Cos’è il “lavoro dignitoso”?
Iniziamo con il dire che non è un concetto nuovo o recente. Parte nel lontano 1981, esattamente da una Raccomandazione emanata il 22 Giugno dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sul tema della Salute e della Sicurezza del lavoro. Viene poi meglio delineata e assunta nella Conferenza tenuta dalla stessa Organizzazione nel 1999. In quella occasione il Direttore Generale Juan Somavia, presentò il Decent Work Report all’interno del quale si affermava per la prima volta:
oggi l’obiettivo primario dell’OIL è garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana.
Nel Rapporto l’OIL ribadì ciò che è scritto nella sua Dichiarazione di Filadelfia del Giugno 1944 e cioè che
Il lavoro non è una merce. Gli esseri umani, per i quali il lavoro è una fonte di dignità e di benessere familiare, possiedono dei diritti che devono essere rispettati. Il lavoro non può essere considerato semplicemente un costo di produzione.
Nel 2008 il concetto di lavoro dignitoso è stato istituzionalizzato formalmente con l’adozione della Dichiarazione dell’OIL sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta. Ed è stata istituita una giornata mondiale del Lavoro dignitoso il 7 di Ottobre.
Altre due Organizzazioni nel frattempo presero in considerazione il tema del lavoro dignitoso.
L’ONU, con la Dichiarazione del Millennio (2000) che al punto 1.B. recita:
Garantire una piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti, compresi donne e giovani.
E l’Unione Europea nella Strategia di Lisbona, dell’anno successivo, in cui viene detto che:
L’agenda per un lavoro dignitoso ha una rilevanza diretta per l’attuazione della strategia di Lisbona in quanto contribuisce notevolmente a orientare alla sostenibilità la vita lavorativa nell’UE.
Dal 2005 il Parlamento europeo recepisce le istanze di sostenere la dimensione sociale della globalizzazione segnalando che la creazione di posti dignitosi è una priorità per l’Unione e per i singoli paesi. Gli indirizzi si dirigono verso la garanzia di diritti sindacali, protezione sociale e uguaglianza di genere.
Il progetto europeo allarga poi il proprio orizzonte allo sviluppo sostenibile, all’interno del quale si dovrebbe coniugare concorrenza economica e giustizia sociale.
Ora come direbbe un buon avvocato, tutto ciò detto, rimane un dubbio: stiamo parlando di un concetto astratto buono per tesi di laurea e documenti internazionali praticamente inattuabili oppure di un punto di vista che produce un percorso concreto? La risposta giusta è la seconda.
Il concetto di lavoro dignitoso si lega, infatti a due aspetti centrali nelle strategie economico-sociali di oggi. La prima è la qualità del lavoro la seconda lo sviluppo produttivo.
Oggi dentro la strategia Europa 2020 pur non riscontrandosi un riferimento specifico alla “qualità dl del lavoro”, tuttavia si ricavano alcune indicazioni per creare lavoro buono, quando si tratta di sviluppo delle competenze, apprendimento continuo, conciliazione vita lavoro, innovazione e inclusione sociale.
Una recente ricerca Isfol (Le dimensioni della qualità del lavoro : i risultati della 3. indagine ISFOL sulla qualità del lavoro – a cura di Valentina Gualtieri – 2014) indaga sullo stato della qualità del lavoro in Italia. Sono indicative le dimensioni considerate, che compongono la possibilità di misurare il lavoro dignitoso:
- La dimensione ergonomica si riferisce ai bisogni minimi di benessere psicofisico del lavoratore: qualità dell’ambiente di lavoro; qualità fisica dell’attività lavorativa; serenità psicologica e possibilità di strutturare il lavoro in modo da comprenderne lo scopo; disporre di una certa libertà di scelta riguardo all’esecuzione.
- La dimensione della complessità si riferisce ai contenuti di creatività, di impegno nella soluzione di problemi e nel superamento di difficoltà, di formazione professionale e di crescita professionale e di accumulazione dell’esperienza nell’ambito del lavoro svolto.
- La dimensione dell’autonomia si riferisce il bisogno di partecipare alla formulazione degli obiettivi del proprio lavoro: la possibilità di scegliere non soltanto tra diverse alternative prestabilite, ma anche alla possibilità di determinare autonomamente opzioni differenti per il raggiungimento di tali obiettivi.
- La dimensione del controllo si riferisce al bisogno di controllare le condizioni generali del proprio lavoro, come ad esempio l’oggetto della produzione, la sua destinazione e l’organizzazione.
- La dimensione economica si riferisce sia alla rilevazione dell’ammontare di reddito e della disuguaglianza economica, ma anche sulle prospettive per la soddisfazione dei bisogni presenti e futuri una determinata occupazione offre.
Come si vede tutte le dimensioni considerate rientrano a pieno titolo nelle valutazioni necessarie per redigere un Documento di Valutazione dei Rischi.
La conclusione è quindi che al di là degli impegni vecchi e nuovi presi a livello mondiale ed europeo, il concetto di lavoro dignitoso legato agli altri due elementi: qualità del lavoro e crescita sostenibile da’ vita a un percorso che non solo non è astratto, ma è considerato largamente il solo percorribile per il nostro Continente alle prese con la concorrenza globale.