Premio supplementare per rischio silicosi.
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 18/05/2016
Fatto
La società O.P. s.r.l. ha proposto impugnazione avverso il verbale di accertamento ispettivo del 27.1.2009 con cui l’Inail intimava il pagamento della somma di euro 158.100,04 per premio supplementare – rischio silicosi con riguardo agli anni 2003 – 2007, chiedendo l’accertamento della insussistenza del credito contributivo. Il Tribunale di Trento ha respinto la domanda e la Corte di appello della medesima sede ha confermato la sentenza rilevando, per quel che interessa, che l’impresa aveva provveduto, sin dall’inizio dell’attività, a denunciare all’Istituto i lavoratori esposti a rischio silicosi e che successivamente, in data 20.2.1997, aveva richiesto l’esonero dal pagamento del premio supplementare, determinando l’avvio di un accertamento tecnico da parte dell’Inail (concluso nel luglio 1998 e comunicato all’impresa il 29.11.2000) che rilevava la permanenza dell’obbligo assicurativo con riguardo a determinate lavorazioni, accertamento contestato dall’impresa solamente in data successiva (precisamente il 14.2.2008) al periodo contributivo richiesto.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la società propone ricorso per Cassazione fondato su due motivi. L’Inail resistite con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Diritto
1. – La società ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa valutazione della domanda diretta alla contestazione dei dati di base su cui il provvedimento dell’Inail è stato adottato nonché per omessa decisione sulla corretta determinazione e quantificazione dell’eventuale obbligo al pagamento di conguaglio del premio silicosi per il periodo 2003-2007. In sostanza, la ricorrente sostiene che il giudice di merito ha concentrato la sua valutazione sull’interpretazione e sull’applicazione dell’art. 12, comma 3, del D.P.R. n. 1124 del 1965, con particolare riguardo all’onere dell’impresa di comunicare all’Istituto eventuali variazioni di rischio, trascurando di verificare la fondatezza dell’accertamento tecnico effettuato nel 1998 dall’ufficio interno Contarp dell’Inail, richiesta avanzata sia in primo che in secondo grado.
2. – Con il secondo motivo, la società ha dedotto l’errata interpretazione e mancata applicazione dell’accordo intervenuto tra le parti in corso di causa, lamentando che la Corte territoriale ha erroneamente interpretato come proposta transattiva il riepilogo degli importi dovuti presentato in udienza dall’Inail al fine di definire la controversia, trattandosi invece di una più corretta valutazione del rischio effettuata dall’Istituto in contraddittorio con la controparte.
3. – I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della connessione logica, non sono fondati.
Va osservato che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 12799/2014) l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata – e che era compresa nel thema decidendum – tale statuizione, ancorché in ipotesi erronea non può essere direttamente censurata per ultra o extrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, il vizio anzidetto non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea; di riflesso, la sentenza non può essere annullata per ultra o extrapetizione se preliminarmente non si annulli quella parte di essa che spiega le ragioni che hanno indotto il giudice di merito ad esaminare la domanda, In tal caso, l’ipotetico errore non si configura come error in procedendo, ma attiene esclusivamente al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte, e non a quello inerente all’applicazione di principi processuali. Conseguentemente, detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, giacché la ricostruzione del contenuto di tali atti è compito istituzionale del giudice del merito (cfr. Cass. nn. 2096/07, 8953/06 e 11639/04).
Va, inoltre, sottolineato che la sentenza in esame (pubblicata dopo l’11.9.2012) ricade sotto la vigenza della novella legislativa concernente l’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), L’intervento di modifica, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014), comporta una ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto, che va circoscritto al “minimo costituzionale”.
Ebbene, la Corte territoriale – esaminando il motivo di appello della società consistente nella “evidente fuoriuscita dal thema decidendum che era stato sottoposto al giudicante” – ha sottolineato che non poteva attribuirsi efficacia retroattiva al certificato di variazione comunicato all’impresa a seguito dell’accertamento ispettivo del gennaio 2009 e concernente il versamento del premio supplementare per rischio silicosi per il periodo 2003-2007, in quanto l’obbligo assicurativo era emerso a seguito di accertamenti tecnici compiuti dall’ufficio Contarp dell’Inail ed era stato comunicato all’impresa sin dal novembre 2000. In particolare, la sentenza impugnata ha sottolineato che la società, resa edotta dell’obbligo contributivo sin dall’anno 2000, non aveva ritenuto di contestare la correttezza degli accertamenti effettuati dall’Inail, così come previsto dall’art. 12, terzo comma, del D.P.R. n. 1124 del 1965, provvedendo – in via autonoma – nel 2002, 2005 e 2007 ad incaricare il presidio ospedaliero di Desio delle indagini sull’esposizione a silice e comunicando all’Istituto gli esiti delle indagini
solamente il 14.2.2008. La Corte ha, pertanto, ritenuto che conseguiva la “legittimità della pretesa di Inali di applicare i sopra premi silicosi secondo le risultanze dall’accertamento del 2000, in difetto di evidenziazione da parte dell’appellante di una avvenuta modifica “di estensione e di natura del rischio” come richiesto dall’art. 12, terzo comma, del citato DPR” aggiungendo che “posto che nel 2009 Inail si è limitata a richiedere quanto dovutole per il periodo 2003-2007 sulla base della precedente rilevazione diretta del rischio effettuata nei 1998 dalla Contarp e del cui esito aveva ritualmente dato comunicazione alla appellante” (pag. 13 della sentenza). Infine, la Corte territoriale ha evidenziato che “La specifica contestazione nel merito degli accertamenti della Contarp e la individuazione delle censure mosse agli accertamenti tecnici disposti da Inail è stata compiuta per la prima volta solo nella memoria con proposta di definizione ex art. 91 c.p.c. depositai all’udienza de! 2.3.2010 ed è quindi del tutto tardiva.” Ha, conseguentemente, ritenuto inammissibile la richiesta di esperimento di CTU.
4. – La Corte territoriale, con interpretazione ermeneutica corretta e con argomentazione logica, ha spiegato dunque che – da tutti i documenti esibiti – non emergeva alcun elemento da cui poter desumere che la società avesse inteso contestare – nel rispetto delle procedure dettate dall’art. 12 D.P.R. n. 1124 del 1965 – la copertura a rischio silicosi così come accertata nel 1998 dall’Inaìl per il periodo in contestazione (2003-2007) ed ha, conseguentemente, respinto la domanda di accertamento negativo sul credito contributivo vantato dall’Istituto, oggetto della domanda avanzata dalla società.
Non è, quindi, rinvenibile nella sentenza impugnata alcuna anomalia motivazionale che si manifesti come “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, o “motivazione apparente” (Cass. S.U. n. 8053 cit.)
5. – Del pari, la Corte territoriale, con interpretazione non censurabile sotto il profilo logico- formale, ha ritenuto che “l’indicazione dell’importo de quo [inferiore] da parte dell’Inail costituisce una mera proposta transattiva effettuata ai fini conciliativi, non implicante alcun riconoscimento della debenza dei detti importi né la circostanza che la proposta sia stata fatta a seguito di nuovi accertamenti tecnici in merito alla attuale situazione di sottoposizione al rischio silicotigeno effettuati in concomitanza con la proposta, consente di attribuire alla proposta medesima valenza di accertamento dell’importo effettivamente dovuto per il pregresso periodo oggetto di causa”.
La Corte territoriale ha, inoltre, riportato specificamente la trascrizione del processo verbale concernente l’udienza – svolta in primo grado – nella quale l’inail aveva depositato un prospetto riepilogativo degli importi dovuti al fine di “definire la controversia”.
La sentenza impugnata ha, pertanto, affrontato la questione della prospettazione di un importo contributivo minore proveniente dall’Inail ed ha concluso per la natura transattiva della proposta.
Non può, pertanto, imputarsi alla sentenza impugnata alcun vizio di omissione o di contraddittorietà o illogicità manifesta in quanto la motivazione non è assente o meramente apparente, né gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.
6. Il ricorso va pertanto respinto, con regolazione delle spese di lite secondo il criterio della soccombenza.
7. Il ricorso è stato notificato il 24/6/2013, dunque in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge a! momento del deposito dello stesso”.
Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 febbraio 2016