Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 novembre 2016, n. 22475

È escluso il cumulo tra due prestazioni fondate sullo stesso evento invalidante.


Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: DORONZO ADRIANA
Data pubblicazione: 04/11/2016

Fatto

1. Il Tribunale di Velletri, con sentenza del n. 309/1998, riconobbe a G.S. il diritto all’assegno ordinario di invalidità con decorrenza 1/11/1996. In sede di esecuzione, l’Inps rilevò che il G.S. era titolare di rendita Inail fondata sulla stessa patologia posta a base del riconoscimento dell’assegno di invalidità e, stante l’incumulabilità tra le due prestazioni ai sensi dell’art. 1, comma 43, legge n. 335 /1995, ne sospese l’erogazione.
2. Il G.S. propose pertanto nuovo ricorso al Tribunale di Velletri per la condanna dell’Inps al pagamento degli arretrati dell’assegno ordinario dal 1/11/1996 al 31/12/1999. Il Tribunale rigettò la domanda.
3. Contro la sentenza il G.S. propose appello e la Corte d’appello di Roma, dopo aver disposto una nuova consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza depositata in data 23 settembre 2009 ha parzialmente accolto l’impugnazione riconoscendo all’appellante il diritto all’assegno ordinario di invalidità con la decorrenza indicata dal c.t.u. d’appello (1 gennaio 2008) sul presupposto che la capacità di lavoro dell’assicurato, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, si era ridotta a meno di 1/3 del normale a far tempo dalla suddetta data. Ha invece rigettato la domanda di condanna al pagamento delle somme richieste a titolo di ratei maturati dal 1996 al 1999, ribadendo l’incompatibilità della prestazione richiesta con la rendita Inail ancora in godimento, in quanto fondata sullo stesso evento invalidante. Il c.t.u. aveva infatti rilevato che le infermità valutate dal tribunale di Velletri con la sentenza n. 309/1998 coincidevano in tutto con i postumi di un infortunio sul lavoro, subito il 18/6/1994, e già valutati in sede INAIL per il riconoscimento di una rendita per inabilità.
4. Contro la sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione, articolando un unico motivo. Il G.S. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale dal quale si difende l’Inps con controricorso.

Diritto

1. Con il ricorso principale l’Inps denuncia la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. lamentando l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto il diritto all’assegno ordinario di invalidità a far tempo dal 1 gennaio 2008 senza che fosse stata proposta una domanda in tal senso: il ricorso al Tribunale di Velletri aveva infatti ad oggetto esclusivamente la condanna dell’ente previdenziale al pagamento della somma indicata in ricorso a titolo di ratei arretrati (limitatamente al periodo novembre 1996- dicembre 1999, per un importo complessivo di L. 29.193.800). La sentenza era pertanto affetta da nullità in quanto resa in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
2. Dal canto suo, con il ricorso incidentale, il G.S. censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda di pagamento dei ratei arretrati, così violando il principio del giudicato (artt. 2909 cod.civ. e 324 cod.proc.civ.), segnato dalla sentenza n. 309/1998 del Tribunale di Velletri, e rilevabile d’ufficio indipendentemente dall’eccezione di parte o dall’allegazione tempestiva dei fatti costitutivi.
3. In sede di discussione orale il G.S. ha eccepito l’acquiescenza dell’Istituto previdenziale alla sentenza impugnata, e ha chiesto di produrre documentazione da cui si desumerebbe il riconoscimento del diritto. Tale richiesta, conformemente alla richiesta del Pubblico Ministero d’udienza, deve ritenersi inammissibile ai sensi dell’art. 372 cod.proc.civ., in mancanza di notificazione dei documenti, mediante elenco, all’altra parte, la quale ha contestato di aver manifestato la volontà di prestare acquiescenza alla sentenza impugnata. Deve infatti rilevarsi che l’art. 372 cod. proc. civ. consente che il deposito di documenti che riguardano l’ammissibilità, nonché la procedibilità o la proseguibilità del ricorso per cassazione o del controricorso, – inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione (Cass., 29 febbraio 2016, n. 3934) – avvenga anche oltre il termine previsto dall’alt. 369 dello stesso codice, ma richiede che del deposito eseguito la parte dia comunicazione all’altra notificandogli un elenco. Pertanto, poiché la notificazione costituisce uno specifico procedimento volto a realizzare la conoscenza legale del fatto che ne costituisce l’oggetto, ove essa sia stata omessa la documentazione prodotta non può essere presa in considerazione (Cass., 10 luglio 2003, n. 10904; Cass., 16/05/2006, n.11474).
4. Il ricorso dell’Inps è fondato, mentre deve rigettarsi il ricorso incidentale, che per ragioni di comodità espositiva si ritiene di trattare per primo.
5. Deve prendersi atto che le parti non contestano che al momento in cui la sentenza del tribunale di Velletri ha riconosciuto al G.S. l’assegno ordinario di invalidità egli era titolare di rendita Inail.
6. La L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 43 dispone che “Le pensioni di inabilità, di reversibilità o l’assegno ordinario di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante, a norma del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del presidente della repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, fino a concorrenza della rendita stessa. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti”.
7. La norma sancisce l’incumulabilità tra le due prestazioni in quanto entrambe riconducibili tutte alla tutela di una situazione di bisogno, effettiva o presunta, sancita dall’art. 38 Cost. (Cass. 10 marzo 2006, n. 5310, sulla scia delle conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite con la sentenza 19 maggio 2004, n. 9492).
8. Come è reso palese dal suo tenore letterale, la norma nella parte in cui esclude il cumulo tra le due prestazioni fondate sullo stesso evento invalidante non comporta il venir meno del diritto del lavoratore all’assegno ordinario, ma determina solo l’impossibilità che l’assicurato consegua la quota di assegno sino alla concorrenza di tale rendita. In altri termini l’esistenza della prestazione INAIL non incide sulla titolarità del diritto, che altrimenti non si comprenderebbe il titolo dell’erogazione della quota di assegno, eccedente l’importo di tale prestazione, ed astrattamente conseguibile dall’assicurato.
9. Questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio di diritto, secondo cui “in virtù della disposizione della l. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 43, che vieta il cumulo delle prestazioni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, liquidate in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, con la rendita vitalizia liquidata ex D.P.R. n. 1124 del 1965 per lo stesso evento invalidante, sino a concorrenza della rendita stessa, il soggetto che goda di tale rendita, pur potendo richiedere una prestazione a carico dell’assicurazione generale in ragione delle percentuali di invalidità riconosciute per la prestazione non cumulabile, non può tuttavia ottenere che venga posta a carico dell’assicurazione generale obbligatoria la quota della prestazione corrispondente all’ammontare della rendita medesima”. Tale disposizione, la cui ratio è quella di evitare che per uno stesso evento invalidante si possano conseguire pluralità di prestazioni assicurative e/o previdenziali, in dispregio ad una razionale utilizzazione delle risorse finanziarie destinate a soddisfare, in attuazione dell’art. 38 Cost., le necessità di soggetti che versino in stato di bisogno, non suscita dubbi di legittimità costituzionale (Cass. 29 luglio 2004, n. 14438; Cass., 12 giugno 2012, n. 9510).
10. Alla luce di questi principi, deve, per un verso, ritenersi legittima la condotta dell’Inps che, in presenza di una rendita Inail riconosciuta al G.S. per lo stesso evento invalidante, ha ritenuto di sospendere l’erogazione della prestazione e, per altro verso, è corretta la decisione della Corte che, senza incidere sulla sussistenza del diritto come riconosciuta dalla sentenza resa dal Pretore di Velletri n. 309/1998, ha rigettato il diritto del G.S. a pretendere il pagamento dei ratei dell’assegno ordinario di invalidità. Non si pone pertanto alcun problema di violazione del giudicato, dal momento che la sentenza non ha inciso sull’an della prestazione ma solo sulla sua concreta erogabilità in quanto assorbita dalla rendita INAIL in godimento da parte dell’assicurato.
11. Ciò comporta il rigetto del ricorso incidentale.
12. È invece fondato il ricorso dell’Inps.
Come risulta dalla trascrizione sia pur parziale del ricorso introduttivo del giudizio e dalla stessa sentenza impugnata, l’oggetto del presente giudizio è costituito dalla pretesa della parte al pagamento dei ratei maturati nel periodo indicato in ricorso (1/11/1996-31/12/1999), per un importo complessivo di L. 29.193.800, ed in forza della precedente sentenza del Pretore di Velletri. Nessuna altra domanda risulta proposta nel giudizio, il cui ambito è segnato esclusivamente dall’accertamento della natura dell’infermità da cui il ricorrente è affetto al fine di verificare se esse coincidessero o meno in tutto o in parte con i postumi dell’infortunio sul lavoro subito in data 18/6/1994.
13. Tanto la sentenza di primo grado quanto quella d’appello hanno affermato che le malattie poste a base del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità da parte della sentenza n. 309/1998 coincidevano con i postumi dell’infortunio sul lavoro, oggetto di riconoscimento di rendita per inabilità, ragione per la quale hanno ritenuto di rigettare la domanda di condanna dell’Inps al pagamento della somma richiesta.
14. L’ulteriore accertamento compiuto dal giudice d’appello sulla sussistenza di altre e diverse patologie, sopravvenute rispetto all’originaria domanda, sufficienti di per sé a determinare la riduzione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti alle attitudini del lavoratore nei limiti di legge, travalica il limite delle specifiche richieste della parte e inficia la sentenza di ultra petizione, in difetto di una domanda che, per “petitum” e “causa petendi”, è del tutto distinta da quella originariamente proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
15. La sentenza in parte qua è affetta da nullità e deve dunque essere cassata, senza ulteriori provvedimenti (arg. ex art. 382 c.p.c.).
16. Quanto alle spese processuali, poiché il giudizio è stato introdotto con il deposito nella cancelleria del Tribunale di Velletri del ricorso in data 8 maggio 2000, come risulta da ricorso per cassazione e dal controricorso, nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato ai sensi deN’articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo precedente la modifica introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, e qui da applicare ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto. Nulla sulle spese dell’intero giudizio.
Roma, 23 giugno 2016

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