I cambiamenti in azienda e la gestione delle persone (parte 2)

Abbiamo già avuto modo di parlare (vedi l’Angolo Acuto del 30 Maggio 2017) della pubblicazione da parte di Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione) Inail di un documento dal titolo “La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni per la salute e la sicurezza sul lavoro” (a cura di Paolo Clerici, Annalisa Guercio e Loredana Quaranta), che fa riflettere sul necessario sviluppo delle competenze che deve seguire ai cambiamenti aziendali, per poterli al meglio gestire, valutandone ad esempio in maniera corretta il “rischio organizzativo”. Quali sono le conseguenze se ciò non avviene?

Di quali cambiamenti stiamo parlando? I cambiamenti, dice il Documento,

possono essere di diversi tipi, a seconda del punto di vista con cui essi vengono analizzati.
Si possono distinguere due approcci fondamentali al cambiamento:
1) Cambiamenti a livello produttivo e gestionale che possono procedere attraverso:
Cambiamento incrementale: viene attuato attraverso una serie continua di passaggi che non alterano bruscamente l’equilibrio dell’organizzazione, influenzandone solo alcune componenti alla volta, progressivamente nel tempo.
Cambiamento radicale: si opera una mutazione repentina e drastica della struttura organizzativa, trasformandola interamente: questa modalità di cambiamento comporta la creazione di una nuova struttura del tutto nuova, con differenti processi di gestione. L’innovazione è rapida, importante e sensazionale.
2) Cambiamenti a livello strategico
I cambiamenti che vengono decisi per conseguire un vantaggio strategico che sono di quattro tipi:
Cambiamenti tecnologici: riguardano le tecniche utilizzate per realizzare prodotti o servizi e comprendono metodi di lavoro, macchinari e flusso del lavoro
Cambiamenti di prodotto/servizio: riguardano gli output dell’organizzazione in termini di prodotto o servizio. I nuovi prodotti e/o servizi vengono generalmente ideati per aumentare la quota di mercato o per raggiungere nuovi mercati, consumatori o clienti
Cambiamenti di strategia e struttura: tali cambiamenti riguardano la struttura organizzativa, la gestione strategica, le politiche, i sistemi di ricompensa
Cambiamenti culturali: cambiamenti nei valori, nelle attitudini, nelle aspettative, nelle opinioni, nelle capacità e nel comportamento dei componenti dell’organizzazione.
I processi di cambiamento provocano una serie di reazioni tra i componenti all’interno dell’organizzazione la cui successione caratteristica definisce la cosiddetta ‘curva di accettazione individuale del cambiamento.

La curva chiarisce quale potrebbe essere il percorso dei singoli dirigenti e delle persone interne ai team lavorativi. Queste reazioni possono essere condizionate, a volte in modo determinante, dalle dinamiche del gruppo lavorativo. Se si vuole minimizzare o ridurre entrambe le reazioni, individuali e collettive, è necessario che il cambiamento sia adeguatamente pianificato ed implementato. Il Documento prodotto dall’Inail tende a suggerire proprio questo: evitare che i cambiamenti siano gestiti solo coinvolgendo parte dei dirigenti o tutti senza un’adeguata preparazione e spiegazione all’intera comunità aziendale.

Il management aziendale

ha a disposizione una serie di strumenti per gestire e governare efficacemente il cambiamento; tali strumenti sono essenzialmente riconducibili a quattro categorie, altrimenti definite come ‘le 4 leve del cambiamento’:
1. Navigation: ovvero il controllo della direzione del cambiamento
2. Leadership: l’azione di guida del cambiamento nel corso del processo
3. Ownership: la creazione del consenso, della motivazione e del coinvolgimento
4. Enablement: l’identificazione, l’acquisizione e l’utilizzo di strumenti e risorse necessari al cambiamento.
Gli studi economici e sociologici sulle strutture e i modelli organizzativi hanno evidenziato come le organizzazioni, per raggiungere i propri obiettivi primari, debbano implementare un sistema di relazioni tra i diversi livelli delle loro strutture, sia in senso verticale che orizzontale.
La motivazione non è in sé sufficiente a far sì che gli individui e i gruppi di lavoro perseguano con efficacia ed efficienza i propri obiettivi secondari, senza perdere di vista i fini organizzativi.
Occorre che le persone si sentano parte di un progetto globale, di cui costituiscono un elemento parziale ma ugualmente importante: se non è stato capace di creare questo senso di appartenenza tra il personale, il management non potrà ottenere da esso nessun reale sforzo verso l’obiettivo comune.

Nelle fasi di cambiamento, ormai frequenti nei processi produttivi contemporanei, aumentano le potenzialità di commettere errori. E gli errori hanno conseguenze non solo nell’efficacia dei cambiamenti proposti, ma sul benessere delle persone.

Studi condotti da Inail sul tema delle costrittività organizzative messe a confronto con i più diffusi metodi per il calcolo dell’affidabilità umana, mostrano significative convergenze con i fattori originari dello stress e inducono ad affermare che le cause di stress, dei rischi psicosociali, dei comportamenti insicuri e dei conseguenti errori umani siano generalmente sovrapponibili ai deficit organizzativi.

Ne consegue che il rischio che si corre sperimentando nuove modalità interne è il cosiddetto “rischio organizzativo” o rischio derivante da una o più carenze dell’organizzazione, in termini gestionali, metodologici, operativi come un’insufficiente formazione, attribuzioni di responsabilità poco chiare, mancanza o inefficacia di procedure interne, scarso coinvolgimento, carenze metodologiche nell’analisi del rischio, ecc.

Dal concretizzarsi di queste criticità discendono situazioni che possono avere impatti diretti e indiretti sulle condizioni di SSL.

Agire sulle criticità organizzative significa realizzare efficacemente  il cambiamento e insieme prevenire i rischi lavorativi. Un mutamento ben gestito al contrario può contribuire alla professionalità, alla motivazione, al benessere dell’intera comunità aziendale.

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