ricorrenti lamentano vizio di motivazione, nonché violazione di legge (con riferimento agli artt. 590 cod.pen. e 28 D.Lgs. 81/2008), in relazione al mancato riconoscimento del valore scriminante della prassi aziendale non codificata e conforme a quella descritta dai tecnici AUSL, prassi che i ricorrenti indicano come esimente per la sua conformità alla legge.

Diritto

1. Iniziando dal primo motivo di ricorso, alquanto articolato, esso deve considerarsi infondato.
Riassumendo le doglianze in esso recepite, deve infatti considerarsi, in primo luogo, che la Corte di merito ha convenientemente valutato e argomentato la mancata ottemperanza alla corretta procedura di smontaggio, pulitura e rimontaggio del cono superiore, volta a evitare incidenti in caso di manutenzione dell’atomizzatore (e puntualmente descritta dal teste G., tecnico AUSL), precisando che, quale che sia la versione dei fatti, dalle pareti interne dello stesso si staccò un blocco di materiale, del quale nessuno si accorse durante la manovra, laddove sarebbe stato necessario, prima del montaggio del cono superiore, assicurarsi che all’interno dell’apparecchiatura non vi fossero residui che potessero cadere, come invece accadde. Correlativamente, é corretta e adeguata la motivazione della sussistenza, in capo al C.B., del profilo della colpa, non avendo egli (mentre era impegnato accanto al N.M. nell’esecuzione della manovra) effettuato il controllo delle pareti interne con la dovuta diligenza, posto che l’evento poi verificatosi testimonia che egli, ove mai avesse effettuato il detto controllo, vi avrebbe provveduto in modo negligente e dunque non rispondente alle regole cautelari, come tale caratterizzato quanto meno da colpa generica. E’ perciò corretto il ragionamento seguito dalla Corte territoriale laddove essa afferma che, qualora il controllo fosse stato eseguito in modo diligente, il C.B. avrebbe visto la presenza del blocco di materiale e avrebbe potuto quindi evitare che essa, cadendo, provocasse l’incidente.
Quanto alle sommarie informazioni rese dalla persona offesa, in relazione alla cui mancata valutazione i ricorrenti deducono travisamento della prova per omissione, va detto che tale vizio, per pacifica giurisprudenza di legittimità, é ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (per tutte vds. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774). Nella specie, non é chi non veda che, anche a voler accreditare la versione del N.M. e, con essa, quella del C.B., la posizione di quest’ultimo non sarebbe mutata quanto a riferibilità allo stesso della condotta negligente di cui s’é detto: di ciò, sia pure in modo indiretto, la Corte di merito ha reso adeguatamente conto, evidenziando l’indifferenza, ai fini dell’affermazione di penale responsabilità dello stesso, del fatto che, pur accedendo alla ricostruzione più favorevole all’imputato, il N.M. stesse o meno sorreggendo il cono superiore, atteso che é lo stesso C.B. ad affermare che il pezzo di materiale caduto era evidentemente un residuo presente nella parte alta dell’atomizzatore, non eliminato nel corso della pulizia del macchinario che lo stesso C.B. stava supervisionando.
2. Il secondo motivo di ricorso é parimenti infondato.
Posto che, come si é detto, la condotta ascritta al C.B. deve considerarsi colposa, si esula nella fattispecie dalla nozione di caso fortuito, che consiste in quell’avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all’attività psichica dell’agente (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 6982 del 19/12/2012, dep. 2013, D’Amico, Rv. 254479; Sez. 4, Sentenza n. 7825 del 19/04/1990, D’Altilio, Rv. 184515). Nella specie pertanto non rileva il fatto che l’operazione di smontaggio e pulitura del cono superiore fosse sporadica o comunque meno frequente di quella di smontaggio e pulitura del cono inferiore: essa era comunque prevista, per il caso (specificamente riferito dal teste G.) che si rendesse necessaria la procedura straordinaria, ossia laddove l’ostruzione cagionata dai residui sulle pareti interne dell’atomizzatore non potesse essere risolta con la procedura ordinaria e rendesse perciò necessario smontare, appunto, il cono superiore. Non rilevano perciò, a sostegno della tesi del caso fortuito, le dichiarazioni del coimputato DP.: le quali semmai avvalorano i profili di colpa a carico di questi, laddove egli, nella qualità da lui rivestita, non provvide all’inserimento del rischio aziendale in esame nel DVR (documento di valutazione dei rischi).
3. Il terzo motivo di ricorso é inammissibile, siccome in parte generico ed in parte manifestamente infondato.
Non é stato chiarito nell’impugnazione quale fosse la prassi aziendale non codificata conforme alle modalità di espletamento delle operazioni indicate dai tecnici dell’AUSL (sotto questo profilo, il motivo di ricorso in esame pecca di aspecificità e di non autosufficienza); ma, anche volendo prescindere da ciò, correttamente la Corte di merito ha escluso la valenza scriminante di una simile prassi, posto che, se essa fosse sufficiente, non sarebbe dato comprendere il motivo per il quale l’ordinamento impone ben precisi protocolli di sicurezza, fra cui la redazione del DVR e la vigilanza delle norme in esso contenute: protocolli di sicurezza la cui mancata osservanza determina eo ipso, nel caso di incidente eziologicamente riconducibile ad essa, la responsabilità a titolo omissivo in capo all’autore della violazione degli stessi, intesi come regole cautelari. Nella specie, il mancato inserimento nel DVR del rischio legato alle operazioni di manutenzione e pulitura dell’atomizzatore (rischio la cui sussistenza non solo si é concretizzata nell’occorso, ma che era già nota, come emerso proprio dalle dichiarazioni del teste G. dell’AUSL) integra senz’altro il profilo di colpa addebitato in particolare al DP..
4. Da quanto precede consegue che i ricorsi vanno rigettati e che i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2016.

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