Cassazione Penale, Ord. Sez. 7, ud. 25 settembre 2015 (dep. maggio 2016), n. 21808

Attrezzature di lavoro non conformi. Tardivo pagamento della sanzione amministrativa.


Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO
Data Udienza: 25/09/2015

FattoDiritto

1. Il sig. M.I. ricorre per l’annullamento della sentenza del 12/05/2014 del Tribunale di Benevento che l’ha condannato alla pena di tremila euro di ammenda per il reato p. e p. dagli artt. 71 e 87, comma 2, lett. c), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per aver omesso di mettere a disposizione dei lavoratori dipendenti attrezzature di lavoro conformi ai requisiti prescritti dall’art. 70, d.lgs. n. 81 del 2008, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere (in particolare i torni catalogati T07-T08-T09 non erano dotati di protezione fissa o mobile del pezzo in lavorazione e non erano dotati di protezione dell’organo mobile di lavorazione); fatto contestato come commesso in Calvi il 20/07/2009.
1.1. Con il primo motivo eccepisce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 192 e 546, lett. e), cod. proc. pen., non essendo possibile individuare, alla luce – testualmente – “dell’incarto processuale”, il criterio adottato nella valutazione della prova.
1.2. Con il secondo eccepisce che il pagamento della sanzione amministrativa è comunque avvenuto, anche se tardivamente.
1.3. Con il terzo motivo eccepisce la manifesta mancanza di motivazione, perché il Tribunale non ha indicato le ragioni di fatto e di diritto che lo hanno indotto ad affermare la sua responsabilità, sotto ogni profilo.
1.4. Con il quarto motivo eccepisce l’incongruità della pena, eccessiva e sproporzionata, avuto riguardo all’aumento per la continuazione la cui determinazione è priva di qualsiasi giustificazione.
2. Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
3. Il Tribunale ha indicato in modo più che esauriente le ragioni della condanna che si fondano sugli esiti dell’ispezione descritti nel verbale di accertamento n. 67 notificato all’imputato il 08/08/2009, ribaditi dalla testimonianza resa in dibattimento dal dipendente dell’Asl che effettuò l’accesso.
3.1.L’imputato, che prescinde immotivatamente da tali elementi di prova (dei quali non eccepisce il travisamento), ne oppone una diversa lettura facendo inammissibilmente ricorso ad atti contenuti nell’incarto processuale al quale, come noto, questa Corte non può accedere nemmeno se venga eccepita la violazione degli artt. 192 e 546, cod. proc. pen. (norme che non possono essere strumentalmente utilizzate per veicolare il fatto in sede di legittimità).
3.2.Il tardivo pagamento della sanzione amministrativa di cui agli artt. 21, comma 2, e 24, d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, non estingue il reato posto che il relativo termine ha natura perentoria.
3.3.Quanto, invece, alla commisurazione della pena, ferma restando l’incomprensibile censura che riguarda l’applicazione dell’art. 81, cod. pen. (mai applicato dal Giudice) osserva la Corte che l’imputato è stato condannato alla sola pena pecuniaria, alternativa a quella detentiva e che secondo il proprio costante indirizzo interpretativo, si può far ricorso esclusivo a espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, non solo quando il Giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano;Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri) ma anche quando, in caso di pene alternative, applichi la sanzione pecuniaria, ancorché nel suo massimo edittale (Sez. 1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo; Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995, Capelluto).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25/09/2015

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