La Campagna Sani e Sicuri: l’Europa si sforza, ma è difficile individuare un modello di valutazione

A poco più di dieci anni dalla Settimana europea per la sicurezza e salute sul lavoro dedicata allo stress lavoro correlato Working on stress, titolo tradotto in italiano con l’originale formula dubitativa: “Lavorare con stress?” e durante la Campagna 2012-2013 Lavoriamo insieme per la prevenzione dei rischi sul lavoro, il cui titolo stesso sottolinea l’importanza della partecipazione e della condivisione dei processi da parte di tutti gli stakeholder, l’Agenzia Europea per la sicurezza e salute sul lavoro ha deciso di dedicare la Campagna 2014-2015 Ambienti di lavoro sani e sicuri  alla Gestione dello stress e dei rischi psicosociali sul lavoro.

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Nonostante l’intenso lavoro svolto in questi anni a livello europeo attraverso la sottoscrizione dell’Accordo quadro sullo stress lavoro correlato (2004) e dell’Accordo quadro sulle molestie e sulla violenza sul lavoro (2007), le numerose pubblicazioni, le indagini, nonché la realizzazione di progetti europei di ampio respiro, quali il Psychosocial RIsk Management – European Framework (PRIMA-EF), il cui obiettivo primario era quello di individuare un modello di valutazione dei rischi psicosociali comune ai paesi europei, che fosse sensibile alle differenze di contesto, ma anche in grado di proporre standard minimi ineludibili, a prescindere dalle specifiche condizioni, tale scelta sembra mettere in evidenza che l’effettiva adozione di misure di prevenzione nei diversi paesi presenti ancora notevoli difficoltà.

Anche i risultati dell’indagine svolta nel 2009 dall’Agenzia europea tra le Imprese sui Rischi Nuovi ed Emergenti (ESENER), condotta da esperti di vari Istituti europei e realizzata in 31 paesi:  i 27 stati membri dell’UE, due Paesi candidati (Croazia e Turchia) e due Paesi dell’European Free Trade Association – EFTA (Norvegia e Svizzera), resi pubblici nel 2010, hanno confermato ulteriormente l’esistenza di tali difficoltà in relazione alla gestione dei rischi psicosociali nel nostro paese.

L’obiettivo principale  della campagna è quello di aiutare i datori di lavoro, dirigenti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori a riconoscere e gestire lo stress e i rischi psicosociali nei luoghi di lavoro. Affrontare efficacemente i rischi psicosociali crea un ambiente di lavoro sano in cui i lavoratori si sentono apprezzati e la cultura del lavoro è più positiva, e, di conseguenza, le imprese migliorano  prestazioni e profitti.

Il D.lgs. 81/2008  nel quale, all’art. 2, viene attribuito un ruolo fondamentale al concetto di “salute”, riprendendo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1948 (“stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”), ha recepito l’accordo quadro europeo in materia di stress lavoro correlato e che nel novembre 2010 la Commissione Consultiva permanente sulla salute e sicurezza del lavoro ha emanato indicazioni metodologiche per la valutazione dello stesso, recepite e diffuse dal Ministero del lavoro e delle politiche Sociali con la circolare del 18 Novembre 2010 e il relativo Comunicato in G.U. n. 304 del 30/12/2010.  Nel corso del 2011 tutte le aziende italiane che ancora non avevano avviato il processo di valutazione dello stress lavoro correlato hanno dunque dovuto confrontarsi con questo problema.

Ricordiamo che il “percorso metodologico”,  proposto dalla commissione Consultiva permanente si articola in due principali fasi sequenziali:

  • “Preliminare”, definita come “necessaria”, e la seconda,
  • “Approfondita”,  che risulta associata solo a condizioni di criticità messe in evidenza dalla prima e a interventi correttivi risultati non efficaci. Tale fase si configura pertanto – a nostro avviso erroneamente –  come  valutazione solo “eventuale”.

Dal nostro punto di vista,  una metodologia idonea a fornire riposte corrette ed esaustive  alle complesse domande che derivano dalle criticità che caratterizzano le dinamiche dello stress lavoro correlato non può essere relegata nello schema sequenziale proposto dalla Commissione Consultiva Permanente. D’altronde, la stessa Commissione ammette che il percorso metodologico proposto rappresenta un livello “minimo” di attuazione dell’obbligo di valutazione dello stress lavoro correlato. Si ampliano pertanto le possibilità di operare sulla base di percorsi valutativi più flessibili, secondo una prospettiva interdisciplinare, che tenga in considerazione e utilizzi metodologie e procedure che diano luogo a risultati validi e attendibili,  consentendo quindi anche di identificare adeguatamente gli eventuali interventi di riduzione del rischio da predisporre e realizzare.

Alla luce di quanto sopra,  a più di tre anni dall’emanazione delle indicazioni della Commissione, si è ritenuto utile realizzare una ricognizione sulla attuale situazione italiana in materia di rischi psicosociali, almeno sulla base dei dati in nostro possesso. La rassegna – in corso di pubblicazione sul Giornale Italiano di Medicina del lavoro ed Ergonomia (GIMLE) – si propone l’obiettivo di offrire una panoramica di esperienze di gestione di questi aspetti attuate in alcune aziende italiane, al fine di diffondere conoscenza su interventi di successo, che peraltro – da quanto è dato capire dagli elementi a nostra disposizione  –  non appaiono essere stati effettuati a seguito di una specifica valutazione dello stress lavoro-correlato, ma sembrano dipendere piuttosto da particolari sensibilità delle aziende stesse. Permane infatti meno conseguito  l’obiettivo  della realizzazione   di interventi “mirati”  a seguito di una corretta valutazione.

Questa constatazione appare sorprendente anche alla luce di studi recenti – Golzio, in corso di pubblicazione sul Giornale Italiano di Medicina del lavoro ed Ergonomia (GIMLE) –  che offrono strumenti validi per comprendere come investire in prevenzione sia conveniente per le aziende anche sul piano dei costi, fattore di grande rilevanza in un momento di difficoltà economiche come quello attualmente attraversato dal paese.

È pertanto auspicabile che la consapevolezza che una valutazione completa dello stress lavoro correlato sia realizzata sin dalle prime fasi sulla base di un rapporto trasparente e corretto tra committenza e professionisti consulenti, con una partecipazione dei lavoratori in tutto il processo, e in modo metodologicamente corretto attraverso strumenti validati: sarà così possibile  individuare in modo appropriato le criticità effettivamente presenti e quindi la realizzazione di interventi mirati ed altrettanto appropriati, che rappresentino non un nuovo onere per le aziende, ma  un’opportunità di miglioramento delle condizioni lavorative, con indubbi vantaggi non solo per il benessere dei lavoratori,  ma anche per quello delle aziende stesse, condizione che appare oggi quanto mai ineludibile.

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