Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 ottobre 2015, n. 20415

Domanda di riconoscimento di malattia professionale non tabellata di una stiratrice.


 

Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: ESPOSITO LUCIA
Data pubblicazione: 12/10/2015

 

Fatto

1. Con sentenza dei 6-18/5/2010 la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di riconoscimento di malattia professionale non tabellata avanzata da S.P.R. nei confronti dell’INAIL, diretta al riconoscimento nei suoi confronti del diritto a una rendita per malattia professionale non tabellata. I giudici d’appello fondavano la decisione su una consulenza tecnica che aveva escluso l’origine professionale della malattia (tendinite del sovra spinoso), avuto riguardo all’attività di stiratrice svolta dalla lavoratrice.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S.P.R., fondato su un unico motivo. L’INAIL ha resistito con controricorso. La ricorrente ha presentato memorie.

Diritto

1. La ricorrente si duole che il giudice del gravame non abbia esaminato i motivi d’appello e non abbia rinnovato la consulenza medico-legale, limitandosi a recepire acriticamente le conclusioni del consulente di primo grado, il quale aveva lasciato disattesi i quesiti medico legali sollevati con l’appello. Rileva che la ctu appare del tutto carente, per non aver valutato coerentemente la gravosità delle mansioni svolte, né l’incidenza patogena delle stesse, oltre che deviante dai canoni fondamentali della scienza medico legale.
2. Il motivo è infondato alla luce del principio in forza del quale “Nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciarle in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o neil’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione” (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1652 del 03/02/2012, Rv. 620903). Nella specie si evidenzia che, nell’ambito delle argomentazioni difensive del ricorrente, mancano allegazioni specifiche nei termini indicati dalla giurisprudenza citata.
2. Quanto al tema attinente al mancato preteso rinnovo della consulenza tecnica, preme richiamare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, al quale il collegio intende prestare adesione, secondo il quale “in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sur punto” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17693 del 19/07/2013, Rv. 628711).
3. Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in € 100,00 per esborsi e in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 14/5/2015

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