Malattia di origine professionale dipendente dalla esposizione al CVM.
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: ESPOSITO LUCIA
Data pubblicazione: 13/10/2015
Fatto
1. L.DL., in qualità di erede di G.F., adiva il Tribunale di Venezia quale, chiedendo il riconoscimento nei confronti dell’lnail del diritto alla rendita ai superstiti e all’assegno funerario. Assumeva che il proprio dante causa era deceduto in conseguenza di una malattia di origine professionale dipendente dalla esposizione al CVM, cloruro di vinile monomero, durante il rapporto di lavoro svolto presso il Petrolchimico di Portomarghera. Il Tribunale adito rigettava la domanda sul rilievo della mancata sussistenza del nesso di causalità tra l’attività lavorativa e la malattia contratta. La Corte d’Appello confermava la sentenza.
2. Avverso la sentenza la ricorrente propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo e illustrato con memorie.
Diritto
l. La ricorrente deduce che la Corte territoriale ha ignorato che nel caso di specie la malattia era tabellata alla voce 34 del D.P.R. 13/3/1994 n. 336, che contempla, appunto, tra le altre, le malattie causate da cloruro di vinile, prevedendo un periodo massimo di indennizzabilità illimitato nel caso di malattie neoplastiche. Rileva, pertanto, che la Corte avrebbe dovuto dare ingresso alla prova testimoniale e adeguatamente motivare perché non aveva tenuto conto dell’elaborato peritale del dott. G., che aveva valutato adeguatamente il rischio al quale era stato esposto il lavoratore. Osserva che la Corte inverte l’onere della prova, poiché di fronte a un’infermità neoplastica tabellata e con periodo d’indennizzabilità illimitato spettava all’Inail dimostrare la diversa eziologia dell’infermità.
2 Il motivo è fondato. Come questa Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire in altre occasioni (Cass. 12108/2007) “in effetti le voci 33, 34, 35 e 36 della Tabella, sia di quella approvata con D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482 che di quella approvata con D.P.R. 13 aprile 1994, n. 336, riconoscono la dipendenza nelle malattie neoplastiche (con fattore tempo illimitato) dall’esposizione ai fenoli ed omologhi ed al cloruro di vinile e derivati”. Ne consegue che la sentenza impugnata è censurabile in primo luogo per non aver preso in esame il problema della natura tabellata o meno della malattia riscontrata all’appellante, con ogni conseguenza in ordine all’onere della prova del rapporto di causalità. E’ da rilevare, poi, sotto questo ultimo profilo, che secondo costante giurisprudenza (cfr, tra le altre, Cass. n. 8638 del 2008; Cass. n. 14023 del 2004) nell’Ipotesi di malattia tabellata “vi è l’onere per il lavoratore di dimostrare la presenza del fattore scatenante la malattia fra il materiale abitualmente adoperato nel lavoro, mentre l’istituto assicuratore è onerato di dare la prova dell’inesistenza del nesso eziologico, la quale può consistere solo nella dimostrazione che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in relazione ai tempi dell’esposizione e di manifestazione della malattìa” (Cass. 27520/2013).
3. Alla luce dei principi richiamati il motivo di ricorso va accolto e, per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia che, procederà alla verifica dell’apporto causale dei denunciati fattori di rìschio presenti nell’ambiente di lavoro e terrà conto della presunzione legale prevista per la malattia tabellata e delle relative conseguenze in punto di onere della prova.
4. Il giudice del rinvio provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Brescia.
Così deciso in Roma il 20/5/2015