Indennizzo da malattia professionale. Ricostruzione delle mansioni.
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 08/04/2016
Fatto
Il Tribunale di Termini Imerese, in accoglimento della domanda proposta da G.N., ha condannato l’INAIL all’indennizzo da malattia professionale commisurato ad un grado di invalidità permanente pari al 7% con decorrenza dal 15.2.2010, oltre accessori di legge.
Con sentenza del 4.7 – 23.7.2013, la Corte di appello di Palermo, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la originaria domanda. La statuizione di rigetto è stata adottata in dichiarata adesione agli esiti della consulenza disposta in secondo grado.
Per la cassazione della decisione propone ricorso G.N. sulla base di tre motivi.
L’INAIL resiste con controricorso.
Diritto
1. Col primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per avere la Corte d’appello omesso di rilevare il giudicato interno formatosi in relazione alle modalità di svolgimento della mansioni analiticamente descritte nel ricorso introduttivo e non oggetto di contestazione da parte dell’istituto assicuratore convenuto.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 194 c.p.c., 1° comma, 62 c.p.c., 1° comma, 87 disp. att. c.p.c., 90 disp. att. c.p.c., 2° e 3° comma, 345 c.p.c., 416 c.p.c., 116 c.p.c., 1° comma, 115 c.p.c., 1° e 2° comma, 420 c.p.c., 2697 c.c., 2907 c.c., 112 c.p..c e 111 Cost., nonché per omesso esame circa i medesimi fatti, decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.
Il ricorrente censura la decisione per avere aderito alla relazione peritale di secondo grado la quale aveva ricostruito le mansioni svolte e valutato il relativo rischio sulla scorta di nuova documentazione irritualmente acquisita dall’ausiliare. In particolare, sostiene che la consulenza tecnica di secondo grado è stata resa sulla base di due documenti, dei quali l’uno costituito dai pareri Contarp mai prodotti in giudizio, né versati in atti dal c.t.u. né mai comunicati ad esso ricorrente e l’altro su una nota Enel Distribuzione recante una ricostruzione a posteriori delle lavorazioni abitualmente svolte dagli operai ENEL della Sicilia. Assume che quest’ultimo documento sarebbe privo di valenza probatoria in assenza di specifiche allegazioni da parte dell’INAIL in relazione alle quali avrebbe dovuto fungere da elemento di riscontro.
3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 , 115, 116, 416 e 420 cod. proc. civ., dell’art. 111 Cost., degli artt. 167 e 168 del d.lgs n. 81/2008 e dell’allegato n. XXXIII, delle Tabelle di menomazione Inail, di cui alle voci n. 192 e 193 del D.M. 12.7.2000 e degli artt. 40 e 41 cod. pen., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, nonché in relazione al n. 5 dello stesso art. 360 c.p.c. per omesso esame circa i medesimi fatti, decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorrente censura la decisione per non essere la stessa stata fondata sulle prove proposte dalle parti, su circostanze incontestate e sulla adeguata valutazione delle prove acquisite. Sostiene che il giudice di appello ha negato la esposizione al rischio in base ad una ricostruzione delle mansioni effettuata dal consulente d’ufficio laddove, in base al principio di non contestazione, le mansioni espletate e le relative modalità di svolgimento dovevano ritenersi pacifiche, per cui la verifica del nesso di causalità della quale era stato incaricato l’ausiliare andava operata con riguardo al quadro probatorio già definito. Richiama, quindi, le osservazioni critiche formulate alla relazione peritale, intese ad evidenziare l’errore del consulente nella ricostruzione dei nesso di causalità. Osserva la Corte che la preliminare eccezione con la quale l’INAIL ha dedotto la improponibilità della domanda giudiziale per difetto della preventiva presentazione della istanza amministrativa è stata articolata in termini non coerenti con il principio dell’autosufficienza. Si premette che l’INAIL non deduce la mancanza in assoluto di un’istanza amministrativa ma la circostanza che la stessa era riferita a malattie del tutto diverse da quelle in base alle quali era stata proposta la domanda giudiziale. La deduzione è formulata omettendo ogni riferimento alla specifica vicenda processuale, indispensabile al fine di escludere la formazione del giudicato sulla questione della proponibilità della domanda. Invero, poiché la sentenza di primo grado, nell’accogliere la domanda del G.N., ha operato una valutazione, quanto meno implicita, di proponibilità, costituiva onere del l’INAIL dedurre di avere eccepito, nel ricorso in appello, il difetto di specifica istanza amministrativa. Questa Corte ha infatti chiarito che la parte vittoriosa in appello, che manifesti alla Cassazione la volontà di conseguire una decisione anche su una questione già ritenuta assorbita, ha l’onere non di proporre ricorso incidentale ma – per il principio di autosufficienza, operante anche nel controricorso ai sensi degli artt. 366, primo comma, nn. 3 e 4, e 370, secondo comma, cod. proc. civ. di indicare i termini esatti in cui la questione era stata sottoposta al giudice di appello, in modo tale da permettere alla Corte di Cassazione di verificare se essa possa ancora ritenersi “sub iudice” ( Cass. n. 5970/2011 ).
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica, (ex plurìmis Cass. n. 15961/2007). Parte ricorrente si è sottratta a tale onere. Infatti, la medesima ha riassunto in maniera dettagliata le articolate allegazioni svolte nella domanda introduttiva in merito al contenuto ed alle modalità di espletamento delle mansioni, ma ha del tutto omesso di riprodurre il contenuto delle difese dell’INAIL, limitandosi ad affermare, in termini assertivi, che l’ente, nella memoria di costituzione di primo grado, non aveva contestato il concreto atteggiarsi delle singole fasi lavorative come analiticamente ricostruite in ricorso. La rilevata omissione impedisce al Collegio la verifica della dedotta non contestazione e, quindi, della pretesa pacificità della circostanze lavorative che si assumono all’origine delle patologie denunziate, sulla quale è fondato il motivo in esame. Le modalità di articolazione della censura non possono, infatti, ritenersi idonee a soddisfare i requisiti di specificità, completezza e pertinenza prescritti dall’art. 366 cod. proc. civ., la cui osservanza postula che dal motivo possano evincersi con chiarezza i capi della decisione in ordine ai quali si sollecita il controllo di legittimità e le violazioni ascritte al giudice di merito, in funzione della necessaria verifica in ordine alla riconducibilità delle singole censure alle ipotesi tassativamente previste dall’alt. 360 cod. proc. civ., cui questa Corte è preliminarmente tenuta in ragione della stessa natura del ricorso per cassazione, quale mezzo d’impugnazione a critica vincolata (cfr. ex plurimis, CaSs., n. 20652 del 2009, 18202 del 2008, n. 15952 del 2007).
Il secondo motivo di ricorso è anch’esso infondato.
Parte ricorrente non ha dimostrato, mediante adeguato richiamo allo svolgersi della vicenda processuale e quindi in violazione del principio di autosufficienza, la pretesa difformità tra la ricostruzione delle mansioni operata dal consulente di secondo grado e gli elementi acquisiti. Tantomeno tale difformità può farsi derivare dal carattere pacifico delle allegazioni di cui al ricorso di primo grado, atteso che, come evidenziato nell’esame del primo motivo, le deduzioni del ricorrente si sono rivelate inidonee a sorreggere l’assunto della non contestazione da parte dell’INAIL delle circostanze allegate in domanda. Quanto ora rilevato assorbe l’ulteriore profilo attinente ai documenti utilizzati dall’ausiliare che si assumono o non versati in atti (pareri Contarp) o privi di valenza probatoria (Allegato A questionario INAIL compilato dalla datrice di lavoro Enel Distribuzione s.p.a.), in quanto è rimasta non dimostrata la decisività dell’errore a questi ascritto sotto il profilo della corretta individuazione dei contenuti e delle modalità di espletamento delle mansioni del lavoratore.
Infine, è da respingere per infondatezza anche il terzo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente, con articolate argomentazioni si duole, in sintesi, dell’acritica adesione prestata dalla Corte di merito alla relazione peritale che assume inficiata da una serie di errori.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione. ( ex plurìmis Cass. n. 16368 del 2014) Parte ricorrente non ha osservato tali prescrizioni, in quanto i brani della relazione peritale dì secondo grado riportati in ricorso non consentono di ricostruire in maniera compiuta il percorso seguito dal consulente nel pervenire all’esclusione del nesso di causalità tra l’attività espletata e le malattie professionali denunciate e, quindi, di valutare la decisività delle osservazioni critiche svolte dal ricorrente. L’articolazione del motivo risulta, inoltre, non coerente con la nuova configurazione del motivo di ricorso per cassazione di cui all’art. 360, comma primo n. 5 cod. proc. cìv. applicabile ratione temporis in ragione della data di pubblicazione – il 23.7.2013- della decisione impugnata, nella lettura data dal giudice di legittimità. Le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. ( Cass. ss.uu. n.8053 del 2014)
In particolare è stato precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). In conseguenza la parte ricorrente sarà tenuta ad indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni .di cui agli artt. 366, primo comma , n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso.
Il motivo di ricorso è formulato in termini che eludono tali indicazioni in quanto, premesso che alla luce della nuova formulazione dell’art. art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non possono trovare ingresso censure attinenti alla insufficienza e contraddittorietà di motivazione, si rileva che l’odierno ricorrente non ha neppure individuato il fatto
storico, avente carattere di decisività, oggetto di discussione fra le parti ed il cui esame è stato omesso dal giudice di appello.
Alla luce delle considerazioni che precedono il motivo di ricorso risulta inidoneo a validamente censurare la decisione impugnata.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Non ricorre l’ipotesi della domanda manifestamente infondata e temeraria al fini della rifusione delle spese del presente giudizio da parte del ricorrente soccombente (art. 152 disp. att. c.p.c., così come novellato a seguito della entrata in vigore dell’art. 42 del d.l. 30/9/03 n. 269, convertito nella legge 24/11/03 n. 326).
Ricorrono i presupposti di legge per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato di cui in epigrafe.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 de! 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 2 dicembre 2015