Cassazione Civile, Ord. Sez. 3, 11 settembre 2015, n. 18006

Infortunio in itinere.


 

 

Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RUBINO LINA
Data pubblicazione: 11/09/2015

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

Rilevato :
– che nel 2000 B.R. conveniva in giudizio M.M., la Pedrotec s.r.l. e la Vittoria Ass.ni s.p.a. per sentirli condannare al risarcimento del danno subito a seguito di un sinistro stradale allorché l’attore, alla guida di un motociclo, veniva a collisione con un autocarro di proprietà della Pedrotec condotto dal M.M. e assicurato con la Vittoria Ass.ni s.p.a.;
– che, ritenuto il concorso di colpa dell’attore nella misura di un terzo, il Tribunale di La Spezia liquidava in favore del danneggiato alcune somme che la Vittoria Ass.ni pagava;
– che i convenuti proponevano appello lamentando, per quanto qui ancora interessa, che il tribunale non avesse detratto dall’importo spettante all’attore il valore della rendita vitalizia che l’Inail aveva preso a corrispondergli, avendo qualificato l’incidente stradale occorsogli come infortunio sul lavoro in itinere;
– che la Corte d’Appello di Genova accoglieva in parte l’appello, ritenendo che da quanto liquidato e già percepito dal B.R. dovesse essere detratto quanto dallo stesso percepito per il medesimo evento dannoso a titolo di rendita Inail, e condannando il B.R. a restituire alla Vittoria Ass.ni la differenza tra quanto da lui incassato dall’assicurazione e la somma a lui spettante detratta la rendita Inail;
– che B.R. propone ricorso articolato in due motivi ed illustrato da memoria per la cassazione della sentenza n. 466 del 2012 emessa dalla Corte di Appello di Genova nei confronti di Vittoria Ass.ni s.p.a., Pedrotec s.r.l., M.M., cui resiste la Vittoria Ass.ni s.p.a. con controricorso anch’esso illustrato da memoria;
– che con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 commi 6 e 7 del d.P.R. n. 1124\65 in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. da parte della decisione impugnata che, dopo aver quantificato l’intero danno subito dal danneggiato tenuto conto del concorso di colpa già riconosciuto in primo grado, ha accertato, previa richiesta di informazioni all’Inail, che l’Istituto aveva deliberato di corrispondere al ricorrente una rendita vitalizia a ristoro del solo danno patrimoniale ed ha ritenuto che le somme riconosciute a carico del danneggiante a tìtolo di solo danno patrimoniale non fossero dovute perché interamente assorbite dall’indennizzo Inail in applicazione del principio del danno differenziale, ritenendo che non sussistesse un interesse giuridicamente tutelabile del danneggiato a duplicare il proprio risarcimento. La corte territoriale ha condannato quindi il danneggiato a restituire all’assicurazione la somma percepita in eccedenza, scomputato quanto avrebbe percepito dall’Inail a titolo di rendita;
– che il ricorrente sostiene, al contrario, che l’art. 10 del d.P.R. n. 1124 del 1965, dettato a tutela degli infortuni sul lavoro operi solo nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore danneggiato, mentre nel caso di specie la corte d’appello ha decurtato da quanto dovuto dal terzo estraneo responsabile del sinistro al danneggiato l’importo da questi percepito dall’Inail, peraltro pur in mancanza della prova dell’esercizio del regresso da parte dell’Inali nei confronti del terzo responsabile, svuotando di contenuto la responsabilità del danneggiante. Ritenuto:
– che la decisione della causa implica che si prenda posizione in ordine alla questione se dall’ammontare del risarcimento del danno patrimoniale conseguente a fatto illecito debbano escludersi o meno le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale;
– che la giurisprudenza di questa Corte si è orientata, per lungo tempo ed in modo prevalente, nel senso che dal montante risarcitorio per danno patrimoniale conseguente a fatto illecito debbano escludersi le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale, non potendo in tal caso trovare rilievo il principio della compensatio lucri cum damno, giacché prestazione previdenziale e danno non scaturiscono entrambi dal fatto illecito, posto che la prima sorge direttamente dalla legge;
– che, più di recente, con la sentenza n. 13537 del 13 giugno che 2014 di questa Sezione, si è affermato il seguente principio (cosi massimato): “In tema di danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, dall’ammontare del risarcimento deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità percepita dal superstite in conseguenza della morte del congiunto, attesa la funzione indennitaria assolta da tale trattamento, che è inteso a sollevare i familiari dallo stato di bisogno derivante dalla scomparsa del congiunto, con conseguente esclusione, nei limiti del relativo valore, di un danno risarcibile”;
– che tale pronuncia recupera un diverso orientamento (minoritario:Cass., 16 novembre 1979, n. 5964; Cass., 24 maggio 1986, n. 3503), che nega la possibilità di cumulare il risarcimento del danno con eventuali prestazioni previdenziali percepite in conseguenza del fatto illecito, in quanto il beneficio erogato dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale abbia lo scopo di “attenuare il danno patrimoniale subito dai familiari della vittima”, con ciò elidendosi in parte qua l’esistenza del danno risarcibile;
– che successivamente alla sentenza n. 13537 del 2014, altra sentenza di questa Sezione (n. 20548 del 30 settembre 2014) ha ribadito il diverso principio (cosi massimato): “In tema di risarcimento del danno da illecito, il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione unicamente quando sia il pregiudizio che l’incremento patrimoniale siano conseguenza del medesimo fatto illecito, sicché non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte o all’invalidità, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dall’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie”;
– che, preso atto del contrasto esistente, questa sezione ha già ritenuto opportuno, con ordinanza n. 4447 del 2015, rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, affinchè intervengano a risoluzione del contrasto sopra evidenziato, concernente la portata del principio della cd. compensatio lucri cum damno nell’ambito delle conseguenze risarcitorie da fatto illecito, nella specie rilevante, segnatamente, in relazione alla limitazione del diritto al risarcimento del danno della vittima (o dei suoi aventi causa), in funzione del quale diritto l’assicuratore sociale/ente previdenziale può esercitare l’azione di surrogazione ad esso spettante nei confronti del responsabile civile;
– che pertanto si ravvisa l’opportunità di attendere la decisione delle Sezioni Unite attesa la rilevanza della questione ai fini della decisione della controversia in esame,

P.Q.M.

Rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 26 maggio 2015

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