Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 marzo 2016, n. 5304

Infortunio sul lavoro e danno risarcibile.


Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA
Data pubblicazione: 17/03/2016

Fatto

La Corte d’appello di Salerno, riformando la sentenza del Tribunale, ha parzialmente accolto la domanda di LB.G. volta ad ottenere la condanna della soc Alimentari M. spa (AMI) datrice di lavoro, al risarcimento del danno morale, estetico, psichico, esistenziale e di ogni altro danno conseguente all’ infortunio sul lavoro per il quale l’Inail aveva già riconosciuto al lavoratore una rendita del 31/% con provvedimento anteriore all’entrata in vigore del DM n 119 del 2000.
La Corte ha esposto che il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento da parte del Tribunale del danno biologico e degli ulteriori danni non patrimoniali riportati in conseguenza dell’infortunio poiché, secondo il primo giudice, il grado di invalidità accertato dal CTU del 22% era di gran lunga inferiore a quello riconosciuto dall’Inail del 31% nel quale dovevano farsi rientrare gli eventuali ulteriori pregiudizi patiti a seguito dell’infortunio.
Secondo la Corte d’appello, invece, in base al DPR n 1124 del 1965, applicabile alla fattispecie, il danno biologico non era coperto dalla rendita Inail con conseguente diritto del lavoratore alla liquidazione a detto titolo dell’importo di € 61424,00 considerata la quantificazione effettuata dal CTU del danno biologico nella misura del 22% ed in applicazione dei parametri fissati dalla tabella approvata con DM 12/7/2000.
La Corte territoriale ha, altresì, accolto la domanda di liquidazione del danno morale determinato equitativamente nella misura di 1/3 del danno biologico e di rimborso delle spese mediche per € 124,00.
La Corte d’appello, infine, ha rigettato la domanda di garanzia formulata dalla soc Alimentari M. nei confronti della Zurich Insurance Public Limited Company sa e della Cattolica di Assicurazioni coop a ri rilevando che, salva diversa manifestazione di volontà, fino all’entrata in vigore del dlgs n 38/2000 la copertura assicurativa relativa alla responsabilità del datore di lavoro per danni da infortunio riguardava unicamente il danno patrimoniale e che nella specie la polizza non consentiva l’estensione ad altre forme di danno.
Con riferimento alla soc Cattolica ha poi rilevato che questa aveva stipulato il contratto con la soc AMI a decorrere dal 31/12/2001 con la conseguenza che non era operativa in relazione a sinistri verificatisi in epoca precedente.
Avverso la sentenza ricorre l’AMI con cinque motivi. Resistono LB.G. e le due assicurazioni. La Zurich e la ricorrente hanno depositato memoria ex art 378 cpc.

Diritto

Preliminarmente va dichiarato inammissibile il primo ricorso notificato dalla soc AMI p.a. atteso che detta società fin dal 12/1/2011 si era trasformata in sas con la conseguenza che solo quest’ultima avrebbe potuto rilasciare la procura al difensore per la proposizione del ricorso in Cassazione. Con la notifica del secondo ricorso, nel rispetto del termine per ricorrere in Cassazione, la soc AMI sas ha notificato un secondo ricorso di contenuto identico a quello precedente sanando la precedente nullità.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art 112 cpc. Lamenta che era stato devoluto alla Corte d’appello anche l’accertamento dell’infortunio, della omissione delle misure di sicurezza, del nesso di causalità tra evento e danni e dunque la stessa responsabilità del datore di lavoro e che tuttavia la Corte territoriale si era limitata ad esaminare il profilo risarcitorio della domanda del LB.G..
Deduce, inoltre, che le chiamate in causa solo nelle note autorizzate avevano eccepito per la prima volta che la copertura assicurativa era stata prestata con riferimento esclusivo al danno patrimoniale e che la Corte aveva omesso di valutare la tardività di tale eccezione.
Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione. Rileva che anche a voler ritenere superato il motivo precedente la decisione era del tutto insufficiente nella motivazione in quanto gli elementi fondamentali della domanda erano ampiamente controversi ed in ordine ad essi nulla era stata affermato dalla Corte che non aveva indicato da quali elementi avesse ritenuto sussistere la responsabilità del datore di lavoro.
I motivi congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono infondati.
Circa l’omessa pronuncia da parte della Corte territoriale in ordine alla sussistenza della responsabilità della società per l’infortunio occorso al lavoratore va rilevato che l’esposizione contenuta nel ricorso in cassazione della soc. AMI non evidenzia la riproposizione ex art 346 cpc in sede di appello dell’eccezione di assenza di responsabilità con la dovuta specificità e completezza.
La società riporta a pag. 10 le doglianze che aveva proposto in appello avverso l’accertamento del Tribunale, ma esse sì manifestano del tutto generiche e non dimostrano che la società appellata aveva prospettato davanti al giudice d’appello una diversa, rispetto a quella effettuata dal Tribunale, e concreta ricostruzione dei fatti che avrebbe obbligato la Corte territoriale a riesaminare la responsabilità accertata dal Tribunale.
Deve rilevarsi che la ricorrente non può limitarsi a dedurre l’omessa pronuncia o riportare un generico richiamo al precedente giudizio di primo grado, ma deve specificare quale sarebbe stata la sua tesi sulla quale il giudice di merito si sarebbe dovuto pronunciare e quali prove sarebbero state dedotte.
Ne consegue che le generiche doglianze che la ricorrente espone di aver proposto in appello non può essere ritenuta sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata e dunque denunciabile l’omessa pronuncia.
Per quanto attiene alla mancata pronuncia sulla tardività dell’eccezione sollevata dalle assicurazioni solo nelle note autorizzate se ne rimanda l’esame congiuntamente al quinto motivo avente ad oggetto proprio dette polizze assicurative.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1218,2058,2087 e 2697 cc nonché vizio di motivazione. Rileva che il danno deve essere allegato e provato e che nella fattispecie la Corte si era limitata a richiamare la CTU ed il DM 12/7/2000 ai fini della quantificazione del danno senza analizzare la prova dell’an dell’azione risarcitoria e senza alcuna personalizzazione del danno.
Il motivo è infondato. Il danno liquidato dalla Corte d’appello è costituito dal danno biologico costituito dalla lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità fisica della persona da ravvisarsi in presenza di una lesione fisica o psichica della persona, permanente o reversibile, da cui derivi, però, una compromissione delle attività vitali del soggetto, considerate nel senso più ampio.
Nella fattispecie la Corte d’appello si è adeguata alle conclusioni del CTU nominato in appello – le cui risultanze sono risultate identiche a quelle del CTU nominato in primo grado. In particolare la Corte ha riferito che il CTU aveva accertato che il LB.G. a seguito dell’infortunio aveva riportato la perdita del visus di 9/10 dell’occhio destro con insorgenza dì un danno biologico pari al 22%
Con riferimento a tale accertamento le osservazioni della ricorrente sono del tutto generiche senza alcun riferimento alle valutazioni del CTU condivise dalla Corte. Anche con riferimento alla quantificazione del danno le osservazioni della società sono del tutto generiche mentre la Corte d’appello ha chiaramente esposto i criteri applicati per la quantificazione del danno.
Con il quarto motivo l’AMI denuncia violazione degli artt 437, 345 epe e 2059 cc La Corte ha liquidato il danno morale senza che il ricorrente avesse allegato e provato gli elementi costitutivi e solo nell’appello avesse dedotto il fatto a supporto di tale danno ravvisato nel patema d’animo sofferto dalla vittima dell’illecito e dell’inadempimento contrattuale. Lamenta che la Corte non aveva rilevato che si trattava di un fatto nuovo non dedotto in primo grado.
Il motivo è inammissibile in quanto difetta di autosufficienza. La ricorrente non riporta le conclusioni contenute nell’atto di appello del lavoratore al fine di dimostrare la novità della domanda di liquidazione di detto danno o dei suoi presupposti essendo la domanda del ricorrente volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale complessivamente considerato.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione degli art 416, 437 e 345 cpc nonché vizio di motivazione.
Deduce che le società assicuratrici avevano dedotto che la polizza copriva solo il danno patrimoniale nelle note e dunque tardivamente, quando si erano già maturate le preclusioni. Anche tale motivo è infondato. Per quanto riguarda la soc Zurich la Corte d’appello ha affermato che dall’esame della documentazione prodotta in giudizio risultava che la AMI aveva stipulato la polizza, valida per il periodo compreso tra il 16/10/1997 ed il 31/12/2007, con cui si era obbligata a tenere indenne la predetta società di quanto essa avesse dovuto corrispondere (a titolo dì capitale, interessi e spese) quale civilmente responsabile, ai sensi degli artt 10e 11 del dpr n 1124/1965, per gli infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lei dipendenti (art 123 delle condizioni generali di assicurazione). La Corte d’appello ha quindi concluso che poiché il rischio assicurato dalla Zurich era correlato ai soli casi di responsabilità datoriale ex art 10 del dpr citato e riguardava unicamente il danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa e non anche il danno biologico e/o morale con la conseguenza che la domanda di garanzia non poteva trovare accoglimento.
La ricorrente ha opposto che la Zurich aveva eccepito tardivamente l’inoperatività della polizza. Deve, tuttavia, rilevarsi da un lato che era onere della stessa società ricorrente fornire la prova ex art 2697 cc della fondatezza della sua domanda di garanzia e, dunque, nessuna violazione delle norme citate risulta sussistere.
La soc AMI, inoltre, nel presente giudizio non censura correttamente l’interpretazione data dalla Corte di merito della polizza attraverso il richiamo alle norme di cui agii art 1362 e seg. Cc. Essa, infatti, si limita a denunciare un vizio di motivazione, peraltro, del tutto insussistente.
Per quanto riguarda la Cattolica la Corte ha rilevato, invece, l’inoperatività della garanzia prestata perché la polizza era stata stipulata successivamente all’infortunio e non aveva efficacia retroattiva. Anche con riferimento a tale interpretazione della polizza ii ricorrente non formula censure e la soc. Cattolica ha anche riportato il contenuto della memoria di costituzione nella quale aveva rilevato quanto accolto dalla Corte territoriale.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare € 4.000,00 per compensi professionali ed € 100,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge a favore di LB.G., nonché € 3000,00 per compensi professionali ed € 100,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, a favore di ciascuna delle società Zurich International Italia e Cattolica di Assicurazioni.

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