Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 giugno 2016, n. 12347

Incidente in bicicletta tra due lavoratori: nessuna violazione della società se ci sono appositi di procedere piano e se la condotta dell’investitore non è connessa allo svolgimento dell’appalto.


Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: CAVALLARO LUIGI
Data pubblicazione: 15/06/2016

Fatto

Con sentenza depositata l’1.7.2010, la Corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della statuizione di primo grado, dichiarava la responsabilità esclusiva di A.T. e dì I. s.r.l. nella causazione dell’infortunio occorso a B.M.in data 20.8.2002 e, nel confermare la liquidazione complessiva del danno fissata dal giudice di prime cure, rigettava la domanda risarcitoria e la domanda di regresso proposte rispettivamente dallo stesso B.M. e dall’INAIL nei confronti di Th. Acciai Speciali Terni s.p.a. e di S.I. F.I. s.p.a. (ora S.I.F.I. s.r.l.).
La Corte, per quanto qui interessa, nel dar atto che l’infortunio doveva ritenersi verificato per colpa di un dipendente di I. s.r.l., tale A.T. (il quale, nel fuoriuscire in bicicletta da un cunicolo di ispezione del forno dello stabilimento industriale, aveva investito e travolto B.M., che sopraggiungeva, anch’egli in bicicletta, nel sottopassaggio del viale centrale, causandogli gravi lesioni), escludeva la responsabilità di Th. Acciai Speciali Terni s.p.a. e di S.I.F.I. s.p.a. (rispettivamente datrice di lavoro di B.M. e società incorporante il Consorzio COMIR, al quale era consorziata l’azienda alle cui dipendenze lavorava il responsabile del sinistro), rilevando, per quanto riguarda la prima, che nessuna violazione di norme cautelari le si poteva rimproverare, dal momento che in prossimità del cunicolo erano stati collocati appositi segnali volti a richiamare l’attenzione sulla necessità di procedere a passo d’uomo e che la condotta dell’investitore non era stata in alcun modo connessa allo svolgimento dei lavori dell’appalto, e, per ciò che concerne la seconda, che non vi era prova di una sua effettiva ingerenza nella gestione del cantiere, essendosi l’attività consortile limitata al reperimento dei contratti di appalto e alla suddivisione fra le consorziate delle relative opere.
Contro queste statuizioni ha proposto ricorso per cassazione B.M., affidandosi a sei motivi di censura. Hanno resistito con distinti controricorsi sia Th. Acciai Speciali Terni s.p.a. che S.I.F.I. s.r.l., proponendo in via condizionata altrettanti ricorsi incidentali, ai quali B.M. ha a sua volta resistito con distinti controricorsi. L’INAIL, intervenuto nel giudizio di primo grado, ha proposto ricorso incidentale per la cassazione della sentenza nel capo riguardante il rigetto della domanda di regresso proposta nei confronti di Th. Acciai Speciali Terni s.p.a., alla quale quest’ultima ha replicato con controricorso, come del resto, seppure solo in via cautelativa, anche S.I. F.I. s.r.l.; Assitalia s.p.a., chiamata in manleva da I. s.r.l. nel corso del giudizio di primo grado, ha depositato controricorso tardivo, mentre A.T. e I. s.r.l. sono rimasti intimati.
B.M., Th. Acciai Speciali Terni s.p.a. e l’INAIL hanno inoltre depositato memorie ex art. 378 c.p.c.-

Diritto
Con i primi tre motivi del ricorso principale, che possono esaminarsi congiuntamente in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte, il lavoratore ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 1218 c.c., dell’art. 7, d.lgs. n. 626/1994, nonché del d.P.R. n. 547/1955 e della legge n. 494/1996, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi della controversia e violazione degli artt. 115-116 c.p.c. per avere la Corte territoriale escluso la responsabilità di Th. e S.I.F.I. (già Consorzio COMIR) nella causazione dell’Infortunio occorsogli.
Più in particolare, nei riguardi del capo di sentenza riguardante l’esclusione della responsabilità di Th., si lamenta anzitutto che i giudici di merito non abbiano adeguatamente valutato se il lavoratore fosse stato avvertito dei lavori di manutenzione del cunicolo in prossimità del quale era avvenuto l’incidente e che avevano reso necessaria l’apertura del cancello di attraversamento del medesimo, e se vi fosse adeguata vigilanza sui transito da quest’ultimo; in secondo luogo, si rileva l’erroneità della sentenza per non aver riconosciuto che Th., quale committente dei lavori di manutenzione, doveva vigilare affinché questi venissero svolti con modalità tali da non pregiudicare la sicurezza dei propri dipendenti; infine, si lamenta che la sentenza impugnata non abbia considerato che, avendo il lavoratore dato prova dell’evento lesivo a suo carico, concretante inadempimento all’obbligo di protezione di cui all’art. 2087 c.c., gravava su Th. la prova liberatoria che l’inadempimento era dipeso da causa ad essa non imputabile.
Nei riguardi del capo di sentenza concernente l’esclusione della responsabilità di S.I.F.I., si lamenta invece che la Corte di merito non abbia ritenuto raggiunta la prova dell’ingerenza del Consorzio COMIR nella gestione del cantiere e dunque la sua responsabilità diretta nella causazione dell’infortunio, anche per violazione dei doveri di informazione sui rischi.
Con il quarto motivo del ricorso principale, il lavoratore ricorrente denuncia poi omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la portata del verbale transattivo da lui stipulato con Th. all’atto della cessazione del rapporto: a suo avviso, infatti, la Corte territoriale non avrebbe dovuto ritenere superfluo (siccome assorbito dal rigetto nel merito) l’esame dell’eccezione d’inammissibilità della domanda risarcitoria proposta da Th., ma avrebbe dovuto rigettarla in ragione del tenore del verbale di conciliazione, dal quale giammai poteva evincersi alcuna volontà abdicativa nei riguardi delle domande poi proposte nell’odierno giudizio.
Con il quinto motivo del ricorso principale, il lavoratore ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere la Corte di merito in alcun modo motivato la mancata condanna dell’istituto assicuratore chiamato in manleva da I. s.r.l. e nel confronti del quale egli aveva esteso la domanda risarcitoria.
Da ultimo, con il sesto motivo del ricorso principale, il lavoratore ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e omessa e/o insufficiente motivazione in ordine al capo di sentenza relativo alla condanna alle spese legali: a suo avviso, infatti, la pronuncia sarebbe errata perché non terrebbe conto della concorrente responsabilità di Th. e di S.I.F.I. nella causazione dell’infortunio ai suoi danni.
A sua volta, con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’INAIL denuncia violazione degli artt. 10 e 11, T.U. n. 1124/1965, e 7, d.lgs. n. 626/1994, per avere la Corte escluso la responsabilità di Th. nonostante che i cartelli segnalatori abitualmente collocati in prossimità del cunicolo dov’era avvenuto l’infortunio non potessero considerarsi adeguati alla segnalazione di un rischio derivante dall’effettuazione di lavori di manutenzione.
I primi tre motivi del ricorso principale (limitatamente alle censure formulate nei confronti del capo di sentenza riguardante l’esclusione della responsabilità di Th.) e il ricorso incidentale dell’INAIL possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
Va anzitutto ribadito che l’art. 2087 c.c. non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attività lavorativa viene prestata, onde in tanto può essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto (cfr. tra le tante Cass. nn. 8381 del 2001, 3234 del 1999, 5035 del 1998).
Si tratta, in altri termini, di un’obbligazione assimilabile a quelle tradizionalmente definite “di mezzi”, in cui la diligenza, oltre a costituire il criterio per valutare l’esattezza dell’adempimento, esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione, traducendosi nel dovere di conoscere quei saperi e di adottare quelle tecniche considerate più attendibili nell’ottica di perseguire il fine indicato dall’art. 2087 cit., e in cui il mancato conseguimento di tale fine rileva solo in quanto sussista un nesso di causalità (non solo in senso materiale, ma anche normativo) tra la condotta che detto obbligo di diligenza abbia violato e l’evento dannoso in concreto verificatosi. Vale a dire che l’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato, cioè quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quel particolare tipo di evento concreto che si è effettivamente verificato (o almeno un evento normativamente equivalente ad esso).
Nel caso di specie, muovendo dal presupposto di fatto (accertato dal primo giudice e non impugnato da alcuna delle parti in causa, dunque passato in giudicato) che l’infortunio occorso al lavoratore ricorrente si fosse verificato per avere l’investitore violato le norme sulla circolazione stradale, immettendosi repentinamente e senza dare la precedenza dal cunicolo di servizio nel sottopassaggio del viale sul quale transitava l’infortunato, travolgendolo, la Corte territoriale ha accertato che il cancello posto all’ingresso del cunicolo era stato legittimamente aperto per l’effettuazione di lavori di manutenzione e, ritenendo che l’avvenuta collocazione in loco da parte di Th. del segnale di “procedere a passo d’uomo” e di quello di pericolo “entrare ed uscire adagio” valesse ad ammonire quanti percorrevano il luogo dell’insidia connessa all’accesso sul sottopassaggio del viale centrale, ha assolto l’azienda dall’accusa di aver violato qualsivoglia regola cautelare.
Trattasi, a parere del Collegio, di un giudizio che resiste alle censure rivoltegli con il ricorso principale del lavoratore infortunato e con quello incidentale dell’Istituto assicuratore: quanto a quella di non aver preventivamente avvertito il lavoratore dell’esistenza di lavori di manutenzione che avevano reso necessaria l’apertura del cancello del cunicolo di servizio e di non aver avvertito (anche nella qualità di committente dell’appalto) i dipendenti della I. s.r.l. dell’attenzione da prestare nell’immettersi dal cunicolo nel sottopassaggio del viale centrale, perché la Corte territoriale ha accertato che la segnaletica dianzi ricordata aveva precisamente la funzione di avvertire il personale in transito del rischio costituito dalla presenza stessa dell’accesso al cunicolo di servizio, in qualunque condizione si trovasse il cancello di accesso a quest’ultimo, e l’art. 2087 c.c. (come del resto l’art. 7, d.lgs. n. 626/1994) può mettere capo ad una responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore solo allorché egli, con comportamenti specifici ed anomali, determini un aggravamento del tasso di rischio e di pericolosità ricollegato indefettibilmente alla natura dell’attività che il lavoratore è chiamato a svolgere (Cass. n. 11427 del 2000); quanto a quella di non aver adeguatamente vigilato sul transito dal cunicolo al sottopassaggio, perché non può certo farsi discendere dall’alt. 2087 c.c. un obbligo dell’imprenditore di impedire comportamenti anomali ed imprevedibili posti in essere in violazione delle norma di sicurezza, apparendo inesigibile un controllo personale di tutti i lavoratori (Cass. n. 7052 del 2001); quanto a quella di non aver considerato che„ avendo il lavoratore dato prova dell’evento lesivo a suo carico, gravava su Th. la prova liberatoria che l’inadempimento era dipeso da causa ad essa non imputabile, perché la mera verificazione del danno non è di per sé sola sufficiente a far scattare a carico dell’imprenditore l’onere probatorio di aver adottato ogni sorta di misura idonea ad evitare l’evento, presupponendo detta prova la dimostrazione, da parte del lavoratore, sia del danno che del nesso di causalità dianzi esposto fra la mancata adozione di determinate misure di sicurezza (specifiche o generiche) e il danno medesimo (Cass. n. 8381 del 2001, cit.).
Circa le censure del lavoratore ricorrente nei confronti del capo di sentenza che ha escluso la responsabilità del Consorzio COMIR (e dunque dell’incorporante S.I.F.I.), è invece appena il caso di ricordare che la Corte territoriale ha escluso che fosse stata raggiunta la prova di un’effettiva ingerenza nella gestione del cantiere dei dipendenti del Consorzio che vi erano presenti, affermando che la responsabilità dell’esecuzione dei lavori gravava In capo alle singole imprese consorziate; ed è evidente che le doglianze formulate al riguardo dal lavoratore ricorrente alle pagg. 51, 52 e 55 del ricorso, ancorché prospettate con riferimento a vizi di violazione di legge e di insufficiente motivazione, mirano in realtà ad una globale riconsiderazione del materiale probatorio acquisito all’uopo al processo, ovviamente non possibile in questa sede di legittimità.
Considerato che l’infondatezza delle censure prospettate dal lavoratore ricorrente nei primi tre motivi del ricorso principale determina l’assorbimento del sesto motivo, che logicamente ne dipende, restano da esaminare il quarto e il quinto motivo del ricorso principale, i quali sono entrambi infondati.
Circa il quarto, è evidente che nessuna critica può muovere il ricorrente alla sentenza per aver ritenuto superfluo l’esame dell’eccezione di inammissibilità della domanda risarcitoria sollevata da Th. in considerazione del verbale di conciliazione sottoscritto da ambo le parti all’atto della cessazione del rapporto: il mancato esame di una questione preliminare di merito può presentare una valenza propria, traducendosi in vizio di violazione di legge, solo quando la decisione della questione avrebbe dovuto impedire L’accoglimento della domanda, onde non può ritenersi sorretta da alcun interesse la censura proposta da chi, viceversa, quell’accoglimento intenda convintamente perorare.
Circa il quinto, è sufficiente invece ricordare che l’obbligazione dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo all’assicurato è autonoma e distinta dall’obbligazione risarcitoria dell’assicurato verso il danneggiato, con la conseguenza che, non sussistendo un rapporto immediato e diretto tra l’assicuratore ed il terzo danneggiato, quest’ultimo, in mancanza di una normativa specifica come quella della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, non ha azione diretta nei confronti dell’assicuratore (cfr. Cass. n. 8885 del 2010) e non può ovviamente dolersi della mancata condanna di quest’ultimo.
Il ricorso principale va, pertanto, conclusivamente rigettato, unitamente al ricorso incidentale dell’INAIL. Rimangono conseguentemente assorbiti i ricorsi incidentali proposti da Th. e S.I.F.I., siccome espressamente condizionati all’accoglimento del ricorso principale. L’esito contrastante dei due precedenti gradi di merito giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso principale nonché il ricorso incidentale proposto dall’INAIL. Dichiara assorbiti i ricorsi incidentali condizionati. Compensa tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.3.2016.

Lascia un commento