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Partecipare o collaborare

C’è una differenza tra i concetti di partecipazione e collaborazione, ai quali potremmo aggiungere quello di cooperazione. Cerchiamola nelle definizioni maggiormente accreditate presso il mondo accademico.

La cooperazione è una struttura di interazione che, unendo il lavoro di più persone in un gruppo, agevola il raggiungimento dello scopo condiviso.

La collaborazione è centrata sull’individuo che apprende dalle abilità e dai contributi dei colleghi.

La partecipazione identifica un’azione mediante la quale si prende parte, si interviene, ad un evento e in alcuni casi si condivide tale esperienza.

La differenza a quanto pare è sottile, ma esiste. La cooperazione è soprattutto un metodo di lavoro, la collaborazione una istanza che può contemplare o meno una gerarchia tra le persone, mentre la partecipazione si risolve in attività ed esperienze condivise su un piano comune dall’inizio alla fine.

L’EU-OSHA, l’Agenzia europea che si occupa della salute e della sicurezza dei lavoratori, indica nella partecipazione l’elemento centrale nello sviluppo delle politiche aziendali di prevenzione. Questo non esclude le altre modalità che abbiamo elencato, ma privilegia quest’ultima. Perché?

Le ragioni sono presto dette. Abbiamo più volte parlato dell’attenzione ipertrofica ai comportamenti individuali dei lavoratori, alla necessità dunque della formazione, dell’apprendimento, dell’addestramento come mezzi per aumentare la consapevolezza dei singoli nei confronti dei rischi presenti sul luogo di lavoro e delle condotte da tenere. Abbiamo anche accennato alla tensione che spesso si produce quando si verifica un accrescimento delle conoscenze dei singoli e della cultura del gruppo di lavoro, tra queste e il complesso della cultura interna all’azienda.

Alcuni pensano che l’azienda abbia il solo dovere di istruire e sorvegliare gli atteggiamenti individuali, altri che in mancanza di una cultura o di un clima culturale comune i singoli possano “dimenticare” ciò che hanno appreso, per conformarsi alle idee che collettivamente vigono in quel posto di lavoro.

Coloro che sostengono la prima idea, spesso hanno un retropensiero: “Ti ho istruito a dovere, adesso se accade qualcosa di sbagliato è solo a causa tua”. Insomma puntano a prevenire, ma forse e soprattutto a scaricare le responsabilità di possibili errori. C’è qui un elemento da prendere in considerazione: se per i bambini la fase educativa passa necessariamente per una trasmissione unilaterale da chi conosce a chi non conosce, per gli adulti non è così. Fasi nozionistiche, magari a carattere tecnico, possono esserci anche per gli adulti, ma fondamentalmente la persona che esercita una professione ha già una sua esperienza e una sua cultura, una personalità strutturata che non potrà modificare sulla base di qualche ora di formazione.

Il training deve essere più lungo, e fin dall’inizio centrato sulla condivisione delle ragioni che sottostanno ai comportamenti richiesti e sulla concreta esperienza che tali comportamenti sono effettivamente più efficaci.

Questo ci dice la disciplina che studia la formazione degli adulti. Allora la partecipazione, come costante confronto e scambio tra culture, esperienze, modalità consolidate da parte di chi insegna e di chi apprende, si rivela l’arma imbattibile per il raggiungimento degli obiettivi comuni quale quello del benessere collettivo.

Da ciò derivano le indicazioni europee illustrate in più di un documento ufficiale:

  • coinvolgendo i lavoratori nella fase di pianificazione di una determinata questione, questi potranno individuare con maggiore probabilità i problemi e le loro cause, contribuire all’identificazione di soluzioni pratiche e conformarsi al risultato finale;
  • se ai lavoratori viene offerta l’opportunità di partecipare all’elaborazione di sistemi di lavoro sicuro, questi potranno fornire consulenza e suggerimenti, nonché richiedere miglioramenti, contribuendo in tal modo allo sviluppo di misure di prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali in modo tempestivo e vantaggioso in termini di costi;
  • se coinvolti fin dall’inizio, i lavoratori percepiranno la responsabilità legata alla ricerca della soluzione;
  • si verificherà un miglioramento della comunicazione e della motivazione in generale.

A cui si aggiunge :

  • la partecipazione dei lavoratori contribuisce all’elaborazione di misure realistiche ed efficaci volte a proteggere i lavoratori.

Certo è più semplice nel breve periodo impartire indicazioni, obbligare i comportamenti, ma nel lungo periodo solo una crescita comune permette di cambiare davvero.

 

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