Di cosa si parla quando si parla di “interferenza”?

Di interferenza, e della valutazione dei rischi che questa comporta, si parla nell’art. 26 del D.Lgs. 81/2008  – Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione. Al comma 2 è scritto:

Nell’ipotesi di cui al comma 1 (affidamento di lavori a terzi. Ndr), i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
(…)

Quindi il comma 3 aggiunge:

Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture.

Va sottolineato che il DUVRI “definitivo” sarà tale solo dopo che si renderanno noti i rischi effettivi dell’azienda. In un documento elaborato dall’Inail si dice che

il DUVRI non può prescindere, da parte della Stazione appaltante, dalla conoscenza della ‘tecnologia’ della ditta che dovrà eseguire il lavoro, il servizio o la fornitura.

La procedura corretta comprende dunque la trasmissione di una ‘informativa’ allegata alla richiesta di offerta

dove è evidenziata la natura del contratto e la ‘fotografia’ del luogo di lavoro ai fini della possibile insorgenza di rischi da interferenza e poi, al momento della definizione del contratto, la redazione, sulla base anche delle indicazioni della ditta, del DUVRI da allegare al contratto.

Il concetto di interferenza ha sollevato non pochi interrogativi. Per questo sono intervenute diverse sentenze, che hanno cercato di definire con maggior precisione cosa vada inteso con tale termine.

Da alcuni pronunciamenti della Corte risulta evidente che la questione principale non sta nel tipo di rapporto contrattuale che intercorre tra l’appaltante e l’appaltatore,  quanto nell’effetto che tale rapporto crea, e cioè l’interferenza tra organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per entrambi i lavoratori delle imprese coinvolte.

Il 9 Novembre 2015, la Cassazione Penale Sez. IV con la sentenza n. 44792, definisce il concetto di interferenza, affermando che

il concetto di “interferenza”, da cui sorgono gli obblighi di coordinamento e cooperazione,(…), non viene definita dal D.Lgs. 81/2008, ma una sua definizione normativa la si può rinvenire nella Determinazione n. 3/2008 dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che la intende come “circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale tra imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti.

Il riferimento secco alla Circolare però non è sufficiente. È necessario andare a rileggersi due sentenze precedenti a quella del Novembre 2015 per capire cosa s’intenda per “contatti rischiosi tra personale”.

La Corte, in due sentenze, aveva definito questi contatti correggendo apparentemente l’interpretazione letterale data alla Circolare citata. Diceva, infatti, la Corte:

l’accezione di “interferenza” tra impresa appaltante ed impresa appaltatrice non può ridursi, ai fini della individuazioni di responsabilità colpose penalmente rilevanti, al riferimento alle sole circostanze che riguardano “contatti rischiosi” tra il personale delle due imprese, ma deve fare necessario riferimento anche a tutte quelle attività preventive, poste in essere da entrambe antecedenti ai “contatti rischiosi” […] destinate, per l’appunto, a prevenirli”(Cassazione Penale, Sez. IV 10 Febbraio 2012, n. 5420 e 21 Febbraio 2012, n. 6857)

Mi sembra chiaro quindi che la sentenza del 2015 vada letta partendo dalla definizione di “interferenza” data dalla Circolare 3/2008, ma intendendo come “contatti rischiosi” quelli indicati dalle due sentenze del 2012. A cui si aggiunge un ulteriore elemento.

Se il committente offre solo il luogo di lavoro è per questo escluso da ogni responsabilità nei confronti dei lavoratori che operano in quel luogo anche se sono dipendenti da altre ditte ?
Anche su questo c’è un pronunciamento che nega l’assenza di responsabilità in questi casi. Perché?

Sempre rifacendosi alla Sentenza del 9 novembre 2015, n. 44792, la Corte invita a guardare alla ratio della norma.

La ratio della norma è quella di tutelare i lavoratori appartenenti ad imprese diverse che si trovino ad interferire le une con le altre per lo svolgimento di determinate attività lavorative e nel medesimo luogo di lavoro. In particolare, la ratio della norma di cui all’art.26 D.Lgs 81/2008 è quella di far sì che il datore di lavoro “committente” appresti un segmento all’interno della propria azienda al fine di prevenire ed evitare i rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla circostanza dovuta alla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all’ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa.

Il punto quindi non è legato al tipo di rapporto civilistico tra imprese, ma

quanto l’effetto che tale rapporto crea, cioè l’interferenza tra organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per entrambi i lavoratori delle imprese coinvolte.

In questo contesto la Corte introduce un altro termine: interferenza rilevante, coerente con la definizione di contatti rischiosi come non meramente riconducibili solo alle circostanze in cui si incontra il personale delle diverse ditte, ma al complesso delle attività messe in campo per prevenire danni.

La Corte spiega che per:

L’interferenza rilevante (…) deve essere necessariamente intesa in senso funzionale, ossia come interferenza non di soli lavoratori, ma come interferenza derivante dalla coesistenza di un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi (Così Sez. IV, Sentenza n. 36398 del 23 maggio 2013). Quindi non solo lavoratori, ma modelli organizzativi che s’incontrano in un luogo produttivo.

Se non fosse chiaro quanto fin qui scritto, riportiamo una recentissima sentenza sempre della stessa Corte, emessa il 20 Marzo 2017 con il n. 13456, la quale ribadisce che

ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e di cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art. 26 D.Lgs. 81/2008, occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quali il contratto di appalto, di opera o di somministrazione, ma all’effetto che tale rapporto origina, ovvero alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per la incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte.

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