Repertorio Salute

A proposito di “interazione uomo-macchina”

interazione uomo macchina pexels-tara-winstead-8386434

Interazione uomo-macchina: l’uso scorretto può essere ragionevolmente prevedibile?

L’INAIL ha pubblicato nel mese in corso un’interessante Scheda tecnica [1] relativa all’interazione uomo-macchina che presenta  indicazioni  finalizzate a identificare il nesso tra prestazioni cognitive e comportamenti critici per la sicurezza:

Questo lavoro ha messo a fuoco gli stati cognitivi  a cui sono ascrivibili  comportamenti involontari, usi scorretti o ragionevolmente prevedibili…

L’introduzione e la relativamente ampia diffusione delle macchine tecnologicamente avanzate (tecnologie abilitanti) ha cambiato radicalmente i processi  produttivi, riducendo alcuni rischi (rischi di natura meccanica), ma introducendone o aumentandone altri (dovuti a eccessivo o scarso carico mentale). Inoltre i rischi connessi all’utilizzo delle macchine erano fino ad ora  affrontati per mezzo di dispositivi volti a ridurre al minimo il contatto uomo macchina l’inverso della situazione attuale  dove “l’interazione non solo è inevitabile ma la ragione stessa del sistema uomo-macchina”.

Le caratteristiche quindi delle nuove tecnologie impongono un’attenzione importante ai comportamenti umani, alla loro valutazione, alla loro prevedibilità e sicuramente, vorremmo sottolineare,  ai nessi con il complesso del sistema organizzativo aziendale.

Tecnologie abilitanti [2]  La Commissione dell’Unione europea definisce le tecnologie abilitanti come tecnologie “ad alta intensità di conoscenza e associate ad elevata intensità di R & S, a cicli d’innovazione rapidi, a consistenti spese di investimento e a posti di lavoro altamente qualificati. Rendono possibile l’innovazione nei processi, nei beni e nei servizi in tutti i settori economici e hanno quindi rilevanza sistemica. Sono multidisciplinari, interessano tecnologie di diversi settori e tendono a convergere e a integrarsi. Possono aiutare i leader nelle tecnologie di altri settori a trarre il massimo vantaggio dalle loro attività di ricerca”.

Per ottenere la stima dei comportamenti umani in relazione alle condizioni di sicurezza i ricercatori suggeriscono di procedere all’individuazione dei

costrutti cognitivi coinvolti (processi attentivi) e ai relativi antecedenti (ciò che li innesca) che possono favorire comportamenti associabili ad usi scorretti e progettare per evitare tali costrutti.

È noto in letteratura scientifica [3] che comportamenti scorretti o involontari durante l’interazione uomo-macchina possono  verificarsi in situazioni di discomfort del lavoratore. E’ quindi necessario, a fini preventivi, un approccio antropocentrico il quale implica che in fase di  progettazione della macchina  si tenga conto delle possibili cause di strain  cognitivo durante l’esecuzione dei compiti,   prevedendo  l’uso scorretto dell’attrezzatura piuttosto  che stimarne la possibilità e intervenire a valle. Obiettivo  centrale quindi identificare  quali possono essere gli elementi  cognitivi legati alle condizioni di disconfort che possono dar luogo a comportamenti insicuri.

Riferimenti normativi La Norma UNI EN ISO 12100 fornisce un elenco esem­plificativo di comportamento involontario dell’operato­re o uso scorretto ragionevolmente prevedibile della macchina.   Il Rapporto Tecnico UNI ISO/TR14121-2, Guida pratica all’applicazione dei principi della sopra citata norma, suggerisce, per garantire che siano identificati tutti gli usi – inclusi quelli scorretti ragionevolmente prevedibi­li – di mettere in comunicazione tra loro i fabbricanti/fornitori e gli utilizzatori del macchinario.    La Noma UNI EN ISO 14119 introduce ed evidenzia l’importanza del coinvolgimento dell’operatore della macchina per individuare eventuali usi scorretti (che portano ad esempio ad una neutralizzazione di un di­spositivo di protezione) che possono essere dunque ragionevolmente prevedibili. A tal fine, questa norma propone in allegato H una check list per la valutazione della motivazione alla neutralizzazione dei dispositivi di interblocco.

Le Norme tecniche sopra richiamate, che si occupano del rapporto tra la­voratore e attrezzatura,  hanno un approccio che si focalizza prioritariamente  sull’uso e funzionamento della macchina. Fattori quali la  fa­tica fisica e mentale del lavoratore, vengono modestamente considerati, senza esaltare l’importanza del ruolo che tali fattori svolgono. La progettazione (delle attrezzature e del lavoro) deve quindi applicare un nuovo  approccio, un approccio proattivo, vale a dire

predisporre a monte le condizioni della zona di comfort lavorativa in cui il rischio di errore è ridotto al minimo.

I ricercatori fanno riferimento alle attuali conoscenze in neuroergonomia e psicologia cognitiva [4], che permettono di

misurare lo stress o l’affaticamento cognitivo direttamente dalla reazione fisiologica [5] durante lo svolgimento di un’attività e quindi anche stimare il rischio di commettere un errore du­rante l’interazione con la macchina, in funzione della richiesta cognitiva del sistema che si sta progettando.

 Il lavoro di ricerca presentato nella Scheda tecnica, con riferimento a specifici studi scientifici, ha  individuato:

  • i princi­pali stati cognitivi (antecedenti e comportamenti con­seguenti) fuori dalla condizione di comfort
  • e per cia­scuno, gli errori possibili correlati tra quelli che vengono portati ad esempio nella Norma UNI EN ISO 12100  come comportamento involonta­rio del lavoratore o uso scorretto ragionevolmente prevedibile della macchina.

Quali sono le condizioni che possono sovrac­caricare un operatore, portandolo a mettere in atto comportamenti rischiosi/scorretti?

Saper rispondere a questa domanda comporta la possibilità di accedere alla conoscenza dei fattori causali dei comportamenti ri­schiosi e, di conseguenza, alla possibilità di interveni­re con misure a monte.

Il punto di partenza è trovare quindi una relazione di causa ed effetto, tra i fattori antecedenti un depaupera­mento cognitivo, il depauperamento stesso, e le conse­guenze che possono derivarne in termini di errori.

La Scheda riassume nella figura che segue [6]

i principali stati di depaupe­ramento cognitivo (con effetti sui processi attentivi) che concorrono alla manifestazione di comportamen­ti causa di incidenti tipicamente addebitati ad ‘errore umano:

I ricercatori suggeriscono quindi che, sulla base dei fattori individuati,  è possibile

proget­tare a monte un sistema di interazione che favorisca una condizione di comfort cognitivo per il lavoratore, consentendogli così di avere una performance alta e un comportamento più sicuro (consapevole e attento).

La tematica è sicuramente importante e di interesse le indicazioni che emergono dalla ricerca dell’INAIL, ciò detto il concentrare l’analisi sui comportamenti individuali, con metodi anche di carattere strumentale, implica elementi di criticità che vanno considerati tra cui in particolare:

  • i dati che emergono dall’analisi strumentale potrebbero essere utilizzati a danno del lavoratore mettendo a rischio il rapporto  di lavoro o quantomeno provocare delle criticità se l’iniziativa non è accompagnata da verifica/controllo  del Rls/sindacato e da una chiara informazione del lavoratore e quindi dal suo consenso
  • l’indagine aziendale va poi diretta verso  una verifica delle generali condizioni organizzative aziendali e della loro coerenza con le misure di tutela della salute e della sicurezza (tempi, pause, condizioni ambientali, procedure, ripetitività, autonomia, ecc.).
NOTE

[1] Interazione uomo-macchina. L’uso scorretto può essere ragionevolmente prevedibile?, INAIL ottobre 2024

[2] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Una strategia europea per le tecnologie abilitanti – un ponte verso la crescita e l’occupazione /* com/2012/0341 final.

[3] Si veda la  Bibliografia della Scheda tecnica.

[4] La psicologia cognitiva, anche detta cognitivismo, è una branca della psicologia applicata allo studio dei processi cognitivi, teorizzata a partire dagli anni 1960, che ha come obiettivo lo studio dei processi mentali mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, elaborate, memorizzate e recuperate (Wikipedia).

[5] Ad esempio l’elettroencefalografia (EEG) è la misurazione dell’attività elettrica del cervello attraverso l’applicazione sullo scalpo di un certo numero di elettrodi. Nel campo della neuroergonomia, questo strumento consente di ottenere delle indicazioni importanti circa il livello attentivo dell’individuo e il suo carico cognitivo, una misura di quanto il cervello è impegnato in un determinato momento, ad esempio a causa di un eccesso di informazioni, spesso ridondanti e inutili.

[6] Scheda tecnica, fig.2.

Lascia un commento