Fonte: Vega Engineering
Campi elettromagnetici: in attesa del recepimento nel D.Lgs. 81/08 delle disposizioni in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici attualmente contenute nel Capo IV del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08, che recepisce la Direttiva 2004/40/CE, abrogata però dalla recente Direttiva 2013/35/CE del 26/06/2013, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione del rischio per la salute e sicurezza dei propri lavoratori esposti a campi elettromagnetici.
È infatti riconosciuto dalla più autorevole bibliografia (in particolare dall’ICNIRP) che i campi elettromagnetici determinano effetti sull’uomo per esposizione “acute”.
La Direttiva 2013/35/CE del 26 giugno 2013, indica le prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) con particolare riferimento alle radiazioni elettromagnetiche di frequenza da 0 Hz a 300 GHz e può essere utilizzata già ora come riferimento per l’identificazione di valori d’azione per l’esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici.
Si ricorda che per la mancata effettuazione della valutazione, pur nelle more dell’entrata in vigore della normativa specifica sui campi elettromagnetici, è previsto l’arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro in capo al datore di lavoro e al dirigente (art. 55, D.Lgs. 81/08).
DOVE SONO PRESENTI I CAMPI ELETTROMAGNETICI
I campi elettromagnetici sono presenti ovunque nel nostro ambiente, ma sono invisibili all’occhio umano. Essi sono attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali (quale ad esempio può essere il campo elettrico generato da un fulmine).
Oltre alle sorgenti naturali, lo spettro elettromagnetico include anche i campi generati dalle sorgenti create dall’uomo, come ad esempio: impianti realizzati per trasmettere informazioni attraverso la propagazione di onde elettromagnetiche (impianti radio-TV e per telefonia mobile), impianti utilizzati per il trasporto e la trasformazione dell’energia elettrica dalle centrali di produzione fino all’utilizzatore in ambiente urbano (elettrodotti), apparati per applicazioni biomedicali, impianti per lavorazioni industriali, nonché tutti quei dispositivi il cui funzionamento è subordinato a un’alimentazione di rete elettrica (elettrodomestici).
I campi elettromagnetici si propagano sotto forma di onde elettromagnetiche, per le quali viene definito un parametro, detto frequenza (Hz), che indica il numero di oscillazioni che l’onda elettromagnetica compie in un secondo. L’unità di misura della frequenza è l’Hertz (1 Hz equivale a una oscillazione al secondo). Sulla base della frequenza di oscillazione si distinguono (fonte: ISPRA):
- campi elettrici e magnetici statici (0 Hz),
- campi elettrici e magnetici a frequenze estremamente basse (fino a 300 Hz), che comprendono la frequenza di 50 Hz con cui è distribuita l’energia elettrica nelle nostre case,
- campi elettromagnetici a frequenza intermedia (300 Hz – 10 MHz),
- campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (10 MHz – 300 GHz).
Questa distinzione è necessaria in quanto le caratteristiche dei campi in prossimità delle sorgenti variano al variare della frequenza di emissione, così come variano i meccanismi di interazione di tali campi con i tessuti biologici e quindi le possibili conseguenze correlabili all’esposizione umana (effetti sulla salute).
I RISCHI PER LA SALUTE CAUSATI DAI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Solo di recente la comunità scientifica ha cominciato a studiare i possibili effetti nocivi dei campi elettromagnetici, distinguendo effetti di natura acuta (quando si manifestano a breve termine) e cronici (quando possono manifestarsi, anche dopo lunghi periodi di latenza, come conseguenza di esposizioni a livelli bassi di campo elettromagnetico per periodi prolungati).
Se per gli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici sulla salute la comunità scientifica non ha ancora trovato indicazioni convincenti, per gli effetti di natura acuta è stato accertato che si verificano solo al di sopra di determinati livelli (soglie) di esposizione.
Tra gli effetti di natura acuta per esposizione a alte frequenze sono stati segnalati opacizzazione del cristallino, anomalie alla cornea, alterazioni delle funzioni neurali e neuromuscolari; mentre per esposizione a basse frequenze (frequenza 50 Hz) sono stati segnalati effetti sul sistema visivo e sul sistema nervoso centrale, extrasistole e fibrillazione ventricolare (fonte: ARPAV).
Nei luoghi di lavoro possono essere presenti diverse tipologie di sorgenti artificiali di campi elettromagnetici, ed è per questo che il datore di lavoro si impegna alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi gli effetti nocivi a “breve termine” conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall’assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
Qualora la condizione espositiva non comporti apprezzabili rischi per la salute, sulla base della norma CEI EN 50449, la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” del datore di lavoro secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata attraverso misurazioni e calcoli dei livelli dei campi elettromagnetici (art. 181, comma 3, del D.Lgs. 81/08).
ATTREZZATURE E SITUAZIONI CHE NON RICHIEDONO MISURAZIONI
Si considerano non comportare rischi per la salute le esposizioni inferiori ai livelli di riferimento per la popolazione di cui alla raccomandazione europea 1999/519/CE. In linea con questa definizione, sono condizioni espositive giustificabili le attrezzature e le situazioni elencate in Tabella 1 della Norma tecnica CEI EN 50499 “Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici” (si rimanda alla linea guida sugli agenti fisici del coordinamento tecnico per la lista di esempi di attrezzature e situazioni giustificabili).
Esempi di luoghi di lavoro per i quali, comunemente, si può effettuare la “giustificazione” del rischio sulla base della Tabella 1 della norma CEI EN 50499 sono: uffici, centri di calcolo, negozi, alberghi, parrucchieri, ecc.
ATTREZZATURE E SITUAZIONI CHE RICHIEDONO MISURAZIONI
La norma CEI EN 50499 riporta, inoltre, un elenco di impianti e situazioni che richiedono una valutazione approfondita attraverso misurazioni e calcoli dei livelli dei campi elettromagnetici. Tra i vari casi sono presenti attività di saldatura elettrica e dielettrica, impianti di riscaldamento a induzione, trasporti azionati elettricamente: treni e tram, reti di distribuzione dell’energia elettrica nei luoghi di lavoro che non soddisfano i criteri della Tabella 1 sopracitata (si rimanda alla linea guida sugli agenti fisici del coordinamento tecnico per la lista di esempi di impianti e situazioni non giustificabili).
Attualmente le norme tecniche di riferimento per la misura e il calcolo dei livelli dei campi elettromagnetici sono:
- Norma CEI 211-6 (2001-01) “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell’intervallo di frequenza 0 Hz 10 kHz, con riferimento all’esposizione umana”,
- Norma CEI 211-7 (2001-01) “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell’intervallo di frequenza 10 kHz – 300 GHz, con riferimento all’esposizione umana”.
Tali norme, congiuntamente alla Norma CEI EN 50499 “Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici”, forniscono le indicazioni per la redazione del documento di valutazione dei rischi da campi elettromagnetici.
Interessante riferimento risulta inoltre la linea guida redatta dal Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome in collaborazione con ISPESL dal titolo Decreto Legislativo 81/2008, Titolo VIII, Capo I, II, III e IV sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro – Indicazioni operative.
La valutazione deve essere seguita, nel caso si determini un superamento dei valori limite, dalla definizione di programmi di miglioramento tesi alla riduzione del rischio.