Guardia giurata e aggressione durante il servizio di vigilanza: fatto dannoso imputabile non alla violazione dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod.civ., ma alla condotta negligente del lavoratore.
Fatto
L.L ha convenuto in giudizio la S.p.a. F. esponendo di aver lavorato alle dipendenze della società come guardia particolare giurata e di essere stato adibito al servizio di vigilanza e piantonamento mobile presso un residence di Guidonia; durante tale attività era stato aggredito da un uomo introdottosi abusivamente nel comprensorio, riportando lesioni. Ha chiesto quindi la condanna della società convenuta al risarcimento del danno, dovuto per la violazione degli obblighi di sicurezza di cui all’art. 2087 cod.civ.
In contraddittorio anche con la società assicuratrice A. (poi I. S.p.a.) chiamata in causa dalla convenuta, il Tribunale adito ha accolto la domanda del L. condannando la società datrice di lavoro al risarcimento del danno. Su appello della medesima società, con la sentenza oggi impugnata la Corte di appello di Roma ha riformato tale decisione rigettando la domanda dell’attore in primo grado, con assorbimento della domanda di manleva proposta dalla S.p.a. F. nei confronti della compagnia assicuratrice.
Il giudice del gravame ha rilevato che (secondo una ricostruzione dei fatti non contestata) la sera del 29 giugno 1999 il L. stava svolgendo il suo servizio all’interno della guardiola sito all’ingresso del comprensorio, con il compito di alzare e abbassare la sbarra dopo aver identificato i soggetti in entrata e in uscita. A tale guardiola o “gabbiotto” si accedeva mediante una porta munita di chiave che poteva essere chiusa dall’interno. Due persone a bordo di un’autovettura erano entrate abusivamente nel comprensorio, senza dire dove fossero dirette, e quindi, prima di allontanarsi, a seguito delle insistenti richieste dalla guardia giurata che teneva abbassata la sbarra, uno dei due occupanti dell’auto era entrato nella guardiola – che non era chiusa a chiave- ed era venuto a colluttazione con il L.
Premesso che i compiti di vigilanza e di piantonamento fisso e mobile rientravano nelle mansioni di guardia giurata assegnate al dipendente, e comprendevano le funzioni di controllo all’ingresso, il giudice dell’appello ha osservato che queste dovevano essere svolte all’interno della guardiola dalla quale doveva essere azionata la sbarra di ingresso, evitando qualsiasi contatto fisico con terzi, in quanto il “gabbiotto” poteva essere chiuso a chiave dall’interno. Dunque solo la negligenza della guardia giurata, che non aveva chiuso a chiave la porta di accesso, aveva reso possibile l’aggressione.
In base a questi rilievi doveva escludersi la responsabilità della società datrice di lavoro tenuta ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore.
Avverso questa sentenza L.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. La S.p.a. F. resiste con, controricorso, e propone ricorso incidentale con unico motivo; ha inoltre depositato memoria ai sensi dell’art.378 cod.proc.civ. la S.p.a. I. si è costituita con controricorso.
Diritto
1. I ricorsi proposti contro la stessa sentenza devono essere riuniti ai sensi dell’art.335 cod.proc.civ.
2. Con l’unico motivo del ricorso principale si denuncia un vizio di motivazione della sentenza impugnata. La parte, pur affermando che il rischio dell’aggressione non poteva essere escluso dalla “possibilità di chiudersi dentro il gabbiotto, stante l’obbligo di accertamento dell’identità di utenti in entrata e in uscita dal comprensorio”, riconosce che il punto non è in esame in questa sede di legittimità perché attiene ad accertamenti di merito. Tuttavia, tale punto “non doveva neppure essere supposto alla decisione di secondo grado, poiché l’aggressione dedotta in lite riguardava l’astratta previsione contrattuale relativa alla possibilità di adibire il L. a quella specifica mansione” e comunque ad accertare la violazione dell’obbligo di cui all’art.2087 cod.civ.
La motivazione, si sostiene, è carente e contraddittoria perché “si dà per dimostrato ciò che invece si sarebbe dovuto dimostrare”: “comandato di svolgere mansioni diverse da quelle cui concretamente era stato adibito”, per il solo fatto di aver subito un’agressione, il lavoratore è rimasto privo dei presidi di sicurezza di cui avrebbe potuto godere svolgendo un’attività in cui non era previsto il contatto diretto con i malintenzionati. Il datore di lavoro non ha fornito la prova, a suo carico, di aver fatto quanto dovuto per assicurare la sicurezza del proprio dipendente.
Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha accertato che le mansioni di controllo all’ingresso del comprensorio, legittimamente assegnate estranei, restando chiusi a chiave all’interno della guardiola. Questo apprezzamento di fatto, riservato a, giudice di merito,non è specificamente censurato; né si comprende si comprende il rilievo svolto nel ricorso sullo svolgimento di mansioni diverse da quelle cui la parte era stata adibita.
Ad avviso del giudice dell’appello, ,a misura di cautela che poteva essere adottata (la chiusura della porta della guardiola) era sufficiente ad evitare il rischio della aggressione in concreto verificatasi, sicché il fatto dannoso risultava impuntabile non alla violazione dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod.civ., ma alla condotta negligente del lavoratore. Si tratta di una valutazione che risolve il problema della prova dell’adempimento del suddetto obbligo, e non è stata sottoposta a critiche con la denuncia di vizio di motivazione, come sembra riconoscere la stessa parte con il rilievo sopra riportato relativo all’ambito degli accertamenti di merito.
3. L’unico motivo del ricorso incidentale, che la s.p.a F. propone in via condizionata all’accoglimento del ricorso principato «guarda la questione dell’operatività della polizza contro gli infortuni stipulata con la compagnia assicuratrice.
II motivo è assorbito dal rigetto del ricorso principale.
4. Il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della resistente S.p.a. F. liquidate come in dispositivo.
in relazione all’esito della lite, ricorrono giusti motivi per compensare le spese nei confronti della S.p.a. A.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente L.P. al pagamento in favore della S.p.a. F. delle spese del presente giudizio liquidate in € 40,000 per esborsi, € 2.500,00 per onorari, oltre accessori IVA e CPA. Compensa le spese nei confronti della S.p.a I.