Silicatosi e diritto alla rendita ai superstiti. Escluso il concorso causale e concausale nell’exitus della malattia professionale.
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: GHINOY PAOLA
Data pubblicazione: 09/06/2016
Fatto
La Corte d’appello di L’Aquila con la sentenza n. 318 del 2011 confermava la sentenza del Tribunale di Teramo che aveva rigettato il ricorso proposto da DC.T. per ottenere il riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti a seguito del decesso del coniuge, F.G., titolare di rendita per silicatosi rapportata ad un’invalidità del 41%, decesso dovuto a cardiopatia ischemica, intervenuta su un quadro di marcato deficit funzionale respiratorio. La Corte recepiva le conclusioni del c.t.u. nominato in secondo grado, confermative di quelle di prime cure, secondo le quali la tecnopatia da cui era affetto in vita il F.G. non aveva avuto nessuna incidenza causale né concausale nel decesso, dovuto esclusivamente alla cardiopatia.
Per la cassazione della sentenza DC.T. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo illustrato anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha resistito l’Inail con controricorso.
Diritto
1. La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 85,105 e 145 del T.U. n. 1124 del 1965, così come modificato dall’art. 4 della L.n. 780 del 1975. Ribadisce che, a mente del citato art. 145, “le prestazioni assicurative sono dovute in tutti i casi di silicosi o di asbestosi associate ad altre forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio”, che la silicosi può sortire un ruolo di concausa nel determinismo della morte, anche solo accelerando il decorso della malattia verso l’esito letale e che nel caso il signor F.G. era affetto da una patologia polmonare cronica, capace di determinare un ostacolo alla funzione respiratoria.
2. Il ricorso non è fondato.
La Corte territoriale si è attenuta al principio, più volte affermato da questa Corte ed al quale occorre dare continuità, secondo il quale l’art. 4 della legge 27 dicembre 1975 n. 780 – che ha modificato l’art. 145 del D.P.R. n. 1124 del 1965 stabilendo il diritto alle prestazioni assicurative a favore del lavoratore o dei superstiti nel caso di invalidità o di morte causata da silicosi o asbestosi di gravità anche minima associate a qualsiasi altra forma morbosa dell’apparato respiratorio o cardiocircolatorio – non esclude l’esigenza che sia accertato se in concreto la morte o l’inabilità del lavoratore siano o meno derivate dalla silicosi o dall’asbestosi in concorso causale con la malattia associata, poiché in termini medico – legali, ai fini in esame, può propriamente parlarsi di “associazione” solo quando vi sia interferenza anatomo – clinica tra la tecnopatia e le altre forme morbose, che consenta la reciproca sfavorevole influenza in termini di decorso e di esaltazione del potenziale lesivo (così Cass. n. 6107 del 18/06/1998, n. 20947 del 28/10/2004, n. 18820 del 09/07/2008).
2.2. La critica formulata nel ricorso, infondata sotto il profilo di diritto, si risolve quindi nella critica alle conclusioni del c.t.u., che ha escluso il concorso causale e concausale nell’exitus della malattia professionale, realizzata mediante un mero dissenso diagnostico (come si ricava da pg. 4 e 5, laddove, dopo aver riportato un brano dell’elaborato peritale, si ripercorre contestandolo l’iter motivazionale del c.t.u.). Inoltre, neppure si specifica in quale sede nel giudizio di merito le conclusioni del c.t.u. sarebbero state contestate. In tal senso la censura è inammissibile, considerato che questa Corte ha in più occasioni ribadito che, qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico officiato in giudizio, facendole proprie, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, la motivazione che recepisca, per relationem, le conclusioni e i passi salienti della consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (cfr., ex multis, Cass. n. 10222 del 4/5/2009, n. 23530 del 16/10/2013).
3. Segue il rigetto del ricorso.
Non vi è luogo a condanna della parte soccombente alle spese, risultando dalla motivazione della Corte d’appello che la ricorrente ha assolto all’onere autocertificativo previsto dall’alt. 152 disp. att. c.p.c., e che sussistono le condizioni reddituali per l’esonero.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 9.3.2016