IL 5 Aprile la School of Management della Bocconi ha organizzato un convegno dal titolo L’aggressività non paga.
Nel corso del convegno è stata presentata una ricerca condotta dal Dott. Massimo Magni, Direttore del’Area Organizzazione e Personale della stessa struttura. La ricerca sviluppata con la collaborazione dell’Inail Direzione regionale Lombardia, si è svolta su un campione di imprese lombarde per osservare quanto siano diffusi comportamenti aggressivi, sia all’interno delle organizzazioni, sia nella relazione tra gli attori organizzativi e l’ambiente esterno.
Annota Magni:
I risultati evidenziano luci ed ombre per le imprese lombarde. Una impresa su sette è a rischio. Se da un lato i fenomeni di elevata gravità sono molto limitati, dall’altro le imprese che presentano una elevata probabilità che si manifesti un fenomeno aggressivo sono il 14% e salgono al 68% se si considera una probabilità media di rischio. Andando oltre questo dato e guardando ai vari settori, livelli di aggressività più alti si denotano nei trasporti e nei servizi, ovvero dove vi è un maggiore livello di contatto con il cliente esterno.
Ma scattare una fotografia dell’aggressività nelle aziende non basta. È necessario comprenderne gli effetti e le fonti per stimolare azioni manageriali preventive e contenitive, che garantiscano benessere ai lavoratori e all’azienda. Dal punto di vista delle conseguenze organizzative, la ricerca ha messo in luce che l’aggressività non paga. I risultati delle interviste ai manager mostrano che le aziende con un elevato grado di aggressività sono meno innovative rispetto alla concorrenza, denotano minore produttività e faticano a sviluppare le competenze dei propri lavoratori. In generale, le aziende con alto grado di aggressività sono del 10% meno performanti.”
Quali sono i fattori organizzativi che stimolano fenomeni aggressivi?
Prosegue Massimo Magni:
Oltre a quelli esogeni, non direttamente controllabili (per es. la crisi), ve ne sono numerosi sui quali le aziende possono intervenire. Dal punto di vista del clima, le aziende con un elevato livello di aggressività destano una percezione di equità nella gestione delle persone del 15% più bassa rispetto alle aziende con bassa aggressività. Allo stesso modo, le aziende aggressive presentano un cinismo più esacerbato (+24%) e hanno un grado di implementazione di modelli di leadership ‘motivante’ inferiore alle aziende con un indice di aggressività più basso. Se invece prendiamo in considerazione le politiche Hr, le aziende a maggiore aggressività hanno un minore tasso di implementazione di pratiche dedicate al coinvolgimento e all’ascolto dei dipendenti (-8%). Allo stesso modo, politiche di selezione e carriera non trasparenti favoriscono l’emergere di fenomeni aggressivi: nelle aziende aggressive, la percezione che tali sistemi siano non trasparenti e soggetti al favoritismo è del 20% più alta.
Emerge quindi che aziende con organizzazioni poco chiare, con percorsi di carriera viziati da elementi che vanno oltre il merito e sconfinano nel clientelismo, nella fidelizzazione al Capo, dell’opacità delle capacità richieste pagano tutto ciò in termini di frustrazione e aggressività e quindi in una più lenta e complicata produzione, specie se si tratta di servizi, e un forte rischio che questo si scarichi non solo sui risultati, ma anche semplicemente nella relazione con il Cliente.
La ricerca evidenzia che
I fenomeni di aggressività sul lavoro risaltano solo quando si concretizzano in azioni di particolare gravità, mentre passano in secondo piano comportamenti dall’impatto più contenuto, ma importanti per gli effetti di medio-lungo periodo sull’individuo e sull’organizzazione. Nei luoghi di lavoro vi è un’aggressività più subdola, non necessariamente fisica, ma che si sostanzia nel tono della voce, nella gestualità, nelle minacce implicite, o nel sarcasmo, che possono rappresentare purtroppo l’anticamera di fenomeni più gravi.”
Le conclusioni sono che la buona notizia è nella positività di politiche preventive di tali fenomeni che li possa ridurre e perfino annullare. Per mettere a fuoco quali sono le politiche di prevenzione che possono ottenere risultati non possiamo che tornare alle politiche che puntano al Benessere organizzativo, di cui abbiamo parlato più volte.