Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 4, 01 marzo 2016, n. 8374

Caduta di un lavoratore durante i lavori di installazione di pannelli fotovoltaici. Ingombro della passerella destinata al transito e responsabilità di un coordinatore per l’esecuzione.


Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: BELLINI UGO
Data Udienza: 19/01/2016

Fatto

1. La Corte di Appello di Catania, con sentenza pronunciata in data 26.5.2014, in riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Catania in data 29.5.2008, assolveva T.G. dal reato di cooperazione in omicidio colposo aggravato per la violazione delle norme antinfortunistiche ai danni dell’operaio B.C., commesso nella qualità di coordinatore per la progettazione e la esecuzione dei lavori di installazione di pannelli fotovoltaici sulla sommità di immobile destinato ad attività industriale, e revocava le statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado;
2. In particolare il giudice di appello, dopo avere dato atto che il T.G. aveva reso dichiarazioni spontanee nel giudizio di appello, evidenziava che lo stesso aveva adempiuto al proprio ufficio nella fase esecutiva facendo realizzare una passerella trasversale alle travi del capannone industriale, sulla cui sommità gli operai della ditta s.c.a.r. Eco Impianti s.a.s. stavano procedendo alla installazione di pannelli fotovoltaici, e che il T.G. si recava periodicamente a verificare il rispetto della attuazione della disciplina di prevenzione degli infortuni, che la presenza della passerella destinata al passaggio delle maestranze rendeva non necessaria, in quella particolare fase della lavorazione, l’attuazione di sistemi di sicurezza volti a prevenire cadute dall’alto quali arrotolatori automatici od altri sistemi di ancoraggio alla struttura, dal momento che la suddetta passerella avrebbe dovuto essere lasciata sempre libera – come precisato nel verbale della riunione svoltasi in data 21.11.2008 – che pertanto la responsabilità della caduta dell’operaio era da attribuirsi a chi aveva disposto la collocazione dei pannelli da istallare all’interno della passerella, rendendola così inutilizzabile per il passaggio; affermava ancora che neppure al T.G. poteva rimproverarsi di non avere verificato sul posto di lavoro la ricorrenza di siffatta criticità così da porvi riparo, non potendosi pretendere una costante presenza del coordinatore per la progettazione e per la esecuzione dei lavori sul luogo di lavoro, impegno esigibile solo in presenza di interventi che necessitassero di costante opera di adeguamento delle condizioni di sicurezza, mentre nell’occasione doveva essere dato adempimento ad una prescrizione imposta, mentre la presenza assicurata dal T.G. in cantiere ogni due tre giorni era idonea a evitare lo instaurarsi di prassi contrarie a quanto previsto in sede progettuale e prescritto in corso di opera.
3. Avverso la suddetta pronuncia interponeva ricorso per Cassazione agli effetti civilistici la difesa della parte civile C.A. in proprio e quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore B.S. affidandosi a quattro motivi di ricorso, tutti relativi a profili di violazione di legge per inosservanza della applicazione di disposizioni normative in materia di prevenzione di infortuni, e in particolare dell’art.5 D.L.vo 494/1996 e per mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione per omessa considerazione della ricorrenza della suddetta disciplina; 3.1 assumeva con un primo motivo che il T.G. rivestiva la qualità di soggetto coordinatore della sicurezza sia in fase di progettazione che in fase esecutiva e che il giudice di appello aveva pretermesso qualsiasi valutazione in ordine al suddetto ruolo di garanzia assunto, esonerandolo da responsabilità sul presupposto della non necessità della adozione di sistemi di sicurezza di ritenzione e aggancio atti a prevenire le cadute dall’alto nella specifica lavorazione cui era assegnato il lavoratore (montaggio di pannelli fotovoltaici sopra capannone industriale dotato di copertura inidonea a sostenere il peso dei lavoratori), essendo la suddetta copertura dotata di passerella idonea a garantire il passaggio, omettendo altresì di considerare che la suddetta passerella era priva di parapetti, laddove il rischio di cadute dall’alto era espressamente indicato nel Piano di Sicurezza e Coordinamento predisposto dal T.G. in fase di progettazione con la previsione dell’uso di cinture e di sistemi di ancoraggio; 3.2. con un secondo motivo la difesa della parte civile denunciava vizio motivazionale per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione rispetto ad atti istruttori del procedimento nonché ipotesi di travisamento della prova nella parte in cui aveva affidato alle sole dichiarazioni spontanee rese dal T.G. dinanzi al giudice di secondo grado la evidenza del fatto che questi si recava presso il cantiere ogni due-tre giorni, frequenza ritenuta adeguata ad adempiere ai propri obblighi di verifica dell’attuazione del piano di sicurezza e delle misure di prevenzione dagli infortuni, laddove tale dato, preso per buono ma non confrontato con le altre emergenze, si poneva in contrasto con una serie di elementi documentali e testimoniali presenti agli atti, di cui indicava la fonte e allegava il contenuto, dai quali assumeva era possibile trarre il convincimento opposto e cioè che l’intera superficie del capannone era priva di sistemi di prevenzione di cadute dall’alto (arrotolatori automatici, funi di scorrimento) e che l’utilizzazione della passerella per lo stoccaggio dei contenitori che custodivano i componenti dei pannelli da installare, costituiva costante e ormai consolidata prassi operativa al momento dell’infortunio, atteso che il lato ovest della copertura era già stato dotato dei pannelli, senza che il coordinatore della sicurezza fosse intervenuto per evidenziare la illegittimità di una tale prassi e per garantire la osservanza delle disposizioni antinfortunistiche idonee a prevenire cadute dall’alto; 3.3. deduceva con un terzo motivo la incoerenza e la illogicità della motivazione nella parte in cui il giudice di appello aveva comunque ritenuto sufficiente e adeguato che l’intervento del coordinatore della sicurezza ing. T.G., si esplicasse attraverso periodici controlli nel cantiere, laddove da nessuna responsabilità poteva ritenersi esentato il T.G. se, a detti periodici accessi in cantiere, non fosse altresì seguita la concreta verifica del rispetto della normativa antinfortunistica anche in relazione all’ingombro della passerella, assicurandone il rispetto, adeguando il piano di sicurezza alle sopravvenienze e alla evoluzione dei lavori, disponendo se del caso la sospensione degli stessi fino all’avvenuto adeguamento; 3.4 con un quarto motivo di ricorso la difesa della parte civile denunciava altresì mancanza di motivazione della sentenza impugnata in riferimento all’addebito sub b) della imputazione, relativo alla omessa verifica della adeguatezza del piano di sicurezza predisposto dal datore di lavoro dell’operaio infortunato, il quale non conteneva alcun presidio in ordine al rischio di caduta dall’alto, cosicché il T.G., nella sua qualità di coordinatore, avrebbe dovuto curare la coerenza del P.O.S. rispetto al piano di coordinamento, assicurando l’attuazione delle disposizioni volte a prevenire le cadute dall’alto anche in assenza di specifica previsione nel POS di passerelle mobili e andatoie, pedane, punti di stoccaggio materiali, strumenti di ancoraggio e di salvataggio, nonché verificando che gli operai avessero avuto una completa informazione e formazione sui singoli rischi cui erano esposti, mentre al contrario lo stesso coordinatore aveva omesso nel piano di coordinamento di prevedere, ai sensi del d.p.r. n. 222 del 3.7.2003, zone di deposito delle attrezzature e punti di stoccaggio dei materiali.
4. Depositava memoria difensiva la difesa di T.G. il quale in via preliminare eccepiva la inammissibilità della impugnazione della difesa della parte civile in presenza di una serie di contestazioni in fatto che si limitavano a riproporre questioni già esaminate dal giudice di appello in cui si chiedeva la rivisitazione delle questioni affrontate nei gradi di merito proponendo una diversa ricostruzione fattuale del sinistro e tentando di fare transitare, mediante il richiamo e la produzione, una serie di documenti dei giudizi di merito. In ordine al primo motivo di ricorso escludeva la ricorrenza di un vizio di violazione di legge della sentenza impugnata con riferimento al rispetto sul luogo di lavoro di sistemi di sicurezza diretti a impedire la caduta dell’alto, atteso che gli accertamenti eseguiti dal personale ispettivo consentivano di rinvenire sulla copertura cinture di sicurezza e arrotolatori (funi retrattili) anticaduta in numero di due, nonché la presenza della passerella come strumento di transito da un punto all’altro della copertura, dovendosi il sinistro ricondurre al comportamento abnorme dell’operaio il quale, in violazione di ogni disposizione e ordine tecnico, aveva eluso le misure di sicurezza avventurandosi sui tegoloni che fungevano da copertura; sul secondo motivo contestava la ipotesi di contraddittoria motivazione e travisamento della prova sulle modalità e sulla frequenza con le
quali il coordinatore della sicurezza aveva svolto il proprio ufficio all’interno del cantiere e le conseguenze che la parte civile faceva derivare in ragione delle acquisizioni testimoniali in atti, laddove i sommari informatori escussi Omissis se da una parte nulla avevano riferito sulla presenza o meno del T.G. in cantiere, dall’altra risultavano essere stati assunti dalla ditta esecutrice degli interventi sul solaio di copertura solo il giorno precedente all’infortunio, così da non potere essere attendibili sul rispetto o meno della normativa antinfortunistica, circostanza su cui aveva riferito invece il teste Omissis in termini ampiamente rassicuranti; quanto al mancato rispetto da parte del coordinatore della sicurezza dell’art.5 del D.L.vo 464/1996 assumeva la difesa dell’imputato che il combinato disposto degli art. l e 2 della suddetta disciplina non si riferiva a cantieri del tipo di quello attivato dalla ditta datrice di lavoro del dipendente infortunato, trattandosi di lavorazione diversa da quelle espressamente contemplate nell’elenco richiamato dall’art.2 e che comunque il T.G. si era del tutto conformato alle prescrizioni richiamate dalla suddetta disposizione, laddove il sinistro era stato occasionato da una utilizzazione momentanea e imprevedibile della passerella quale punto di stoccaggio del materiale fotovoltaico; quanto infine alla inidoneità del POS predisposto dalla impresa esecutrice dei lavori e agli obblighi sul punto gravanti in capo al coordinatore della sicurezza, la difesa del T.G. richiamava l’attenzione sul verbale di riunione del 21.11.2006 nel quale la ditta esecutrice delle opere era stata resa edotta e aveva accettato le prescrizioni del PSC compresa quella di lasciare libera la passerella per il transito delle maestranze e queste avevano dichiarato di essere state edotte sui rischi connessi alla lavorazione, previa verifica di conformità da parte del T.G. dei dispositivi di protezione dati agli operai, così da potersi escludere ipotesi di responsabilità dell’imputato per mancato coordinamento del piano di sicurezza preparato dal datore di lavoro rispetto a quello del coordinatore, mentre l’improvvido e abnorme comportamento del lavoratore si era posto come esclusivo fattore eziologico del tragico evento.
Il Procuratore generale chiedeva l’accoglimento del ricorso con annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore.

Diritto

1. Il primo motivo di impugnazione ha portata trasversale e deduce violazione della legge penale (in particolare per la mancata osservanza dell’art. 5 DPR 494/1996 sugli obblighi gravanti sul coordinatore della sicurezza in cantieri mobili per la realizzazione di opere edili ed assimilate) e per manifesta illogicità della motivazione in punto a esclusione della responsabilità dell’ing. T.G. titolare di tale funzione di garanzia presso il cantiere in cui si verificò il sinistro, in ragione degli obblighi posti da tale disposizione in capo al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. La ricorrente parte civile in particolare evidenzia l’assoluta apoditticità e apparenza della motivazione del giudice di appello nella parte in cui, del tutto sbrigativamente, riconduce all’ingombro della passerella, destinata a consentire il transito alle maestranze che operavano sulla copertura dell’edificio, la causa del sinistro, al contempo escludendo che tale problematica, che indusse il lavoratore a utilizzare per il transito i supporti dei pannelli in fase di montaggio, fuori dal percorso tracciato dalla passerella, ma avventurandosi sull’estradosso della copertura, risultasse nella disponibilità del coordinatore per la sicurezza, la cui periodica presenza nel cantiere era adeguata allo svolgimento dello incarico allo stesso assegnato e all’attuazione del piano anche in considerazione delle prescrizioni impartite ai lavoratori in coincidenza del verbale del 21.11.2008. Sotto diverso profilo (secondo motivo di ricorso) vengono denunciati vizi motivazionali per travisamento della prova, avendo il giudice di appello dato per ammessa la circostanza sulla frequenza delle visite in cantiere del responsabile del coordinamento e della esecuzione della sicurezza e per illogicità della motivazione sia in presenza di prove di tenore contrastante a quanto affermato dal giudice, sia per avere ritenuto sufficiente e adeguato il controllo periodico, pur in difetto di qualsivoglia verifica della effettiva osservanza delle misure di prevenzione per la caduta dall’alto.
2. I motivi risultano invero fondati in ragione di una motivazione assolutamente carente e lacunosa su passaggi decisivi relativi alla ritenuta esclusione di relazione causale tra la condotta richiesta al coordinatore della sicurezza in fase esecutiva in cantiere ove venivano realizzati interventi di allocazione di pannelli solari sopra una copertura di edificio industriale e l’evento mortale che si ebbe a realizzare. In relazione a tali aspetto è necessario brevemente osservare che in ossequio a principi ripetutamente affermati da questa Corte, in punto di vizio motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell’ambito di una adeguata opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, 2.12.03 n. 4842, rv 229369, n. 24201/06); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più corretta valutazione delle risultanze processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU n. 47289/03 rv 226074). Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le modifiche apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad “altri atti del processo”, ed ha quindi, ampliato il perimetro d’intervento del giudizio di cassazione, in precedenza circoscritto “al testo del provvedimento impugnato”. La nuova previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica e la coerenza strutturale della decisione. Precisazione, quella appena svolta, necessaria, avendo il ricorrente denunciato, con il secondo motivo di ricorso, anche il vizio di travisamento della prova. Così come sembra opportuno precisare che il travisamento, per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall’obiettivo e semplice esame dell’atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati; dall’altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l’atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito;
3. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata presenta innanzi tutto un costrutto argomentativo invero scarno, nel quale viene operata una separazione, dal punto di vista logico, della questione posta al centro della motivazione del giudice di primo grado e che formava altresì oggetto dei profili di colpa specifica (sub A) e sub B) attribuiti al T.G. nel capo di imputazione, da quella posto a fondamento della pronuncia assolutoria, costituita dall’ingombro della passerella; afferma il giudice di appello territoriale “l’appellante censura la sentenza impugnata osservando che, al di là del mancato allestimento di un idoneo sistema che consentisse di utilizzare gli appositi arrotolatori automatici anticaduta, non vi è dubbio che l’incidente occorso al B.C. fu causato dall’ingombro della passerella destinata al transito, che impedì alla vittima, come agli altri operai, di attraversare in sicurezza la copertura del capannone” : ” in sostanza il sig. B.C. si trovava a passare lì dove era vietato passare e pertanto non può nemmeno ipotizzarsi che fossero predisposti sistemi di ancoraggio preordinati a consentire il passaggio là dove era tassativamente vietato passare”. Prosegue la Corte argomentando: “Ritiene la Corte che le argomentazioni della difesa siano condivisibili e che, almeno in quella fase della esecuzione delle opere, ci si dovesse servire unicamente della passerella, non essendo quindi necessaria la attivazione di misure di sicurezza destinate a evitare cadute dall’alto, quali gli arrotolatori automatici. In altri termini in quella fase della lavorazione ci si doveva servire per gli spostamenti della passerella di movimentazione che, per come risulta dal verbale della riunione svoltasi il 21.11.2008, doveva essere lasciata sempre sgombra. La responsabilità dell’incidente ricade pertanto su chi ha disposto la collocazione dei pannelli sulla passerella, non consentendo il passaggio e costringendo chi doveva spostarsi a procedere in zone non sicure”. Sotto un primo profilo deve evidenziarsi nella motivazione della sentenza impugnata, a fronte di integrale riforma della sentenza di condanna assunta dal primo giudice e in assenza di nuove emergenze istruttorie da considerare se non le dichiarazioni spontanee dello stesso T.G., una assoluta carenza di nuova ponderazione di tutti gli elementi fattuali considerati dal primo giudice così da risultare rafforzato l’iter logico giuridico che conduce alla diversa valutazione dei fatti processuali, laddove la conclusione della corte di appello costituisce l’approdo di una operazione logica molto parziale, anche nell’approccio e nella sintesi degli elementi fattuali principali, ancorata ad una suggestione proveniente dalla difesa dell’Imputato sulla insussistenza del rapporto di causalità che sostanzialmente astrae totalmente dalla necessità di accertare se l’imputato T.G. abbia in concreto provveduto ad assicurare le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni per caduta dall’alto. Ha affermato il S.C. a questo proposito che in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna di primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, non può limitarsi a prospettare notazioni critiche di dissenso alla pronuncia impugnata, dovendo piuttosto esaminare, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni assunte (sez.VI, 8.10.2013 n.46742; sez.III, 18.11.2014 n.50643); tale sforzo motivazionale è del tutto mancato nel caso in specie così che dalla parte motivazionale sopra riportata, che in pratica rappresenta – a parte l’annotazione sulla circostanza che il T.G. era in grado di assolvere al proprio compito di coordinatore con la frequenza da questi dichiarata di accesso al cantiere – l’intero corpo motivazionale, rimane l’astrazione su quelli che dovevano essere i concreti obblighi di verifica, coordinamento, garanzia di ottemperanza delle misure di prevenzione e iniziativa in sede esecutiva, dal momento che tutta la questione è risolta con l’affermazione che la responsabilità è di terzi e in particolare di colui che ha ingombrato la passerella costringendo tutti i lavoratori a passare sopra la copertura.
4. E evidente che una tale affermazione contrasta con la stessa figura di garanzia rappresentata dal coordinatore della esecuzione delle opere dal momento che, se è vero che l’ingombro della passerella ha indotto il lavoratore al termine della lavorazione di eseguire un insidioso attraversamento sull’estradosso della copertura con pericolo di precipitare, è anche vero che in fase di lavorazione sulla copertura era lo stesso piano generale di sicurezza e coordinamento a prevedere sistemi anticaduta mediante l’aggancio di cinture di sicurezza laddove al contrario in sede di rapporto giudiziario era emerso da un lato che la copertura della costruzione era sprovvista da un sistema di funi di scorrimento collegate alle parti stabili e che la passerella in questione, al momento dell’incidente, era stata ingombrata in più punti dai pallets contenenti i pannelli fotovoltaici in corrispondenza di ciascuna fila di montanti in metallo, già in precedenza predisposti sui quali i componenti fotovoltaici andavano montati.
5. Ritiene la Corte pertanto che, a parte quanto si dirà in ordine alla verifica in capo al coordinatore del mantenimento delle condizioni previste nel piano generale di coordinamento della sicurezza in fase attuativa anche in ragione delle sopravvenienze connesse alle modalità della lavorazione, ancor prima risulta del tutto illogico, contraddittorio e contrastante con gli elementi di fatto allegati dalla parte ricorrente a sostegno del ricorso e in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso in presenza di detto vizio, la conclusione secondo la quale il dinamismo dell’incidente, da attribuire alla responsabilità di chi avesse ingombrato l’unica passerella, esclude la necessità di appurare il rispetto della disciplina antinfortunistica di base, in sostanza escludendo qualsiasi rilevanza eziologica tra la condotta di coordinamento e vigilanza esigibile dal T.G. e la caduto dell’operaio, trattandosi di affermazione assolutamente errata e illogica atteso che l’operaio ben avrebbe potuto e dovuto, in assenza di una via sicura di spostamento sulla copertura, dotarsi di detti strumenti di sicurezza, pure citati dal PSC ma espressamente previsti dalla disciplina normativa di settore per prevenire il rischio di cadute dall’alto (tavole, impalcature, cinture di sicurezza con imbragatura, arrotolatori automatici, funi tese agganciate o con anello di scorrimento cfr art.70 e art. 10 DPR 164/56 (lavori su tetti, gronde e cornicioni) e successive modifiche e integrazioni.
6. In tema di infortuni sul lavoro, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di “alta vigilanza”, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (sez.IV, 12.6.2013 n.44977). A nessuno dei suddetti accertamenti ha provveduto il giudice di appello, ritenendo di avere individuato la causa del sinistro nel fatto colposo di un terzo, da una parte non ponendosi neppure il problema se la condotta richiesta al T.G. nella sua veste di garanzia quale coordinatore della sicurezza in fase esecutiva si profilasse, nel caso in specie quale concorrente elemento efficiente ai fini di determinare l’evento in ragione degli specifici compiti ad esso demandati nell’assicurare l’osservanza delle disposizioni del PSC e quindi il rispetto dei sistemi antinfortunistici in esso previsti in caso di inutilizzabilità di altri presidi, e neppure si è posto il problema di verificare se la funzione di garanzia del coordinatore della sicurezza, anche a fronte della inosservanza di obblighi cautelari posti a carico di terzi, non lo esonerasse da una verifica attiva e concreta del rispetto delle prescrizioni eventualmente impartite, atteso che, come risulta pacifico in atti il verbale di riunione con sopralluogo e prescrizioni intervenne in data 21.11.2006 nella fase preliminare all’inizio delle lavorazioni, mentre il sinistro si è realizzato circa due mesi dopo (16.1.2007), mentre non è dato sapere a quando risalga lo stoccaggio dei pannelli fotovoltaici lungo la passerella di attraversamento della copertura, ma gli elementi documentali forniti dalla parte ricorrente, a sostegno della incoerenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con elementi documentali presenti agli atti (fot 5 allegata al rapporto giudiziario degli ispettori e documento e comunicazione del direttore dei lavori del 20.12.2006) lasciano intendere che gli stessi, impilati in pallet confezionati di otto pezzi, venivano distribuiti e stoccati all’altezza delle singole file di supporti che li avrebbero sostenuti, posizionati in sicurezza all’Interno della passerella, la quale era priva di passamano e parapetto e pertanto idonea a contenerne in grande quantità, visto che la loro sagoma di ingombro era ben superiore alla larghezza del passaggio, per essere successivamente montati. Ne consegue che la loro collocazione sulla passerella, al momento dell’Infortunio, non appariva né provvisoria né propedeutica ad una sistemazione definitiva che non fosse quella della installazione sugli appositi supporti metallici, anche in ragione della mancanza di specifiche area poste sulla sommità del capannone idonee ad ospitare il voluminoso ingombro.
7. Erroneo pertanto è altresì il ragionamento del giudice territoriale nella parte in cui non considera che le attribuzioni e le responsabilità del coordinatore della sicurezza in sede esecutiva non si arrestavano alla fase prescrittiva delle cautele cui erano tenuti datore di lavoro e maestranze nel corso della lavorazione ma, in coerenza alla giurisprudenza sopra citata comprendevano l’onere di adeguamento del piano alle esigenze derivanti dalla peculiarietà delle lavorazioni da eseguirsi, in presenza di una sopravvenienza nel luogo di lavoro (stoccaggio dei pannelli all’interno della passerella che costituiva l’unico percorso di camminamento sopra la struttura) che aveva escluso la percorribilità del passaggio sicuro che tagliava trasversalmente la sommità del capannone. Invero ha affermato questa Corte, in relazione a ipotesi di responsabilità nel montaggio di una impalcatura e a fronte delle concorrenti responsabilità di altre figure di garanzia, che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha non soltanto compiti organizzativi e di raccordo tra le imprese che collaborano alla realizzazione dell’opera, ma deve anche vigilare sulla corretta osservanza da parte delle imprese delle prescrizioni del piano di sicurezza e della scrupolosa attuazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’Incolumità dei lavoratori. (Cass Sez. 4, Sentenza n. 27442 del 04/06/2008 Rv. 240961). Questa Corte ha più volte ritenuto che gli obblighi scaturenti da tale funzione non sono limitati alla redazione del POS ma devono spingersi ad un concreto, efficace controllo sulla predisposizione ed attuazione delle misure antinfortunistiche in esso previste. Pur non richiedendo un obbligo di presenza continuativa in cantiere, ha ritenuto che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, nei corso dei periodici accessi, debba informarsi scrupolosamente sullo sviluppo delle opere, verificando specificamente, per ciascuna fase, l’effettiva realizzazione delle programmate misure di sicurezza e svolgendo una concreta e puntuale azione di controllo sulla loro osservanza, la cui omissione comporta la sua responsabilità in ordine ai sinistri dipendenti dalla mancata predisposizione delle misure provvisionali. (Cass Sez. 4, n. 32142 del 14/06/2011 dep. 17/08/2011 Rv. 251177, Sez. 4 n 18472 del 04/03/2008 dep. 08/05/2008 Rv.240393). Orbene, facendo applicazione di tali principi al caso in esame, si deve ritenere inidonea ad escludere la responsabilità del coordinatore della sicurezza la circostanza che egli avesse indicato nel verbale di sopralluogo le prescrizioni circa il corretto montaggio dell’impalcatura, date all’impresa appaltatrice, in quanto era obbligo del ricorrente nella sua qualità di verificare che tali prescrizioni impartite, fossero state effettivamente attuate. Il … quale responsabile per la sicurezza, avrebbe dovuto vigilare sulla corretta adozione delle misure di sicurezza attraverso una presenza assidua, se non quotidiana, sul cantiere, quantomeno nelle fasi più complesse della lavorazione tali da esporre i lavoratori a rischi per la loro incolumità. Questa è evidentemente mancata se è vero che il ponteggio non è stato montato in conformità delle prescrizioni e che la pesante macchina taglia mattoni è stata appoggiata su una mensola inidonea a reggerne il peso anche in rapporto alla fragilità strutturale di quell’impalcatura, per come montata. Non è certo sufficiente prevedere nel piano di sicurezza le corrette modalità di montaggio del ponteggio se a questa previsione non si accompagna la verifica in concreto da parte del responsabile della sicurezza dell’osservanza delle prescrizioni, non semplicemente affidata ad un verbale di prescrizioni in sede di sopralluogo. E ciò formava oggetto di un preciso obbligo dei ricorrente nella sua qualità (sez.IV, 30.5.2013 n.48511; cfr 26.10.2011 n.46820).
8. Ma anche rispetto alle ragioni addotte sostegno del secondo e del terzo motivo la motivazione del giudice di appello si appalesa del tutto incongrua in quanto apparente e illogica laddove, una volta affermato del tutto apoditticamente che causa dell’infortunio non era rappresentata dal mancato rispetto delle regole sulla sicurezza sul luogo di lavoro la cui osservanza era riservata alla vigilanza del coordinatore, ma ad un episodico e transeunte ostacolo alla circolazione degli operai sulla copertura determinata da sopravvenuto errore nella fase esecutiva (ingombro della passerella con il materiale da installare), ha ritenuto che sul punto nessuna specifica verifica fosse esigibile da parte del T.G. in quanto allo stesso non poteva essere richiesta una presenza in cantiere così assidua da prevenire un siffatto occasionale accadimento, mentre una presenza assicurata ogni due tre giorni lavorativi era tale da garantire un adeguato controllo di coordinamento e di osservanza delle prescrizioni anche per evitare l’instaurarsi di prassi operative dissonanti. Anche un tale ragionamento appare frutto di illogica analisi delle circostanze fattuali addotte dalla parte ricorrente e frutto di travisamento della prova nella parte in cui risulta acquisito come certo il dato sulla frequenza della presenza del coordinatore, laddove lo stesso emerge soltanto dalle dichiarazioni spontanee dell’imputato e comunque non risulta richiamato da ulteriori elementi dichiarativi e documentali afferenti lo svolgimento dei lavori in cantiere. Sotto diverso profilo la giurisprudenza costantemente affermata da questa corte ha rappresentato che la disciplina della verifica dell’osservanza delle disposizioni del piano di sicurezza non si esaurisce in un controllo formale che si arresta ala progettazione e alle prescrizioni contenute dal PSC, ma si estende alla continua, assidua puntuale verifica dell’osservanza delle cautele indicate nel piano di sicurezza. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha non soltanto compiti organizzativi e di raccordo tra le imprese che collaborano alla realizzazione dell’opera, ma deve anche vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza. (Fattispecie nella quale si contestava all’imputato, nella suddetta qualità, di avere omesso di vigilare – non essendo assiduamente presente in loco – sulla corretta applicazione delle prescrizioni del piano di sicurezza dallo stesso redatto: la Corte, pur non configurando un obbligo di presenza continuativa in cantiere, ha ritenuto che l’imputato, nel corso delle periodiche visite, avrebbe dovuto informarsi scrupolosamente sullo sviluppo delle opere, verificando specificamente, per ciascuna fase, l’effettiva realizzazione delle programmate misure di sicurezza, che erano risultate in concreto non approntate (sez.IV, 14.6.2011 n.32142, 8.5.2008 n. 18472); in altra pronuncia al coordinatore per la sicurezza era demandato il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, e il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione; il coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve verificare, attraverso una attenta e costante opera di vigilanza, l’eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere (in relazione allo utilizzo di un ascensore non ancora collaudato ed in corso di installazione, sez.IV 26.11.2011 n.46820). Accertamento che nel caso in specie si poneva come prioritario e cogente atteso che la prassi di collocare il materiale da installare lungo in percorso che divideva in due la superficie della copertura della struttura edile per poi essere destinato alle singole file di supporti metallici che avrebbero sorretto i pannelli (alla stregua della fot 5 in atti) appariva ben radicata e frutto di una opzione esecutiva, ma del tutto preclusiva per gli operai di servirsi del passaggio in modo proprio.
9. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata agli effetti civili per l’assoluta carenza motivazionale in punto agli obblighi facenti capo al coordinatore della progettazione e della esecuzione del lavori, in punto al rilievo della sua posizione di garanzia in fase esecutiva che non risulta assorbita dalla presenza di altre figure di garanzia nella fase della esecuzione delle opere e alla verifica di eventuale collegamento eziologico tra la mancata osservanza di obblighi di assicurare il rispetto delle previsioni in materia di infortuni sul lavoro, pure contenute del PSC e di verifica puntuale in cantiere di prassi lavorative incongrue o pericolose, con l’evento occorso al dipendente della ditta esecutrice degli interventi di installazione dei pannelli fotovoltaici. Il rinvio va disposto ai sensi dell’art.622 c.p.p. al giudice civile competente per valore in grado di appello e pertanto alla Corte di Appello di Catania sez. civile, cui va altresì rimesso il regolamento delle spese tra le parti di questo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 19.1.2016

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