Repertorio Salute

Cassazione Civile, Sez. 6-L, ordinanza 04 febbraio 2015, n. 1998

Disciplina applicabile all’indennizzo: importanza della data dell’infortunio.

Presidente Curzio – Relatore Pagetta

FattoDiritto

B.M. adiva il giudice del lavoro chiedendo accertarsi l’aggravamento dei postumi conseguiti all’infortunio lavorativo verificatosi in data 23.10.1998, originariamente determinati in via amministrativa nella misura del 7%.
Il Tribunale rigettava la domanda. La decisione è stata riformata dalla Corte di appello di Roma che ha dichiarato il diritto dell’appellante alla rendita per infortunio sul lavoro nella misura del 9% ed ha condannato l’INAIL al pagamento dei ratei arretrati, oltre accessori.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INAIL sulla base di un unico motivo con il quale ha denunziato violazione dell’art. 74 d. P.R. n. 1124 del 1965 e falsa applicazione dell’art. 13 d. lgs n. 38 del 2000. Ha sostenuto che, essendosi l’infortunio lavorativo verificato in data 23.10.1998, trovava applicazione la disciplina dettata dall’art. 74 d. P.R. r n. 1124 del 1965 in base alla quale il diritto a rendita sorge solo in presenza di postumi che hanno determinato una riduzione dell’attitudine al lavoro in misura superiore al 10%. La decisione impugnata era pertanto errata in quanto aveva attribuito il diritto a rendita in presenza di postumi inferiori alla soglia di legge.
L’intimato ha depositato tempestivo controricorso con il quale ha sostenuto che poiché la domanda per il riconoscimento dell’inabilità permanente causata dai postumi dell’infortunio era stata presentata all’INAIL in data 8 novembre 2000, la fattispecie era regolata, ratione temporis, dalla disciplina introdotta dall’art. 13 l. n. 38 del 2000, applicabile ai danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 12 luglio 2000 di approvazione delle tabelle di menomazione e dei relativi criteri applicativi, emanato ai sensi del comma 3 dell’art. 13 d. lgs cit.. Il motivo di ricorso è manifestamente fondato. Secondo il principio affermato da questa Corte ai sensi dell’art. 360 bis comma 1, cod. proc. civ., “in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il nuovo regime introdotto dall’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 al fine del riconoscimento dell’indennizzo in capitale del danno biologico per menomazioni superiori al 6 per cento sino al 16 per cento subito dal lavoratore si applica unicamente per i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati successivamente all’entrata in vigore del d.m. 12 luglio 2000 recante le tabelle valutative del danno biologico. Ne consegue che, in caso di malattia (od infortunio) denunciata dall’interessato prima del 9 agosto 2000, la stessa deve essere valutata in termini d’incidenza sull’attitudine al lavoro del richiedente, ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. n. 1124 del 1965, e può dar luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al 10 per cento.)” (Cass. n. 9956 del 2011).
Con riferimento alla specifica questione sollevata nel controricorso, attinente al rilievo, al fine della individuazione della disciplina applicabile, della data di presentazione all’INAIL della domanda di riconoscimento dell’inabilità permanente, si premette che in base al disposto del secondo comma dell’art. 13 d. lgs n. 38 cit. la nuova disciplina si applica a danni conseguenti ad “infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate” a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle tabelle di menomazione e dei relativi criteri applicativi emanato ai sensi del comma 3 dell’art. 13 d. lgs n. 38 cit..
Alla luce del dato testuale della previsione in esame si impone la distinzione fra l’ipotesi in cui è chiesto il riconoscimento di danni conseguenti ad infortunio, per i quali occorre avere riguardo alla data del verificarsi dell’infortunio medesimo, e l’ipotesi in cui è chiesto il riconoscimento di danni da malattia professionale in relazione ai quali soltanto viene in rilievo l’epoca di denunzia della malattia. Tale differenziazione appare giustificata dalla circostanza che mentre è agevole stabilire il momento del realizzarsi dell’evento infortunio – di immediata percepibilità – la verifica della malattia professionale, specie sotto il profilo dell’epoca di relativa insorgenza, richiede accertamenti più complessi in relazione ai quali il legislatore ha avvertito la necessità di introdurre un elemento di certezza, rappresentato dalla presentazione della denunzia, ai fini della individuazione della disciplina applicabile. Come chiarito da questa Corte, “la locuzione “verificatisi o denunciati” si riferisce chiaramente agli infortuni e alle malattie professionali, che sono oggetto della denuncia di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 52 e 53 e non ai danni che superino la soglia indicata dalla legge, accettabili unicamente a posteriori anche quanto alla decorrenza degli stessi (diversamente, del resto, ne deriverebbe l’impossibilità di stabilire a priori i criteri con cui operare la valutazione in un caso, come quello in esame, di aggravamento successivo dei danni da malattia professionale insorta o denunciata prima della nuova disciplina)”(Cass. n. 9956 del 2011).
In base a tali condivisibili considerazioni ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, non può farsi riferimento, come preteso dall’odierno controricorrente, alla domanda di riconoscimento dell’aggravamento presentata all’INAIL nel novembre 2000 ma occorre avere riguardo esclusivamente alla data dell’infortunio lavorativo, pacificamente verificatosi il 23 ottobre 1998.
La sentenza impugnata ha quindi errato nel ritenere applicabile la disciplina di cui al d. lgs n. 38 del 2000 in luogo del previgente regime di cui al d. P.R. n. 1124 del 1965 che subordinava il diritto alla rendita per infortunio al conseguimento di una percentuale di inabilità lavorativa superiore al 10%. Consegue, in conformità della proposta del Relatore, la cassazione della decisione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione nel merito della causa con rigetto della originaria domanda.
Gli esiti alterni del giudizio di primo e secondo grado giustificano la compensazione delle spese dei giudizi di merito. Le spese del giudizio di legittimità sono liquidate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la originaria domanda. Compensa le spese del giudizio di merito. Condanna B.M. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2500,00 per compensi professionali,Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfetizzate nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Fonte: Olympus Uniurb

Lascia un commento