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Cassazione Penale, Sez. 3, 06 giugno 2016, n. 23292

 

Le attività industriali sono assoggettate all’applicazione della speciale disciplina di prevenzione incendi, come enunciata negli artt. 2 e 4 del d.P.R. n. 151/2011, in relazione alla singola categoria di appartenenza e non ogni attività di riparazione di veicoli a motore ed assimilati è ricompresa in tale disciplina preventiva, ma solo quella che viene espletata nei locali che occupano una superficie coperta superiore a 300 mq.

 


Presidente Fiale
Grillo

Fatto

1.1 Con sentenza del 15 ottobre 2013 il Tribunale di Lagonegro dichiarava – per quanto qui rileva – P.V. colpevole del reato di cui all’art. 20 in relazione all’art. 16 comma 2 del D. Lgs. 139/06 (reato commesso il 15 settembre 2010) alla pena di € 1.000,00 di ammenda, mentre lo assolveva dalle residue imputazioni di cui agli artt. 137 comma 1, in rel. all’art. 107 del D. Lgs. 152/06 e 279 comma 3, in rel. all’art. 272 comma 1 del medesimo D.Lgs. perché il fatto non sussiste.
1.2 Avverso la detta sentenza ricorre l’imputato tramite il proprio difensore di fiducia lamentando difetto assoluto di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, in quanto il Tribunale avrebbe affermato apoditticamente la sussistenza del reato contestato ad esso ricorrente omettendo di verificare se la speciale normativa antincendio che imponeva l’ottenimento dell’apposito certificato, fosse applicabile per officine – come quella del ricorrente – aventi una superficie coperta inferiore a mq. 300 (la cui superficie non veniva controllata dal Tribunale).

Diritto

1. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. Va premesso in punto di fatto, limitatamente alla residua imputazione tra quelle originariamente contestate, per la quale è intervenuta la condanna – che al P. è stato fatto carico del reato di cui all’art. 20 in relazione all’art. 16 comma 2 del D. Lgs. 139/06, “perché, nella qualità descritta al capo a) [legale rappresentante della Fratelli P. GROUP s.r.l. esercente officina meccanica e di rimessaggio imbarcazioni corrente in Santa Marina] esercitava l’attività sopra descritta in assenza del prescritto certificato di prevenzione incendi” (reato accertato in Santa Marina il 17 settembre 2010).
2. La norma violata, contemplata dal D. Lgs. 139/06 (art. 20 comma 1) recita testualmente: “Chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo e’ punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 euro a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica. previsto dall’articolo 16, comma 1”. A sua volta il comma 1 del menzionato art. 16 prevede le modalità di rilascio dei certificato suddetto a cura del competente Comando Provinciale del Corpo dei Vigili dei Fuoco in relazione alla tipologia delle attività esercitate dall’interessato.
3. La responsabilità del P. è stata affermata dal Tribunale sulla base della testimonianza resa in dibattimento da parte dei teste D’A.P. che aveva accertato, nel corso di una visita ispettiva presso l’officina del P., la mancanza di tale certificato.
3.1 Secondo la tesi difensiva, però, il Tribunale sarebbe incorso oltre che in un evidente difetto di motivazione, anche nella inosservanza della norma penale, perché, secondo quanto previsto dall’Allegato 1 di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 151 dell’1 agosto 2011, non tutte le officine sono assoggettate al rilascio dei certificato di prevenzione antincendi, ma solo quelle che occupano una superficie superiore a 300 mq.: nel caso in esame – secondo quanto prospettato dalla difesa – il Tribunale nel prendere atto di quanto dichiarato dal teste – non ha tenuto in considerazione quanto previsto dal D.P.R. citato.
3.2 In effetti la norma contemplata nell’art. 2 del detto D.P.R. detta le varie regole per l’applicabilità dei controlli di prevenzione incendi in relazione alla tipologia delle attività, richiamando l’allegato 1 che suddivide dette attività industriali in tre categorie con la relativa indicazione delle caratteristiche che impongono il rilascio dei detto certificato: in particolare il comma 3 dei detto art. 2 prevede che “Le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e C, come individuate nell’allegato 1 in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore di attività, alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità”.
3.3 Dal testo dei menzionato allegato risulta che al par. 53) sono inserite tra le imprese assoggettate a tale regime di prevenzione, le officine per la riparazione di veicoli a motore, rimorchi per autoveicoli e carrozzeria di superficie coperta superiore a 300 mq.: può quindi ribadirsi il principio che le attività industriali sono assoggettate all’applicazione della speciale disciplina di prevenzione incendi come enunciata negli artt. 2 e 4 del detto D.P.R. in relazione alla singola categoria di appartenenza e che non ogni attività di riparazione di veicoli a motore ed assimilati è ricompresa in tale speciale disciplina preventiva, ma solo quella che viene espletata in locali che occupano una superficie coperta superiore a 300 mq.
3.4 Nel caso in esame è mancato da parte del giudice qualsiasi accertamento diretto a verificare quale fosse la categoria dell’attività sottoposta ai controlli di prevenzione incendi e soprattutto se la superficie coperta dell’azienda occupasse o meno una entità superiore a 300 mq.
4. Sulla base di tali considerazioni si impone allora l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lagonegro che si atterrà, in quella sede, al principio enunciato da questa Corte Suprema in relazione ai contenuti del D.P.R. 151/11.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lagonegro.

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