Delega di funzione.
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ACETO ALDO
Data Udienza: 17/07/2015
Fatto
1. Il sig. A.R. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 25/03/2014 del Tribunale di Pavia che, a seguito di opposizione a decreto penale, l’ha dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 29- quatuordecies, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n, 152, perché, quale direttore generale della società (società titolare dell’autorizzazione) e procuratore speciale della società (società cessionaria dell’autorizzazione), con espressa delega di funzioni in materia di prevenzione e tutela ambientale per tutte le attività svolte presso lo stabilimento sito in Mortara, esercitava l’attività dello stabilimento con inosservanza delle prescrizioni imposte dall’autorizzazione integrata ambientale in ordine alle emissioni in atmosfera ed alla gestione dei rifiuti. Fatto commesso in Mortara dall’anno 2010 al 25 giugno 2012, data dell’accertamento.
1.1.Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’affermazione della sua responsabilità penale.
Deduce al riguardo che:
a) il Tribunale lo ha ritenuto responsabile unico delle contravvenzioni contestate perché >, nominato con verbale di assemblea del 19/03/2003;
b) il verbale di assemblea dei soci, tuttavia, non costituisce valida delega di funzioni in materia ambientale essendo necessaria la compresenza degli ulteriori requisiti così individuati dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte: 1) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione, in capo al delegante, di poteri residuali di tipo discrezionale; 2) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; 3) il trasferimento deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa; 4) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa;
c) il Tribunale ha indicato solo uno dei requisiti (la dimensione dell’impresa), trascurando tutti gli altri che non menziona;
d) la delega era in ogni caso generica, anteriore all’autorizzazione integrata ambientale, rilasciata il 24/10/2007 e rinnovata e volturata al Gruppo M.S. il 19/12/2010, e priva del potere decisionale e sopratutto di spesa;
e) la delega non era stata accettata per iscritto;
f) gestore dell’attività autorizzata era stato formalmente nominato, a far data dal 01/02/2011, il coimputato M.R., assolto dal Tribunale, anche se le contestazioni si riferiscono, in parte anche a fatti successivi a tale data;
g) la delega rilasciata al M.R. era puntuale ed espressa, contemplava tutti i poteri di spesa e di gestione ed era stata espressamente accettata per iscritto.
2. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
3.Secondo quanto risulta dal testo della sentenza impugnata l’autorizzazione integrata ambientale era stata rilasciata alla il 24/10/2007 ed era stata successivamente volturata alla il 29/12/2010. I fatti sono stati commessi nell’arco di tempo che va da epoca imprecisata dell’anno 2010 al 25/06/2012; la loro sussistenza oggettiva non è contestata ed è estranea al tema devoluto.
Il ricorrente è stato nominato direttore generale della il 19/03/2003, come da verbale di assemblea ordinaria dei soci del 19/03/2003 allegato al ricorso.
In particolare, gli è stata affidata:
a) la rappresentanza della società di fronte ai terzi, compresa la Pubblica Amministrazione ed in giudizio;
b) la responsabilità per la gestione degli stabilimenti sociali;
c) la responsabilità per il rispetto di tutte le norme antinfortunistiche, la tutela della salute e dell’integrità fisica delle persone e dell’ambiente interno ed esterno, il rispetto delle norme concernenti l’inquinamento delle acque, del suolo e dell’aria, la limitazione delle emissioni, lo smaltimento e/o il riutilizzo dei rifiuti di qualsiasi genere, specie e provenienza;
d) la responsabilità per la gestione dei trasporti di persone e merci nonché la manutenzione dei mezzi adibiti a detti trasporti;
e) la responsabilità per la gestione del personale nel rispetto delle leggi vigenti e dei contratti collettivi nazionali di lavoro;
f) in ogni caso la responsabilità per il rispetto degli obblighi di cui al DPR 27.04.1955 n. 547 in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro nonché la responsabilità per il rispetto degli obblighi di cui al D.Lgs. 19.09.94 n. 626 e successive integrazioni e modificazioni, in particolare degli obblighi di cui all’art. 4 del citato d.lgs. esercitando in piena autonomia le inerenti facoltà, ivi compresa espressamente quella di delegare a propria volta le funzioni, i poteri e gli obblighi legalmente delegabili.
Per consentirgli di esercitare tali prerogative, espressamente accettate dal A.R., l’assemblea gli ha attribuito ampi poteri, esercitabili senza preventiva autorizzazione, ; tra questi il potere di istruire il personale preposto .
E’ previsto, inoltre, che conosca ed applichi <.
L’esercizio di tali compiti non era delegabile e l’imputato se ne assumeva la piena responsabilità, anche penale, con facoltà di oblare . In ordine ai poteri e alle mansioni conferiti – prosegue il verbale – il A.R. avrebbe risposto del suo operato direttamente all’assemblea .
4.Il ricorrente contesta l’idoneità di tale atto a conferirgli valida delega per l’esercizio delle prerogative in esse descritte e cita, a sostegno, giurisprudenza di questa Suprema Corte.
Osserva il Collegio che la questione, così come posta, è del tutto errata e fuorviante.
I principi che questa Corte ha elaborato in materia di “delega ambientale” riguardano la sua attitudine a sollevare il delegante da ogni forma di responsabilità ma non ad escludere quella del delegato che si sia realmente occupato della gestione “ambientale” dell’impresa e abbia effettivamente esercitato i compiti a lui assegnati, assumendosene le relative responsabilità e rendendosi autore diretto delle violazioni accertate.
L’imputato si ferma, per così dire, alla forma della “delega” ma non contesta, nella sostanza, di aver esercitato le attribuzioni e le funzioni in essa analiticamente descritte che addirittura gli conferivano la rappresentanza della società e lo rendevano responsabile direttamente ed esclusivamente nei confronti dell’assemblea. Nè ha eccepito che le violazioni riscontrate fossero conseguenza di mancati investimenti necessari, segnalati e non autorizzati dall’A.U..
In ogni caso, osserva il Collegio che il verbale non contiene una delega vera e propria: la delega comporta un trasferimento di poteri che ne presuppone il possesso da parte del delegante .
Nel caso in esame, invece, l’affidamento delle prerogative è stato effettuato a titolo originario dall’assemblea dei soci, ancorché su proposta dell’A.U., in quanto attribuzioni funzionali tipiche della nuova figura di “direttore generale” nella quale sono confluite parte delle competenze dell’amministratore unico con possibilità di esercitarle in piena e totale autonomia anche rispetto a quest’ultimo.
Non ha rilevanza il fatto che l’AIA sia stata rilasciata nell’anno 2007, in epoca cioè successiva al 2003, poiché le attribuzioni del direttore generale riguardavano la gestione ambientale societaria nel suo complesso e non in relazione ad una specifica autorizzazione.
5.L’imputato tuttavia deduce – quale ulteriore argomento difensivo – che con atto del 01/02/2011 il legale rappresentante della aveva stato costituito procuratore speciale gestore di attività soggetta ad Autorizzazione Integrata Ambientale il sig. M.R. ed eccepisce il travisamento della prova.
Di tale documento, che il ricorrente allega al ricorso, il Tribunale non fa menzione alcuna.
La rubrica imputa al A.R. di aver consumato i reati a lui ascritti in qualità di direttore generale della e di procuratore speciale del . Anche il M.R. è descritto nella rubrica come procuratore speciale del e tuttavia il Tribunale lo ha assolto dai reati ascritti proprio perché ha ritenuto il M.R. Amministratore Unico e l’odierno ricorrente responsabile esclusivo della gestione ambientale delle due società.
L’eccezione difensiva vuole evidenziare la contraddizione nella quale sarebbe caduto il Tribunale che da un lato ritiene il A.R. penalmente responsabile dei reati a lui ascritti nelle sue indicate qualità, dall’altro assolve il M.R. in quanto A.U. delegante, dimenticando però che il M.R. non era AU della e rivestiva, nell’ambito di quest’ultima società, lo stesso incarico per il quale è stato condannato il ricorrente.
Tale eccezione, come detto, si alimenta di un dato probatorio documentale che, come detto, il Tribunale non menziona mai.
Si tratterebbe, dunque, dell’omessa valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, quantomeno per le condotte successive al 01/02/2011.
Sennonché l’imputato non deduce se e quando abbia prodotto il documento del quale denuncia l’omessa valutazione.
Trattandosi di sentenza di primo grado, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, aveva l’onere di dimostrare l’effettiva acquisizione al processo della prova documentale indicando l’udienza nel corso della quale era stata prodotta, allegando il relativo verbale e l’ordinanza di ammissione o comunque indicandone la relativa impaginazione.
Il travisamento della prova, se ritenuto commesso dal giudice di primo grado, deve essere dedotto al giudice dell’appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rappresentato (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014, Biondetti, Rv. 261438).
La Corte di appello in quanto giudice del fatto può esaminare direttamente gli atti del processo, verificare se e quando la prova di cui si lamenti l’omessa valutazione sia stata effettivamente acquisita, accertarne la sua decisività nel contesto delle altre prove.
Non così quando la sentenza di primo grado è inappellabile.
In tal caso, poiché la Corte di cassazione non è giudice del fatto, nemmeno se viene eccepito il travisamento della prova (che è vizio della motivazione), e non può accedere agli atti del fascicolo del dibattimento (a meno che non venga eccepito un vizio procedurale), resta onere del ricorrente indicare gli estremi dell’ordinanza di assunzione della prova non esaminata.
6. L’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare cause di estinzione del reato, quale la prescrizione, verificatesi successivamente alla pronunzia della sentenza impugnata. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.