Polizza assicurativa e responsabilità del datore di lavoro per infortuni ai propri dipendenti.
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO
Data pubblicazione: 03/10/2016
Fatto
1. — Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno subito per un infortunio sul lavoro da R.B. nei confronti della T. e del suo amministratore C.G., il Tribunale di Chiavari respinse la domanda di manleva e garanzia avanzata da costoro nei confronti della Nuova Tirrena Spa sull’assunto che la polizza stipulata tra le parti non coprisse la responsabilità del datore per gli infortuni dei dipendenti se non per le somme oggetto di rivalsa da parte dell’Inail.
Con sentenza del 13 maggio 2011 la Corte di Appello dì Genova ha respinto l’appello sul punto proposto da parte soccombente, ritenendo – per quanto qui ancora rileva – che “nessuna modifica o novazione del contratto di assicurazione vi è stata … avuto riguardo alla circolare inviata alla T. dall’assicurazione e quindi ad una possibile novazione stipulata ex art. 1333 c.c., come sostenuto dalla società”.
Rammentando un precedente di questa Corte (Cass. n. 6621 del 1981) secondo cui le modalità di conclusione del contratto stabilite da detta disposizione valgono solo per i contratti con obbligazioni a carico del solo proponente e pertanto non operano in riferimento al contratto di assicurazione atteso che tale contratto è produttivo di obbligazioni a carico di entrambe le parti in regime di corrispettività, i giudici d’appello hanno ritenuto che la circostanza che nella fattispecie “si sarebbe trattato (non della stipula dell’originario contratto, ma) di novazione del contratto di assicurazione non vale certo a modificare i termini della questione”.
2. — Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C.G., in proprio e quale rappresentante di T. Srl, con un unico articolato motivo. Ha resistito Groupama Assicurazioni Spa (già Nuova Tirrena Spa) con controricorso illustrato da memoria.
Diritto
3. — Con il motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1230, 1231, 1321 e 1333 c.c., sostenendo che il patto modificativo di un già esistente contratto di assicurazione, ove consista nell’assunzione a carico di una parte di una obbligazione ulteriore, senza specifico corrispettivo, può essere concluso nella forma semplificata dell’art. 1333 c.c..
Si rammenta che, a far data dal 1993, era vigente fra T. e la compagnia assicuratrice una polizza per la responsabilità civile non estesa al danno biologico subito dai dipendenti in conseguenza degli infortuni; si deduce che, in data 18 marzo 1997, l’assicuratore aveva fatto pervenire alla società una comunicazione nella quale dichiarava di volere venire incontro alle accresciute esigenze della realtà imprenditoriale “ridefinendo l’art. 13 della polizza (“oggetto dell’assicurazione”) con l’inserimento di un comma nel quale si prevedeva che l’assicurazione avrebbe compreso i danni non rientranti nella disciplina del DPR n. 1124/1965 cagionati a prestatori di lavoro per morte o per lesioni personali dalle quali derivava una invalidità permanente non Inferiore all’11 %”; si ammette che “detta comunicazione dell’assicuratore non fu specificamente riscontrata da T.”, ma, contrariamente all’assunto della Corte territoriale, sì opina che, per l’estensione della copertura assicurativa con l’assunzione di una obbligazione a carico del solo proponente, opererebbe il meccanismo di cui all’art. 1333 c.c., con la conseguenza che, mancando il rifiuto della proposta da parte della società, la stessa dovrebbe intendersi accettata.
E’ controversa, dunque, l’interpretazione e la conseguente applicazione alla fattispecie di causa dell’art. 1333 del codice civile che così dispone:
“La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata.
Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso. ”
Esso comporta una forma semplificata di conclusione del contratto, la quale è comunque rimessa all’incontro dei consensi, ancorché l’accettazione sia presunta per il mancato rifiuto nei termini (v. Cass. n. 6670 del 2009).
La ratio della disposizione risiede nel fatto che al destinatario della proposta possono derivare soltanto vantaggi dal contratto medesimo (Cass. n. 5748 del 1987).
4. — Il Collegio reputa la censura infondata in continuità con precedenti, sebbene risalenti, di questa Corte.
I giudici d’appello hanno correttamente ricordato Cass. n. 6621 del 1981 secondo cui:
“Le disposizioni dettate dall’art. 1333 cod. civ., …, si riferiscono ai contratti con obbligazioni a carico del solo proponente, e, pertanto, non possono essere invocate con riguardo alla proposta rivolta all’assicuratore per la conclusione di un contratto assicurativo, ancorché accompagnata dal versamento di una rata del premio, atteso che tale contratto è produttivo di obbligazioni a carico di entrambe le partì in relazione di corrispettività”.
L’orientamento non muta se in luogo della stipula dell’originano contratto si tratti di una modifica successiva del medesimo, tanto che Cass. n. 1064 del 1975 così statuisce:
“Come per la costituzione, cosi per la modificazione del contratto di agenzia, che è un contratto a prestazioni bilaterali, occorre l’incontro dei consensi secondo l’ordinario meccanismo predisposto dall’art 1326 c. c., e pertanto alla proposta del preponente diretta, in esito a trattative, ad aumentare la provvigione ma con una certa decorrenza, non è applicabile il disposto dell’alt. 1333 stesso codice, dettato per i contratti con obbligazioni per il solo proponente”.
Secondo tale principio l’art. 1333 c.c. non può operare per gli accordi modificativi di contratti a prestazioni bilaterali, sebbene con essi si intendano assumere obbligazioni a carico del solo proponente.
L’assunto va condiviso.
La disposizione codicistìca testualmente si riferisce alla conclusione di un contratto e non alla modifica di esso: va interpretata in senso letterale in considerazione della peculiare forma di conclusione del negozio, che si perfeziona in virtù del mancato rifiuto della proposta, silenzio al quale la legge eccezionalmente assegna un valore significativo.
Tanta rilevanza assume il fine di evitare che la sfera giuridica del soggetto possa essere interessata dalla sola manifestazione di volontà altrui che questa Corte, nonostante la fattispecie del c.d. contratto unilaterale si sottragga normativamente allo schema generale di formazione contrattuale, ha ritenuto che l’inefficacia della proposta possa desumersi, oltre che da un rifiuto espresso, anche da un comportamento inequivocabilmente apprezzabile come dettato dalla volontà di non avvalersi di quella proposta (v. Cass. n. 11391 del 2001).
In definitiva l’art. 1333 c.c. non è applicabile quando la dichiarazione unilaterale con cui il proponente assume l’obbligazione nei confronti del
destinatario non è costitutiva di un nuovo rapporto contrattuale ma si inserisce in un preesistente programma negoziale scaturente da un contratto bilaterale con obbligazioni a carico di entrambe le parti.
In tali casi l’assenza di pesi economici per il destinatario della proposta, cui è ispirata la ratio della norma in esame, non può essere misurata avuto riguardo al sìngolo patto modificativo, ma deve essere valutata nell’ambito del contratto ir cui esso si inserisce ed il meccanismo agevolativo di formazione del consenso non è operante se detto contratto prevede obbligazioni non solo per il proponente.
5. — Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 giugno 2016