Repertorio Salute

Cassazione Civile, Sez. Lav., 22 giugno 2016, n. 12908

Nesso di causa tra la patologia alla caviglia e l’infortunio in itinere.


Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: RIVERSO ROBERTO
Data pubblicazione: 22/06/2016

Fatto

Con la sentenza n.340/2011, pubblicata il 4.10.2011, la Corte d’Appello di Venezia accoglieva parzialmente l’appello dell’INAIL contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Treviso con cui era stata accolta la domanda di J.T. volta ad ottenere il riconoscimento del maggior grado di inabilità, superiore al minimo indennizzabile, conseguente all’infortunio in itinere subito il 17 maggio 2004, per il quale l’INAIL gli aveva attribuito una percentuale del 4%. La Corte riduceva al 10% l’entità del danno biologico, già determinato dal giudice di primo grado nel 14%, escludendo che potesse computarsi il deficit motorio della caviglia destra (stimato pari al 4% di danno biologico) per difetto di prova del nesso casuale con lo stesso infortunio subito dal lavoratore.
La Corte d’Appello affermava che sul punto il ctu avesse formulato numerose ed articolate riserve in quanto: il certificato relativo alla lesione non era stato rilasciato nell’immediatezza ma soltanto ad un mese dall’infortunio; nessun altro certificato tra i 16 redatti da 7 medici dopo l’infortunio facevano riferimento alla caviglia destra; mancavano immediate prescrizioni terapeutiche e indagini diagnostiche di approfondimento (alle quali il lavoratore si era sottoposto l’anno dopo); il certificato del 17.6.2004 non era stato esibito all’INAIL fino al 6.5.2005.
Avverso detta sentenza J.T. ha proposto ricorso affidando le proprie censure ad un unico motivo con il quale chiede la cassazione integrale della sentenza. Resiste INAIL con controricorso.

Diritto

1.- Con l’unico motivo il ricorso lamenta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione (art.360 co. 1 n. 5 c.p.c.) quanto alla determinazione dell’entità del danno biologico subito dal lavoratore in ragione dell’Infortunio del 17.5.2004, oltre che con riguardo all’asserita insussistenza del nesso di causalità tra il predetto infortunio ed il danno alla caviglia destra; atteso che la Corte aveva completamente tralasciato di considerare gli elementi favorevoli alla tesi del lavoratore e condivisi anche dal ctu il quale aveva riconosciuto che anche il danno alla caviglia fosse eziologicamente riconducibile all’Infortunio e che i suoi esiti fossero da computare nella valutazione del danno biologico ex art. 13 del d.lgs. 38/2000 complessivamente derivato da tale infortunio. Il ctu infatti – confermando la tesi del lavoratore il quale aveva sostenuto che dopo l’infortunio aveva avvertito i dolori alla caviglia con minori intensità rispetto alle altre lesioni – aveva attestato che “la comune letteratura medica attesta che le malattia articolari su base di una lesione osteocondrale hanno in genere una subdola insorgenza ed una lenta evoluzione”. Inoltre in sede di chiarimenti lo stesso ctu confermava che le medesime lesioni, in quanto “contraddistinte da insorgenza subdola dopo un trauma, possono essere trascurate dagli stessi pazienti o non riconosciute precocemente dagli stessi medici precludendo cosi eventuali trattamenti che, se effettuati subito potrebbero prevenire le conseguenze menomanti all’articolazione tibio tarsica”; parlando in seguito di patologia caratterizzata “da un decorso subdolo tanto da poter essere spesso riconosciuta tardivamentee precisando che “le sollecitazioni meccaniche al piede e alla caviglia si possono realizzare e sono descritte in letteratura anche durante collisioni tra due autoveicoli, come nel caso di specie”.
La sentenza per contro in nessun modo spiegava le ragioni in base alle quali aveva disatteso le difese del lavoratore avvalorate dal Ctu.
1.1. – Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso è autosufficiente in quanto risultano riportate le parti pertinenti e salienti della consulenza tecnica, ritenute insufficientemente o erroneamente valutate ed addirittura disattese dal giudice di merito, e sono state svolte concrete e puntuali critiche alla omessa e contestata valutazione, consentendo il pieno apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione denunciato; sicché il motivo di ricorso non si limita all’invito ad una diversa ricostruzione dei fatti o ad una diversa valutazione delle prove (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 4885 dei 07/03/2006).
1.2. Nel merito il motivo è fondato, posto che il giudice territoriale non ha dato conto dei motivi per cui ha disatteso il motivato giudizio positivo del ctu sul riscontro del nesso di causa tra la patologia alla caviglia e l’infortunio in itinere; giudizio già posto dal giudice di primo grado a fondamento della pronuncia con la quale era stato determinato nel 4% di danno biologico permanente il deficit dei movimenti dell’articolazione della caviglia dx con edema saltuario.
La Corte si è limitata invece ad esporre le ragioni di criticità riscontrate nella vicenda dal ctu, senza però minimamente accennare al fatto che lo stesso ctu fosse poi pervenuto, in base ad un più articolato ragionamento – fondato su circostanze ed argomenti ritenuti prevalenti – al superamento delle perplessità espresse ed avesse perciò concluso per il riconoscimento del nesso casuale; supportato dal giudice di primo grado anche con autonome considerazioni.
1.2- La motivazione appare perciò contraddittoria ed omessa in quanto la Corte avrebbe dovuto dar conto semmai dei motivi per cui quelle poste dal ctu a fondamento del proprio riconoscimento non fossero eventualmente ragioni plausibili. Motivi che la sentenza omette del tutto di riferire. Ricorre pertanto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art.360, 1 comma n. 5 nella versione introdotta dal d.lgs. 2.2.2006 n. 40 ed applicabile ratione temporis.
2.- La sentenza impugnata va quindi cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione la quale, attenendosi ai principi qui espressi, dovrà procedere ad un nuovo giudizio. Il giudice di rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2016

Lascia un commento