Servizi di igiene ambientale: sospensione del periodo di prova in caso di infortunio sul lavoro.
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: VENUTI PIETRO
Data pubblicazione: 17/06/2016
Fatto
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 19 marzo 2010, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda proposta da S.F. nei confronti di G.P., titolare dell’omonima ditta.
Il lavoratore aveva lamentato di essere stato assunto quale operaio ecologico; di aver subito un infortunio sul lavoro il 15 giugno 2004 e di essere stato licenziato nonostante si trovasse assente per tale causa. Aveva altresì lamentato la mancata corresponsione della retribuzione relativa a diciotto mensilità, pari ad € 12.000.
La Corte d’appello, nel rigettare l’impugnazione, ha osservato che gli elementi addotti dal lavoratore a sostegno del gravame non tenevano conto che si trattava di un rapporto a tempo determinato, sul quale non v’era contestazione, e che la cessazione del rapporto non era stata determinata dal licenziamento ma dalla sua naturale scadenza. Conseguentemente non poteva trovare applicazione il principio secondo il quale la malattia sospende il licenziamento, “nel senso che la sua efficacia è rimessa alla data di cessazione della causa di legittima sospensione”.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il lavoratore, affidato ad un solo motivo. La ditta G.P. è rimasta intimata.
Diritto
1. Con l’unico motivo del ricorso il ricorrente deduce che la Corte di merito ha ignorato l’esistenza di un contratto collettivo per i dipendenti da imprese esercenti servizi di igiene ambientale, che prevede (art. 10), in caso di infortunio durante il periodo di prova, che il contratto rimanga sospeso per sei mesi e comunque sino alla guarigione clinica accertata dall’INAIL. Per effetto di tale disposizione contrattuale egli aveva diritto, nel periodo anzidetto, al pagamento delle retribuzioni.
Aggiunge il ricorrente, a “titolo di cronaca”, che il titolare della ditta G.P. è stato condannato in primo grado, dal Tribunale di Pisa, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, in relazione all’Infortunio da lui subito.
2. Il ricorso è inammissibile sotto un duplice profilo.
A norma dell’art. 366, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa.
Questa Corte ha più volte affermato che, ai fini della sussistenza di tale requisito, è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. 12 giugno 2008 n. n. 15808; Cass. 9 marzo 2010 n. 5660 e, in precedenza, fra le altre, Cass. 24 luglio 2007 n. 16315; Cass. 31 gennaio 2007 n. 2097).
Nella specie il ricorso è del tutto privo della esposizione dei fatti di causa, avendo il ricorrente, dopo aver rassegnato le conclusioni, esposto i motivi a sostegno del ricorso, come sopra trascritti.
3. Sotto altro profilo, si osserva che la questione dedotta dal ricorrente a sostegno del gravame (sospensione del periodo di prova in caso di infortunio sul lavoro) non risulta trattata dalla Corte merito. Il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, non deduce di averla sottoposta all’esame del giudice d’appello né, tanto meno, ne espone i termini, trascrivendone il contenuto, ai fine di consentire al giudice di legittimità il controllo demandatogli.
4. Infine, e per completezza, il ricorrente, nel richiamare il contratto collettivo per i dipendenti da imprese esercenti servizi di igiene ambientale, omette di produrlo unitamente al ricorso, incorrendo, ai sensi dell’art. 369, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., anche nella sanzione di improcedibilità.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, essendo la ditta G.P. rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma in data 7 aprile 2016.