Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 3, 09 novembre 2018, n. 51028

Affidamento dei lavori di manutenzione e pulizia del forno inceneritore ad altra impresa: obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi.


Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
Data Udienza: 26/06/2018

Fatto

1. Con sentenza del 17 giugno 2015 il Tribunale di Verbania ha condannato M.C., quale legale rappresentante della S.p.a. CONSER VCO, alla pena, condizionalmente sospesa, di euro 1.350,00 di ammenda, in relazione a plurime violazioni alle disposizioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro, di cui agli artt. 28, comma 2, lett. d), 223, comma 1, 223, comma 2, d.lgs. 81/2008, ritenendo irrilevante la circostanza, posta a fondamento delle difese svolte dall’imputato, che la manutenzione e la pulizia dell’impianto di termo-utilizzazione e delle aree esterne connesse, in relazione al quale erano state contestate le violazioni alle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavori, fosse stata affidata a una impresa esterna.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo ha lamentato l’erronea applicazione dell’art. 26 d.lgs. 81/2008, per l’inadeguata e insufficiente considerazione dell’affidamento dei servizi di manutenzione e pulizia del forno inceneritore e delle aree esterne alla S.r.l. SGS, con la conseguente insussistenza di obblighi di vigilanza sullo svolgimento di tali attività a carico dell’imputato, quale presidente del consiglio di amministrazione della S.p.a. CONSER VCO, e anche di redigere il documento di valutazione dei rischi, in quanto il relativo obbligo gravava esclusivamente sulla impresa appaltatrice cui detta attività era stata affidata, risultando priva di rilievo la collaborazione estemporanea prestata da alcuni dipendenti della CONSER VCO, trattandosi collaborazione estemporanea, non autorizzata e di cui il ricorrente non era neppure a conoscenza.
2.2. Con il secondo ha prospettato la violazione dell’art. 24 d.lgs. 758/1994, per la mancata sospensione del procedimento allo scopo di ammettere l’imputato all’oblazione, posto che attraverso lo spegnimento dell’impianto aveva eliminato le conseguenze dannose del reato, e quindi la somma da pagare ai sensi dell’art. 162 bis cod. pen. avrebbe dovuto essere ridotta della metà e tale condotta avrebbe dovuto essere, comunque, valutata al fine della ammissione alla oblazione, con la conseguente necessità di annullare la sentenza impugnata e rimettere gli atti al Tribunale allo scopo di consentirgli di avvalersi dell’oblazione.

Diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. La censura formulata con il primo motivo, mediante il quale è stata lamentata la violazione dell’art. 28 d.lgs. 81/2008, per l’affermazione di responsabilità dell’imputato nonostante l’affidamento a un’altra impresa dei lavori di manutenzione e pulizia del forno inceneritore utilizzato dalla CONSER VCO amministrata dal ricorrente, non è consentita nel giudizio di legittimità, in quanto attiene all’accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale e tende a ottenerne una rivalutazione.
Il Tribunale di Verbania ha affermato la responsabilità dell’imputato, per la mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, in considerazione del fatto che le operazioni di manutenzione e pulizia del forno inceneritore della CONSER VCO, benché affidate a un’altra impresa, erano state eseguite anche da dipendenti dell’Impresa amministrata dall’Imputato, con la conseguente sussistenza dell’obbligo di elaborare detto documento anche a carico del loro datore di lavoro, dunque del ricorrente.
Quest’ultimo censura tale accertamento sul piano del merito, e cioè della effettiva presenza dei dipendenti della CONSER VCO e della loro stabile partecipazione a tali lavorazioni, affermando che la stessa sarebbe stata estemporanea, non rientrante nelle loro mansioni e, comunque, non autorizzata.
Si tratta, però, di una doglianza non consentita nel giudizio di legittimità, in quanto non si critica l’interpretazione e l’applicazione della disposizione denunciata (posto che non è contestata la necessità di predisporre il documento di valutazione dei rischi quando propri dipendenti partecipino a lavorazioni per le quali esso occorra), bensì l’accertamento dei fatti sulla base dei quali è stata ravvisata la violazione alle disposizioni che prevedono l’obbligo di elaborazione del documento di valutazione dei rischi, e cioè l’effettiva partecipazione dei dipendenti della società amministrata dall’imputato ai lavori di manutenzione e pulizia dell’impianto inceneritore di tale società, in relazione ai quali non era stato elaborato detto documento: tale partecipazione è stata accertata dal Tribunale sulla base di quanto dichiarato da uno degli ispettori della ASL e dai dipendenti della CONSER VCO, e si tratta di accertamento in relazione al quale non sono stati prospettati travisamenti delle prove o vizi di altro genere, non rivisitabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, con la conseguente inammissibilità della doglianza formulata dal ricorrente, che censura tale accertamento.
3. Il secondo motivo, mediante il quale è stata lamentata la mancata ammissione del ricorrente alla oblazione, nonostante l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, è manifestamente infondato, non essendo stata avanzata nel corso del giudizio di merito la relativa richiesta e non potendo, di conseguenza, l’imputato dolersi della mancata ammissione alla oblazione, rimessa pur sempre alla iniziativa dell’Imputato, che deve farne domanda, cosicché, in assenza di quest’ultima, non è ravvisabile alcuna violazione di legge, non essendovi obblighi od oneri di sorta a carico del Tribunale in assenza della necessaria iniziativa della parte interessata.
4. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante il contenuto non consentito del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalora, Rv. 261616).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 26/6/2018

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