Repertorio Salute

Cassazione Civile, Ord. Sez. 6, 14 marzo 2016, n. 5004

Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’art. 53 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 non prevede un obbligo dell’assicurato di qualificare la malattia professionale denunciata, ma prescrive soltanto che alla denuncia sia allegata una relazione particolareggiata della sintomatologia accusata e di quella rilevata dal medico certificatore; ne consegue che non può essere considerata nuova, sia in sede di procedura amministrativa che in sede giudiziaria, una domanda di prestazione assicurativa per una malattia professionale la quale, ancorché non coincidente con quella denunciata, rientri pur sempre nel quadro della sintomatologia allegata e sia relativa alla lavorazione dedotta, trattandosi in tal caso di mera qualificazione sub specie “iuris” del fatto costitutivo allegato, consentita, in sede giudiziaria, anche al giudice d’appello, previo esperimento, se necessario, di nuova consulenza.


Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA
Data pubblicazione: 14/03/2016

FattoDiritto

La Corte di appello di Bologna, in riforma della decisione di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto della ricorrente E.B. all’indennizzo di cui all’art. 13 d.lgs n. 38 del 2000 rapportato ad una menomazione pari al 6% per danno da malattia professionale, ha respinto la originaria domanda, posto a carico definitivo della E.B. gli oneri della c.tu. di primo grado così come già liquidati e compensato le spese di lite residue del doppio grado.
Il decisum del giudice di appello è stato fondato, in dichiarata adesione alla giurisprudenza di questa Corte, espressa in particolare nelle sentenza n. 8281 del 1997 e n. 2133 del 2001, sul rilievo che la consulenza tecnica d’ufficio di primo grado a fondamento della sentenza impugnata, aveva preso in considerazione oltre alla discopatia cervicale, denunziata nella istanza amministrativa, anche la patologia del tendine e della spalla destra rispetto alle quali non era stata instaurata né la fase amministrativa né un rituale contraddittorio in giudizio.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso E.B. sulla base di due motivi : l’INAIL ha resistito con tempestivo controricorso .
Con il primo motivo parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.P.R. n. 1124 del 1965. Ha premesso che “dalla disamina della documentazione in atti” appariva evidente che le turbe della sensibilità accusate al braccio destro erano state sempre poste in relazione alla patologia cervicale di origine professionale; in particolare la consulenza di ufficio di primo grado aveva ritenuto che nell’insorgenza della patologia della spalla destra e negli episodi di cervicobrachialgia destra avevano avuto un ruolo, quanto meno concausale, i rischi legati sia ai compiti di scelta (posture), sia quelli relativi al pallettizzatore (movimentazione manuale di pallets e scatole piene e flessioni delle braccia oltre l’altezza delle spalle) specialmente in un soggetto già portatore di ipersuscettibilità da patologia del rachide cervicale. Il c.t.u. aveva quindi dato atto che la disestesia del braccio destro non era da considerare malattia professionale a sé stante ma mera conseguenza della patologia cervicale dedotta in giudizio. Argomentando da tali presupposti di fatto parte ricorrente si è doluta che il giudice di appello non avesse fatto corretta applicazione dell’art. 53 d.P.R. n. 1124 del 1965, secondo il quale 1’assicurato è onerato solo dell’obbligo di denuncia delle patologie dalle quali è affetto ed esonerato dalla descrizione particolareggiata dei sintomi. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 125 R.D. n. 1422 del 1924, dell’art. 57 della legge n. 153 del 1969 anche in relazione all’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. A sostegno del motivo ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, in tema di esonero dalle spese di lite, comprese quelle di consulenza tecnica d’ufficio da parte dell’assicurato soccombente Nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. il consigliere Relatore ha concluso per la inammissibilità del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio non condivide la proposta del relatore ritenendo, invece, fondato il primo motivo di ricorso, con effetto di assorbimento del secondo motivo.
Invero dal brano della consulenza di ufficio di primo grado riportato in ricorso risulta che la patologia della spalla destra è stata dall’ausiliare posta in relazione, quanto meno concausale, con la patologia del rachide cervicale, pacificamente denunziata dalla E.B. nella istanza amministrativa all’INAIL . Nella relazione peritale è inoltre evidenziato il ruolo che le posture adottate nello svolgimento dell’attività lavorativa avevano svolto nell’insorgenza e nella evoluzione della patologia della spalla.
In base a tali circostanze è da ritenere, quindi, che la originaria istanza amministrativa nella quale era denunziata la patologia del rachide cervicale dovesse ritenersi comprensiva anche alle ulteriori patologie alla prima connesse, in quanto rientranti nel medesimo quadro sintomatico, collegato all’adozione di determinate posture nell’espletamento dell’attività di lavoro .
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’art. 53 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 non prevede un obbligo dell’assicurato di qualificare la malattia professionale denunciata, ma prescrive soltanto che alla denuncia sia allegata una relazione particolareggiata della sintomatologia accusata e di quella rilevata dal medico certificatore; ne consegue che non può essere considerata nuova, sia in sede di procedura amministrativa che in sede giudiziaria, una domanda di prestazione assicurativa per una malattia professionale la quale, ancorché non coincidente con quella denunciata, rientri pur sempre nel quadro della sintomatologia allegata e sia relativa alla lavorazione dedotta, trattandosi in tal caso di mera qualificazione sub specie “iuris” del fatto costitutivo allegato, consentita, in sede giudiziaria, anche al giudice d’appello, previo esperimento, se necessario, di nuova consulenza.(v., tra le altre, Cass. n. 16138 del 2001, Cass. n. 2133 del 2001, Cass. n. 5600 del 1997 )
In applicazione di tali principi il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbito il secondo, e la sentenza cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altro giudice di secondo grado che si designa nella Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
In ragione dell’accoglimento del ricorso non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 d.p.r n. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
Roma, 14 gennaio 2016

Lascia un commento