Amianto. Ruolo di un datore di lavoro nella compagnia portuale.
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Massime precedenti:
N. 17092 del 2012
Rv. 624404. Per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 409, n. 1, cod. proc. civ., debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la “causa petendi” di tale pretesa, si presenti come antecedente e presupposto necessario, e non già meramente occasionale, della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale, essendo irrilevante l’eventuale non coincidenza delle parti in causa con quelle del rapporto di lavoro. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio di cui in massima, ha confermato sul punto la decisione di merito che aveva ritenuto sussistente la competenza del giudice del lavoro nella controversia promossa “jure hereditatis” dai familiari del lavoratore nei confronti dell’impresa utilizzatrice della prestazione, benché un rapporto di lavoro non fosse configurabile né con tale impresa né con la compagnia portuale, di cui il dante causa era socio lavoratore).
Riferimenti normativi: Cod. Proc. Civ.art. 409, Cod. Civ. art. 2043, Cod. Civ. art. 2059
Rv. 624403. L’art. 2087 cod. civ., che, integrando le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro previste da leggi speciali, impone all’imprenditore l’adozione di misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, è applicabile anche nei confronti del committente, tenuto al dovere di provvedere alle misure di sicurezza dei lavoratori anche se non dipendenti da lui, ove egli stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico – organizzativi dell’opera da eseguire.
Riferimenti normativi: Cod. Civ. art. 1655, Cod. Civ. art. 2087
Rv. 624401. In tema di sicurezza sul lavoro, le prestazioni del Fondo vittime dell’amianto di cui all’art. 1, comma 241 e seguenti, della legge n. 244 del 2007, ai sensi del comma 242, non escludono e si cumulano alle prestazioni diverse dovute in favore dei lavoratori secondo disposizioni generali o speciali, quali la rendita diretta o in favore dei superstiti dovuta dall’INAIL o il risarcimento del danno dovuto dal datore di lavoro. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato sul punto la sentenza della corte territoriale che aveva ritenuto che le prestazioni dispensate dal Fondo non potevano escludere alcuno degli altri diritti stabiliti dall’ordinamento per i medesimi soggetti e che”non si poteva quindi opporre alcuna compensazione né calcolo differenziale tra le prestazioni erogate dal Fondo e il diritto al risarcimento dei danni spettanti alle stesse vittime).
Riferimenti normativi: Legge 24/12/2007 n. 244, art. 1, com. 241 Corte Cost.
Rev. 624402. l rapporto di lavoro fra compagnie portuali – costituite in forma cooperativa ed aventi personalità giuridica – e singoli lavoratori soci si instaura solo quando le prime esercitano direttamente l’attività di impresa per le operazioni di carico e scarico e non anche quando le compagnie medesime si limitano a fornire la manodopera qualificata alle imprese portuali, ipotesi quest’ultima nella quale la compagnia portuale funziona, in pratica, da ufficio di collocamento -restando inapplicabile il divieto di appalto di manodopera di cui alla legge n. 1369 del 1960- e rimane pertanto esente da ogni responsabilità, anche in sede di rivalsa, per gli infortuni occorsi ai lavoratori. Ne deriva che in tale seconda ipotesi, e con riferimento alla domanda risarcitoria per infortunio promossa dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, non è configurabile litisconsorzio necessario tra la compagnia portuale che si limiti a fornire lecitamente manodopera al soggetto esercente l’attività imprenditoriale nell’ambito della quale si sia verificato l’infortunio.
N. 2992 del 1995
Rv. 491158. Il rapporto di lavoro fra compagnie portuali – costituite in forma cooperativa ed aventi personalità giuridica – e singoli lavoratori soci si instaura solo quando le prime esercitano direttamente l’attività di impresa per le operazioni di carico e scarico e non anche quando le compagnie medesime si limitano a fornire la manodopera qualificata alle imprese portuali, ipotesi quest’ultima nella quale la compagnia portuale funziona, in pratica, da ufficio di collocamento e rimane pertanto esente da ogni responsabilità, anche in sede di rivalsa, per gli infortuni occorsi ai lavoratori. Infatti il d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), dopo aver indicato (art. 9) fra i datori di lavoro obbligati all’assicurazione la compagnia portuale nei confronti dei propri iscritti, prevede espressamente (art. 27) il diritto della compagnia di rivalersi della relativa spesa nei confronti delle persone o degli enti nell’interesse dei quali le operazioni portuali vengono compiute – rivalsa che viene concretamente attuata mediante un’addizionale alla tariffa, vigente in ciascun porto, relativa alle prestazioni della manodopera, addizionale che, come la tariffa, viene fissata dall’autorità portuale – e che devono essere pertanto considerati come gli effettivi datori di lavoro, nei confronti dei quali vale l’esonero della responsabilità civile o si esercita l’azione di rivalsa, ai sensi dell’art. 10 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965.
Riferimenti normativi: Cod. Navig. art. 110, DPR 30/06/1965 num. 1124 art. 9, DPR 30/06/1965 num. 1124 art. 27
Rv.491159. Nell’ipotesi in cui il convenuto in primo grado abbia chiamato un terzo in giudizio per esercitare nei suoi confronti un’azione di regresso alla quale l’attore rimanga estraneo – ipotesi nella quale la domanda del garantito diretta alla condanna del garante presuppone necessariamente la soccombenza del primo rispetto alla causa principale – qualora la domanda attorea venga respinta e l’attore proponga appello avverso tale decisione chiedendo la condanna del convenuto, questi, se vuole a sua volta riproporre la sua domanda di regresso nei confronti del garante, per il caso in cui l’appello venga in tutto o in parte accolto, deve necessariamente proporre appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale (non essendo sufficiente la riproposizione della domanda a norma dell’art. 346 cod. proc. civ.), atteso che tale richiesta non tende alla conferma della sentenza di primo grado, ma ne presuppone la riforma.
Riferimenti normativi: Cod. Proc. Civ. art. 269, Cod. Proc. Civ. art. 346, Cod. Proc. Civ. art. 343