Sinistro in occasione di lavoro. “Danno risarcibile” è qualunque pregiudizio che, senza il fatto illecito non si sarebbe verificato a prescindere dalla sua prevedibilità.
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: ROSSETTI MARCO
Data pubblicazione: 16/10/2015
Fatto
1. Il 26.6.1996 D.Z., lavoratore dipendente della società T. s.p.a., perse la vita in conseguenza d’un sinistro stradale.
Essendo il sinistro avvenuto in occasione di lavoro, l’INAIL indennizzò i congiunti della vittima.
Negli anni successivi l’Inail pretese dalla T. un maggior contributo assicurativo (elevato dal 4,7 al 7%), in conseguenza del numero e dell’entità degli infortuni sul lavoro verificatisi nell’azienda od a carico di questa.
2. Sulla base di questi fatti, la T. nel 2000 convenne dinanzi al Tribunale di Treviso il responsabile del sinistro che costò la vita al proprio dipendente, ovvero G.Z., e l’assicuratore della r.c.a. di questi, ovvero la MAA Assicurazioni s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Milano Assicurazioni s.p.a.; d’ora innanzi, per brevità, “la Milano”).
La T. chiese la condanna dei convenuti al risarcimento del danno consistito nei maggiori contributi assicurativi che fu costretta a pagare all’Inail.
3. Il Tribunale di Treviso con sentenza 25.9.2005 accolse la domanda.
La sentenza fu appellata dalla Milano.
4. La Corte d’appello di Venezia con sentenza 3.7.2012 n. 1559 accolse l’appello e negò l’esistenza d’un danno risarcibile, sul presupposto che il maggior contributo assicurativo pagato dalla T. ” non fu conseguenza prevedìbile dell’infortunio secondo le regole statistiche della causalità”.
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla T. Immobiliare s.r.l. (che ha dichiarato di avere incorporato per fusione la T. s.p.a.), sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Nessuno degli intimati si è difeso.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Si assume violato l’art. 2043 c.c..
Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nell’escludere il nesso di causa tra il sinistro occorso a D.Z. e l’aumento del contributo assicurativo dovuto all’Inail dal datore di lavoro della vittima.
1.2. Il motivo è fondato.
La sentenza confonde e sovrappone i concetti di prevedibilità del danno (art. 1225 c.c., che nel nostro caso non rileva perché si tratta di illecito aquiliano e non già di inadempimento contrattuale) e di causalità.
Di una conseguenza imprevedibile del fatto illecito non può dirsi, per ciò solo, che non sia una “conseguenza”. Cessano di essere “conseguenze” solo gli sviluppi causali del tutto anomali.
Nel caso di specie, che un datore di lavoro paghi all’Inail un contributo assicurativo maggiorato, perché in conseguenza dell’altrui illecito sia deceduto in occasione di lavoro un suo dipendente, non può dirsi conseguenza “anomala” dell’illecito: per la semplice ragione, a tacer d’altro, che l’aumento del premio è previsto dalla legge.
La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, la quale si atterrà al seguente principio di diritto:
“Danno risarcibile” è qualunque pregiudizio che, senza il fatto illecito non si sarebbe verificato a prescindere dalla sua prevedibilità.
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che non potesse calcolarsi il “maggior premio” pagato dal datore di lavoro all’INAIL per effetto dell’infortunio mortale occorso a D.Z..
2.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
3. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
-) accoglie il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione;
-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 9 giugno 2015.