Smontaggio del ponteggio, PIMUS e preposto straniero. Violazioni di un datore di lavoro.
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 10/03/2016
Fatto
1. Il tribunale di Milano con sentenza del 6 marzo 2015 condannava C.E.P. alla pena complessiva di € 11.000,00 di ammenda
(capo 1- art 159, comma 2 lettera B, 136 comma 6, d. Lgs 81/2008, perché, in qualità di titolare dell’Impresa individuale Ranch La R. di C.E.P. e quindi di datore di lavoro, presso il cantiere edile sito in Milano, via Omissis, ometteva di assicurare che il ponteggio fosse smontato sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d’arte (con specifico riferimento all’impiego di sistemi anticaduta) e conformemente al PIMUS.
Accertato in Milano 5 maggio 2011;
capo 2- art. 159, comma 2 lettera B, 136, comma 1, d. lgs 81 del 2008, perché, nella medesima qualità di cui al capo precedente presso il medesimo cantiere, ometteva di redigere PIMUS con contenuti minimi conforme a quanto disposto dall’allegato XXII, del d. lgs n. 81 del 2008; in specie si accertava che il piano predisposto tra l’altro era privo della descrizione del luogo, contesto e della particolarità del cantiere e del ponteggio, non vi era l’identificazione del datore di lavoro e della squadra addetta allo smontaggio, era privo di planimetria, nonché dell’esito della verifica del piano di appoggio della portata della superficie, mancava la descrizione dei DPI effettivamente utilizzati di quella relativa alle attrezzature utilizzate nell’operazione di montaggio e smontaggio. Accertato in Milano il 5 maggio 2011;
capo 3- art. 55, comma 5, lettera C, 37, comma 7, d. lgs. 81 del 2008, perché, nella medesima qualità di cui ai capi precedenti presso il medesimo cantiere, ometteva di assicurare che i preposti ricevessero un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute sicurezza del lavoro, con particolare riferimento alle loro mansioni in cantiere e in materia di montaggio / smontaggio ponteggi.
Accertato in Milano 5 maggio 2011;
per il capo 4, assoluzione perché il fatto non sussiste).
2. C.E.P. propone ricorso – appello. Trasmesso a questa Corte-, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Assoluzione perché il fatto non sussiste.
P. era il preposto nominato formalmente in sostituzione di C.M. in fase di smontaggio del ponteggio. L’attestazione di nomina del 4 maggio 2011 è in atti. Il teste della difesa B. ha riferito della regolarità del PIMUS.
Il piano operativo di sicurezza del 1 febbraio 2011 è completo delle previsioni legislative. Erra quindi il giudice nel ritenerlo incompleto e non idoneo.
L’aggiornamento costante dei lavoratori è stato effettuato, il teste P. – preposto – ha svolto il corso di aggiornamento. Il giudice commenta nella sentenza la lettura stentata della formula di giuramento (il teste è straniero) e configura un deficit cognitivo di P.
Ha chiesto quindi l’assoluzione e in via subordinata la riduzione della pena, con il riconoscimento delle generiche.
Diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
L’appello, trasmesso a questa Corte per il principio di conservazione degli atti, e di favore per le impugnazioni, è oltremodo generico, aspecifico, e tenta di rileggere i fatti con valutazione diversa del contenuto delle testimonianze.
In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).
In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 – dep. 31/03/2015, O., Rv. 262965). In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 – dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).
La sentenza impugnata con adeguata motivazione, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ricostruisce i fatti e determina la penale responsabilità del ricorrente quale datore di lavoro, titolare della ditta “Ranch La R. di C.E.P.”, come da visura camerale. Gli addebiti originano dai sopralluoghi effettuati in data 5 maggio 2011 e 17 maggio 2011, presso il cantiere edile sito a Milano, via Omissis, dagli ufficiali di polizia giudiziaria della Asl di Milano, che accertavano a carico del suddetto una pluralità di violazioni, penalmente rilevanti, delle regole in materia di prevenzione infortuni e di sicurezza sul lavoro. All’imputato in qualità di datore di lavoro veniva intimato di rimuovere le violazioni, entro il termine di 20 giorni. Decorso il tempo indicato, a seguito di un ulteriore sopralluogo del 29 giugno 2011 e di successivi contatti con il ricorrente, dopo la concessione di ulteriori proroghe, l’organo di vigilanza constatava la mancata ottemperanza alle prescrizioni suindicate, dando comunicazione alla procura per l’azione penale.
La sentenza analizza le prove orali e documentali, raccolte nel dibattimento, e inoltre, il giudicante, direttamente constatava che l’operaio P., indicato quale preposto, non riusciva nemmeno a leggere in italiano la dichiarazione d’impegno a dire la verità; il deficit cognitivo per la sentenza di primo grado assume un particolare rilievo, ove si consideri che il preposto ha il compito di vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori delle indicazioni contenute nel PIMUS, e che tale documento è stato redatto solo in lingua italiana.
Inoltre la teste S., funzionario dell’ Asl, che ha effettuato i sopralluoghi ha riferito esaurientemente lo stato dei luoghi, nonché i pericoli che il cantiere presentava. All’atto del primo accesso, vi erano due operai, P. e Bo., uno impegnato a smontare i componenti del ponteggio, l’altro collocato al piano terra ed addetto alla ricezione degli elementi smontati. L’addetto allo smontaggio, non essendo più protetto dall’imbracatura, ormai in via di rimozione e dal parapetto, era privo di un dispositivo di protezione individuale anticaduta; egli lavorava in quota ad un’altezza di circa 6/8 m e non indossava l’imbracatura di sicurezza. Per l’operaio che lavorava a terra S. ha individuato delle criticità relative alla movimentazione degli elementi del ponteggio con notevole rischio di caduta dall’alto del materiale e il pericolo di lesioni. Il rischio di caduta di materiale dall’alto il pericolo di lesioni interessava sia il lavoratore e sia eventuali passanti, che entravano nello stabile. Mancava inoltre il preposto, che organizzasse e vigilasse sul corretto svolgimento delle operazioni di smontaggio; P. dichiarava di non essere lui il preposto.
Relativamente alla genericità del PIMUS il funzionario della Asl, S. ha riferito che non era descritto il luogo, il contesto e la particolarità del cantiere (del ponteggio), erano indicati i nominativi dei lavoratori ma non veniva identificata la squadra di lavoro; il disegno esecutivo non era richiamato nè era allegato al PIMUS e mancava un layout di cantiere; non era indicata la zona in cui dovevano essere stoccati i materiali, che progressivamente venivano smontati e accatastati; mancava l’esito della verifica del piano di appoggio, la portata della superficie, l’omogeneità, la ripartizione del carico ecc.
Per il capo 3 della rubrica, il ricorrente aveva fatto pervenire, successivamente al sopralluogo, la nomina del preposto per il cantiere di via Omissis (l’operaio P.). Sul punto la S. riferiva che non era stato assicurato un’effettiva formazione specifica sui luoghi di lavoro, considerato che il medesimo P. aveva svolto solo un corso come pontista. La sentenza impugnata inoltre analizza adeguatamente, senza contraddizioni, e senza manifesta illogicità, anche la documentazione fornita dalla difesa – produzione documentale dell’udienza del 4 febbraio 1015 – nonché le prove testimoniali richieste dalla difesa, e conclude che era stata omessa una specifica e adeguata formazione per i preposti; ritenendo, quindi, non adeguata e non specifica la formazione pure effettuata dalla ditta. Infatti, al test di verifica somministrato dall’ispettrice S. emergeva una formazione non adeguata, con delle gravi lacune.
A fronte di una decisione molto dettagliata e precisa l’atto di appello (trasmesso a questa Corte) solo genericamente contesta la ricostruzione in fatto del Giudice, ma non indica elementi idonei, oggettivi, presenti negli atti per un intervento di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di € mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/03/2016