Cassazione Civile, Sez. Lav., 07 luglio 2016, n. 13882

Infortunio in itinere per il lavoratore in permesso sindacale.


Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: RIVERSO ROBERTO
Data pubblicazione: 07/07/2016

Fatto

Con sentenza n.1199/2010, depositata il 19.10.2010, la Corte d’Appello di Catanzaro, accoglieva l’appello proposto dall’INAIL avverso la sentenza del tribunale di Crotone che aveva accolto la domanda di L.A. e condannato l’Istituto ad erogargli la rendita per inabilità permanente nella percentuale del 50%, a seguito di infortunio in itinere. La Corte, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda del lavoratore per difetto degli estremi per l’indennizzabilità del fatto, sostenendo che nella fattispecie mancasse il requisito dell’occasione del lavoro, in quanto il sinistro stradale in oggetto si era verificato, il 6.6.2000, mentre il lavoratore si trovava in permesso sindacale retribuito ed a seguito della sua partecipazione ad una riunione relativa ad attività sindacale, da egli svolta in modo episodico ed occasionale quale rappresentante sindacale (membro del direttivo della CISL oltre che membro della RSU). Secondo la Corte non poteva attribuirsi rilievo, alla circostanza emergente dalla sentenza appellata – e definita “ambigua affermazione” – secondo cui la riunione cui il L.A. aveva preso parte “aperta ai rappresentanti sindacali, era funzionale all’organizzazione dell’attività lavorativa da parte del datore di lavoro in quanto altrimenti, si finirebbe per “allargare impropriamente il concetto di ricollegabilità allo svolgimento dell’attività lavorativa estendendola a momenti ed occasioni in cui il collegamento non è diretto o indiretto, ma si rapporti solo ad una certa affinità di argomenti; affinità che non concretizza l’occasione di lavoro voluta dalla legge, che richiede un legame stretto, un’occasione materiale non limitata ad una somiglianza dei discorsi”; come si evinceva pure, ad avviso della Corte territoriale, dall’ordinanza della Corte Cost. n.136 del 20.4.2003 che aveva negato l’illegittimità costituzionale della mancanza di copertura assicurativa per il sindacalista in semplice permesso sindacale e non in aspettativa.
Per la cassazione di questa sentenza, ricorre il lavoratore con due motivi. L’INAIL resiste con controricorso.

Diritto

1. – Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. 1124/65 (ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.) laddove la sentenza aveva negato la ricorrenza dell’occasione di lavoro in ipotesi di svolgimento di attività sindacale da parte del lavoratore, anche non in aspettativa, ma in permesso sindacale; male interpretando l’ordinanza n. 136/2003 della Corte Cost.
2. – Con il secondo motivo il ricorso lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.), in quanto la Corte, nel disattendere il ragionamento del giudice di primo grado – secondo cui la riunione alla quale aveva partecipato il L.A., in permesso sindacale, fosse aperta ai rappresentanti sindacali ma funzionale all’organizzazione dell’attività lavorativa da parte del datore di lavoro – non aveva tenuto nemmeno conto della circostanza, pur documentalmente provata (sub all. 5 fase, primo grado) che il L.A. fosse “lavoratore sicurista, incaricato di attuare le misure di pronto soccorso, prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, gestione dell’emergenza nel cantiere ai sensi dell’art. 4 , comma 5 lett, A del d.lgs. 19.9.2004 n. 626”; e che perciò il L.A. si fosse recato alla riunione sindacale anche per conto dell’azienda in qualità di addetto alla sicurezza; in quanto nel corso dell’incontro dovevano essere discusse anche problematiche attinenti alla sicurezza delle gallerie e dei cantieri. Inoltre non era stato tenuto conto del fatto che, come dichiarato dal datore, le ore retributive per permessi sindacali costituissero elemento retributivo imponibile ai fini INAIL.
2.1.- Il secondo motivo risulta fondato ed ha rilievo assorbente ai fini della decisione.
In fatto è provato, e non contestato, che il ricorrente fosse dipendente del Consorzio CAVET presso il cantiere di Carlone , località Vaglia, (FI) con mansioni di conduttore di mezzi meccanici nei lavori di costruzione della galleria della linea direttissima nella tratta ferroviaria Firenze- Bologna; che l’attività lavorativa fosse prestata dal lunedì al venerdì di ogni settimana durante la quale L.A. alloggiava nel cantiere presso locali all’uopo predisposti per gli operai dal datore di lavoro. Egli era inoltre membro del Consiglio direttivo della FILCA CISL e dirigente della RSU di cantiere. Inoltre il ricorrente era stato designato dalla società CAVET a rivestire l’incarico di lavoratore incaricato della sicurezza ai sensi dell’art. 4 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 626/1994. Il 6 giugno 2000 la società CAVET aveva indetto una riunione sindacale, presso la sede della società in Pianoro (Bologna), alla quale il L.A. aveva partecipato fruendo di un permesso sindacale retribuito, con assoggettamento della erogazione ricevuta ai fini INAIL quale elemento retributivo imponibile; “la riunione, aperta ai rappresentanti sindacali, era funzionale all’organizzazione dell’attività lavorativa da parte del datore di lavoro”. Dopo la riunione, durante il viaggio di rientro al cantiere dove alloggiava, L.A. rimase vittima di un gravissimo incidente stradale all’esito del quale aveva riportato un’invalidità permanente pari al 50%.
2.2- Questa la fattispecie concreta, emergente dalla causa, la quale presenta alcuni tratti distintivi che la Corte territoriale ha invece derubricato ad elementi di “ambiguità”. In effetti, una volta accertato che la riunione fosse stata promossa dal datore di lavoro, presso la propria sede, ed avesse ad oggetto l’organizzazione dell’attività lavorativa, la Corte ha errato nel negare la riferibilità della funzione espletata come sindacalista all’attività lavorativa; posto che la partecipazione di un lavoratore, ancorché in qualità di sindacalista ed in permesso sindacale, ad una riunione che attiene all’attività dell’impresa, non può certamente dirsi attinente ad interessi diversi, estranei o immeritevoli di tutela rispetto a quelli presidiati dalla tutela assicurativa.
Ne consegue che la presenza del lavoratore lungo il percorso necessario per recarsi alla stessa riunione dal cantiere dove egli alloggiava, e viceversa, deve ritenersi riferibile al lavoro; e che le lesioni riportate in conseguenza dell’incidente stradale costituiscano infortunio in itinere, avvenuto in occasione del lavoro; e siano pertanto indennizzabili ai sensi della disciplina dell’art.12 del d.lgs. 38/2000 (che ha aggiunto un ultimo comma agli artt. 2 e 210 del t.u. 1124/65); Il quale, non va dimenticato, esclude la protezione assicurativa dell’infortunio che avvenga sul normale percorso che ricollega al lavoro, nel solo caso “di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate”.
2.3. – Ne’ può convenirsi con l’argomento, su cui pure si fonda la sentenza gravata, per cui il lavoratore in permesso sindacale, a differenza di quello in aspettativa – assicurato, ex novo, a seguito della sentenza 171/2002 della Corte Cost. (la quale ha anche stabilito che il sindacato sia onerato del pagamento dei premi, ai sensi dell’art. 9 del DPR 1124/65) – non possa essere mai protetto in quanto svolgente “un’attività sindacale episodica od occasionale”, secondo quanto si ricaverebbe pure dall’ordinanza della Corte Cost. n. 136 del 20.4.2003 che aveva negato (‘illegittimità della mancanza di copertura assicurativa per il sindacalista non in aspettativa. In realtà, l’argomento dell’episodicità dello svolgimento del mandato sindacale, desunto da quest’ultima ordinanza, non è pertinente in quanto la pronuncia della Corte Cost., in conformità alla censura su cui era stata chiamata a giudicare, si muoveva sul diverso solco del profilo soggettivo della tutela di cui all’art. 4 del DPR 1124/65 (sull’erronea premessa, fatta propria dal giudice a quo, secondo la quale il lavoratore sindacalista in permesso sindacale fosse privo di copertura assicurativa e perciò da proteggere ex novo alla stregua del lavoratore in aspettativa). Laddove, invece, i lavoratori che svolgano attività sindacale come rsa, rsu o come dirigenti sindacali non in aspettativa, rimangono pur sempre (in quanto esposti al rischio) assicurati ex artt. 4 e 9 cit. e soltanto si pone per essi il problema di verificare in concreto – come nel caso di specie – l’ambito di operatività della stessa tutela assicurativa di base; ovvero di accertare se il fatto sia avvenuto o meno “in occasione di lavoro” secondo il dettato dall’art. 2 DPR 1124. Il quale, giusta la consolidata giurisprudenza di questa Corte (su cui da ultimo Cass. Sez L. 7313/2016; Sez. L, Sentenza n. 6 del 05/01/2015; Sez. L, Sentenza n. 12779 del 23/07/2012), rimanda ad un ampio criterio di riferibilità al lavoro, con il solo limite del rischio elettivo.
2.4. – D’altra parte, nella stessa direzione dell’ampliamento della tutela ( secondo l’indirizzo ricordato anche dalla cit. sentenza costituzionale n. 171/2002) si pongono gli interventi tanto della Corte Cost. (sentenze n. 98 del 1990, n. 476 del 1987, n. 160 del 1990, n. 332 del 1992, n. 476 del 1987, n. 137 del 1989) tanto del legislatore; i quali hanno allargato le maglie della assicurazione gestita dall’INAIL a varie figure di prestatori e collaboratori, includendovi associati in partecipazione, familiari, parasubordinati, dirigenti, lavoratori discontinui, occasionali, accessori, domestici. Fino agli interventi normativi più recenti che si sono spinti a lambire il variegato mondo del lavoro volontario, con l’art. 12 del d.1.90/2014 (c.d. decreto Madia) conv. in 1.114/2014 che ha introdotto la copertura assicurativa – in via sperimentale ma già riproposta per il 2015 e 2016 dall’art. 1, commi 312-316, legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (legge di stabilità 2016) – per i soggetti impegnati in attività di volontariato o di utilità sociale, in ambito locale (in quanto beneficiari di ammortizzatori sociali). Ed anche a porsi oltre il mondo del lavoro, attraverso l’intervento della legge di stabilità per il 2015 (art.116 legge 190/2014) che ha ampliato l’intervento del fondo per le vittime dell’amianto (istituito presso INAIL con la legge finanziaria per il 2008) riconoscendo le stesse prestazioni economiche, in via sperimentale e transitoria, nei riguardi di semplici cittadini malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, per esposizione con un familiare impiegato nella lavorazione dell’amianto, ma anche soltanto per comprovata esposizione ambientale (e quindi anche senza alcun rapporto, neppure indiretto, con il mondo del lavoro ed anche senza alcuna genesi, neppure remota, di natura professionale).
2.5- Sul piano oggettivo poi la disciplina dettata con il richiamato art. 12 del d.lgs.38/2000, che recepisce l’elaborazione giurisprudenziale in materia, conferma l’estensione della tutela assicurativa all’infortunio che accada al lavoratore lungo il percorso che collega l’abitazione al lavoro e viceversa; escludendo nel contempo qualsiasi rilevanza all’entità professionale del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto; apprestando cioè tutela ad un rischio generico (quello del percorso) cui soggiace, in realtà, qualsiasi persona che lavori.
2.6. – Tutto ciò si muove pure all’interno del complesso sviluppo della giurisprudenza di questa Corte in materia di delimitazione dell’area di tutelabilità del lavoratore per infortunio in itinere. Il quale – come efficacemente sintetizzato nella sentenza 8/11/2000 n.14508 di questa Corte (e ripreso poi dalla sentenza 10750/2001, 19940/2004, 7717/2004, 6929/2005, 2642/2012; 7313/2016) – trova due ben individuabili punti d’approdo.
2.7. – Il primo, identificato nell’elaborazione della nozione di rischio elettivo inteso come tutto ciò che sia estraneo e non attinente alla attività lavorativa e dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa, ponendo così in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro rischio ed evento (Cass. 17/5/2000 n. 6431 che efficacemente riassume il processo elaborativo seguito di regola).
2.8. – Il secondo punto di approdo è quello che muove dalla individuazione di ulteriori criteri definitivi della necessità della scelta del lavoratore di utilizzare un mezzo privato i quali sono stati individuati dalla giurisprudenza di questa Corte nella normalità e ragionevolezza: entrambi determinabili in relazione a valori costituzionali quali la ragionevolezza (art. 3 Cost.), la libertà di fissare la propria residenza (art. 16 Cost.), le esigenze familiari (art. 31 Cost.), la tutela del lavoro in ogni sua forma (art. 35 Cost.), la protezione del lavoratore caso di infortunio (art. 38 Cost.), la rilevanza di valori costituzionali meritevoli di protezione (quale indubbiamente è anche lo svolgimento dell’attività sindacale).
3. – La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi. Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Va quindi disposto il rinvio della causa ad altro giudice, designato in dispositivo, per l’ulteriore esame della controversia. Il giudice del rinvio provvederà altresì, ex art. 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 21.4.2016.

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