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Cassazione Penale, Sez. 2, 22 dicembre 2015, n. 50185

Indebita percezione di un contributo regionale relativo alla formazione in azienda dei dipendenti. Sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.


Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO
Data Udienza: 09/12/2015

Fatto

1. Con decreto del 16.6.2015 il G.I.P. del Tribunale di Catanzaro dispose il sequestro preventivo fino all’equivalenza della somma di € 34.000,00 nei confronti di M.D. (indagato per i reati di cui agli artt. 483 e 640 bis cod. pen.) e della G. S.a.s. (in relazione all’illecito di cui all’art. 24 D. Lgs. 231/2001, consistito nell’indebita percezione di un contributo regionale relativo alla formazione in azienda dei dipendenti, conseguente alla produzione di false attestazioni da parte del legale rappresentante della società all’epoca dei fatti).
2. L’indagato e G. S.a.s. proposero istanza di riesame ed il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 28.7.2015, confermò il provvedimento impugnato.
3. Ricorre per cassazione M.D., in proprio e quale amministratore della G. S.a.s., tramite il difensore, deducendo:
1. sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e ed il valore del profitto che si assume illecitamente conseguito: solo nei confronti della G. S.a.s. è stato sequestrato un immobile del valore di € 35.000,00; inoltre sono stati sequestrati altri beni nei confronti dell’indagato (autovettura, partecipazioni societarie e Cev immobiliare); il valore dei beni sequestrati supera quello indicato nel provvedimento di sequestro;
2. difetto di gravi indizi di reato in quanto C.R. e E.D. hanno dichiarato di aver effettivamente preso parte ai corsi di formazione.

Diritto

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che emette il provvedimento non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al P.M. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24785 del 12/05/2015 dep. 11/06/2015 Rv. 264282).
Ne consegue che non può essere oggetto di valutazione da parte del giudice riesame l’esecuzione del provvedimento, ma l’interessato dovrà richiedere la restituzione dei beni eventualmente sequestrati in eccedenza all’autorità procedente.
In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il Tribunale del riesame, tranne i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni e l’ammontare del sequestro corrispondente al profitto del reato, non è titolare del potere di compiere mirati accertamenti per verificare il rispetto del principio di proporzionalità, con la conseguenza che il destinatario del provvedimento di coercizione reale può presentare apposita istanza di riduzione della garanzia al P.M. e, in caso di provvedimento negativo del g.i.p., può impugnare l’eventuale decisione sfavorevole con l’appello cautelare. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 37848 del 07/05/2014 dep. 16/09/2014 Rv. 260149. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi il provvedimento del tribunale del riesame che aveva confermato il decreto emesso dal g.i.p., attesa l’assenza di elementi da cui desumere una evidente violazione del principio di proporzionalità del sequestro).
In secondo luogo, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, il provvedimento cautelare può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2488 del 27/11/2014 dep. 20/01/2015 Rv. 261852. Fattispecie in materia di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).
Detto principio vale anche nei confronti degli enti responsabili ai sensi del D. Lgs. 231/2001.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
In tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5656 del 28/01/2014 dep. 05/02/2014 Rv. 258279. Fattispecie relativa al sequestro di una patente di guida rilasciata sul presupposto di un certificato medico falso, nella quale la Corte ha ritenuto superflua ogni ulteriore valutazione in punto di indizi di responsabilità dell’indagata).
Inoltre, in tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell’alt. 19 D.Lgs. n. 231 del 2001, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’alt. 321, comma primo, cod. proc. pen., essendo sufficiente accertarne la confiscabllità una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 41435 del 16/09/2014 dep. 06/10/2014 Rv. 260043).
Il tribunale ha motivato sull’esistenza del fumus commissi delicti in ragione della mancata effettuazione dei corsi e rilevato che C.R. ha riferito di aver seguito solo un corso sulla sicurezza del lavoro e disconosciuto la sua sottoscrizione sul piano formativo.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con ¡1 provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

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