Repertorio Salute

Cassazione Civile, Ord. Sez. 6, 03 maggio 2016, n. 8748

Non cumulabilità dell’assegno ordinario di invalidità con la rendita INAIL che sia liquidata “per lo stesso evento invalidante”.


Presidente: ARIENZO ROSA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA
Data pubblicazione: 03/05/2016

FattoDiritto

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 febbraio 2016, ai .sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc.civ. : “ La Corte d’appello di Cagliari, in riforma della sentenza di primo grado che aveva accertato il diritto del ricorrente V.M. all’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dal 1 febbraio 2012 e condannato l’INPS alla relativa erogazione, ha respinto la originaria domanda.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che dall’esame della documentazione sanitaria si evinceva che le patologie per le quali il V.M. aveva agito per ottenere l’assegno ordinario di invalidità erano le medesime per le quali al suddetto era stata riconosciuta dall’INAIL la rendita per malattia professionale, ai sensi dell’art. 13 d. lgs n. 38 del 2000. Pertanto, stante il divieto di cumulo tra le due prestazioni ai sensi dell’art. 1 comma 43 L. n. 335 del 1995, ove riferite al medesimo evento o causa, l’assegno ordinario di invalidità non poteva essere attribuito.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso V.M. sulla base di un unico motivo. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.
Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 43 L. n. 335 del 1995, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo, ha censurato la decisione per avere ritenuto che nel caso concreto si configurassero i presupposti per l’applicazione del divieto di cumulo di cui all’art. 1 comma 43 L. cit. . In particolare si è doluto che il giudice di seconde cure avesse affermato la sovrapponibilità tra le tecnopatie indennizzate dall’INAIL e le patologie che, secondo la consulenza disposta in primo grado, determinavano la riduzione della capacità lavorativa del periziato a meno di un terzo. In questa prospettiva ha segnalato il contrasto tra l’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale il quadro patologico accertato era da attribuirsi in gran parte a preesistenti patologie contratte in occasione di lavoro e pertanto indennizzate dall’INAIL (sentenza, pag. 3) e la successiva affermazione secondo la quale le patologie rilevanti ai fini dell’assegno ordinario erano esattamente sovrapponibili a quelle già indennizzate mediante rendita vitalizia. Ha sostenuto che in base alla giurisprudenza di legittimità la incumulabilità tra le due prestazioni doveva ritenersi limitata fino alla concorrenza della rendita stessa .
Il ricorso è manifestamente infondato. .
E’ innanzitutto da premettere che la sentenza impugnata, laddove afferma che il quadro patologico rilevato era da attribuirsi a preesistenti patologie contratte in occasione di lavoro (v. pag. 3), si limita a riportare le deduzioni difensive sviluppate dall’INPS nell’atto di gravame e non esprime quindi l’autonomo accertamento del giudice di appello destinato a sorreggere la statuizione di rigetto dell’originaria domanda.. Le ragioni alla base del decisum si rinvengono, infatti, nella pagina successiva laddove la Corte di merito, richiamata la consulenza di ufficio di primo grado e la valutazione dell’ausiliare secondo il quale la maggior parte delle patologie, in quanto configuranti malattia professionale, era già stata indennizzata dall’INAIL, richiamata altresì la documentazione prodotta da quest’ultimo ente, ha ritenuto che dalla documentazione sanitaria si evinceva che le patologie per le quali era stata riconosciuta la rendita per malattia professionale erano le medesime per le quali il V.M. aveva agito al fine del riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità; in conseguenza trovava applicazione il divieto di cumulo di cui all’art. 1 , comma 43 L. n. 335 del 1995 in base al quale era da escludere che una stessa patologia potesse essere indennizzata due volte da due enti previdenziali.
Quanto ora rilevato esclude la denunziata contraddittorietà della motivazione, peraltro non idonea a determinare la cassazione della decisione alla luce della attuale configurazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., applicabile ratìone temporis in ragione della data di pubblicazione – il 7 marzo 2014 — della sentenza di secondo grado, che richiede l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione .fra le parti.
Tanto premesso si rileva che l’accertamento di fatto del giudice di appello in punto di sovrapponibilità delle patologie alla base della rendita per malattia professionale e quelle rilevanti ai fini dell’assegno in controversia, non è stato validamente censurato dall’odierno ricorrente. In particolare è mancata la deduzione, prima ancora che l’autosufficiente richiamo agli atti e documenti di causa destinati a suffragarla, che tale accertamento era frutto di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e quindi di un elemento destinato a dimostrare che le patologie per le quali il V.M. aveva chiesto il riconoscimento del diritto all’assegno non erano, in tutto o in parte, sovrapponibili a quelle per le quali era stata riconosciuta le rendita professionale, ed ancorate ad un diverso presupposto .
Sulla base di tale accertamento la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto l’operatività del divieto di cui all’art. 1, comma 43 L. cit., che prevede la non cumulabilità delle pensioni di inabilità, di reversibilità o dell’assegno ordinario di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, con la rendita INAIL che sia liquidata “per lo stesso evento invalidante”.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che tanto si verifica in situazioni di invalidità, connotate da completa sovrapponibilità, allorché la prestazione a carico dell’INAIL e quella per l’inabilità pensionabile o per l’assegno di invalidità a carico dell’INPS siano fondate sul medesimo presupposto, solo con riferimento a queste situazioni potendosi ipotizzare quella duplicazione di tutele con la quale si giustifica la scelta legislativa dell’approntamento di un unico intervento del complessivo sistema di sicurezza sociale (cfr. in particolare n. 10810, del 2003, n. 24199 del 2004, n. 5494 del 2006.) La decisione impugnata, in quanto coerente con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità deve essere confermata .
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza camerale.”
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia . Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. Civ. , per la definizione camerale. Consegue il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio sono irripetibili ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod.proc.civ.
L’ammissione di V.M. al patrocinio a spese dello Stato esonera l’odierno ricorrente dal pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. ( Cass. n. 21005 del 2014)

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara irripetibili le spese .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 .
Roma, 23 febbraio 2016

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