Infortunio con la macchina piegatrice orizzontale idraulica priva dei dispositivi di sicurezza. Datore di lavoro e RSPP.
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 10/05/2017
Fatto
1. Con sentenza n. 996/15 del 08/07/2015 il Tribunale di Bolzano dichiarava T.A.P.L. e F.G. responsabili del reati ascritti e li condannava ciascuno alla pena di mesi 2 di reclusione sostituita con € 2.280,00 di multa.
1.1. Gli Imputati erano stati tratti a giudizio, unitamente a FR.GE. (giudicato separatamente), T.A.P.L., nella sua qualità di consigliere delegato della F. & R. Metallindustrie s.r.l., e F.G., in qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione della stessa società, per rispondere del delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione antiinfortunistica e con l’aggravante di cui all’art. 61 n.3 c.p., per avere provocato a RA.M. una lesione personale consistente nella subamputazione del dito 2 mano sinistra con incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo di giorni 90; in particolare per avere il T.A.P.L. per negligenza imprudenza o colpa specifica ai sensi dell’art. 2087 c.c. nonché per violazione della normativa sulla prevenzione infortuni, omesso di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro conformi alle specifiche disposizioni e quindi idonee ai fini della salute e della sicurezza in quanto la macchina piegatrice orizzontale idraulica di marca Eurornac mod. PB350S -sulla quale è incorso l’incidente al lavoratore RA.M.- era priva di dispositivi che impedissero alle mani dei lavoratori di venire a contatto con i movimenti del punzone; il F.G. per avere omesso di individuare i rischi connessi alla predetta macchina pressa piegatrice e di elaborare le misure preventive e protettive relative al macchinario e le relative procedure di sicurezza.
1.2. Con la sentenza n. 84/16 del giorno 10/05/2016, la Corte di Appello di Trento -sez. dist. di Bolzano-, adita dagli imputati, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, assolveva F.G. dal reato lui in rubrica ascritto perché il fatto non sussiste, confermando nel resto.
2. Avverso tale sentenza d’appello, propone ricorso per cassazione T.A.P.L., a mezzo del proprio difensore, nonché l’Avvocato Generale presso la Corte di Appello di Trento -sez. dist. di Bolzano- (limitatamente alla assoluzione del F.G.), lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
– T.A.P.L.:
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 2, 16, 18 e 299D.Lgs. 81/08 con riguardo all’art. 590 c.p. ed all’individuazione del soggetto titolare di posizione di garanzia in materia di sicurezza sul lavoro. Deduce che l’individuazione dell’imputato T.A.P.L. quale titolare di una posizione di garanzia in materia antinfortunistica e di responsabile per l’infortunio occorso è frutto di una erronea interpretazione della legge penale e delle altre norme giuridiche previste dal TU 81/08, con ulteriore travisamento del fatto che l’imputato fosse, appunto, il vertice del sistema di sicurezza sul lavoro della società F. & R. Srl, posto che nel DVR aziendale la figura dell’AD o CEO, non è nemmeno presa in considerazione ed anzi il documento manchi dell’individuazione dei ruoli dell’organizzazione aziendale che debbono provvedere all’adozione delle misure di sicurezza; nel DVR a pagina 2 si elencano tutti i soggetti coinvolti nel “sistema sicurezza” tra i quali figurano il datore di lavoro, il RSPP, il rappresentante delegato dal datore di lavoro, il referente interno per la sicurezza, ma non figura affatto l’AD. Sostiene che il vizio di interpretazione della Corte di merito, attiene alla concreta applicazione del principio di effettività così come declinato nella sua più ampia portata dalla Suprema Corte, secondo la quale “In tema di individuazione delle responsabilità penali all’interno delle organizzazioni complesse, non può attribuirsi, in via automatica, all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, dovendosi sempre considerare l’effettivo contesto organizzativo e le condizioni in cui detto organo ha dovuto operare” Sent. Cass. Pen. Sez. IV 13858/2015;
II) vizi motivazionali in relazione alla illogicità della motivazione in relazione all’individuazione dell’amministratore delegato quale soggetto coinvolto nel sistema di prevenzione e protezione in grado in concreto di spiegare un intervento utile. Sostiene che, in generale, nella verifica ed attribuzione della colpa per responsabilità omissiva al datore di lavoro o al garante in materia antinfortunistica, è necessario riscontrare in capo al soggetto in posizione di garanzia la prevedibilità del rischio e il potere di intervento, che determinano l’esigibilità di una condotta atta a prevenire il pericolo e di conseguenza, in caso di omissione, la responsabilità; l’attribuzione di colpevolezza all’imputato T.A.P.L., è frutto del travisamento del fatto che lo stesso AD fosse anche il dirigente prevenzionistico all’interno del sistema predisposto dal datore di lavoro F., nonché che il T.A.P.L. fosse per questo motivo in condizione di conoscere la pericolosità della macchina oggetto del giudizio e, conseguentemente, di attivarsi.
– l’Avvocato Generale presso la Corte di Appello di Trento -sez. dist. di Bolzano- :
III) inosservanza degli artt. 28 e 33 D.Lgs. 81/08, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Deduce che gli obblighi del servizio di prevenzione e protezione aziendale sono dettagliatamente elencati nell’art. 33 del D.Lgs. 81/08 che impone di: a) individuare i fattori di rischio, valutarli e, successivamente, individuare le misure da adottare per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale; b) elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure. In base all’art. 28, comma 2, D.Lgs. 81/08 il DVR deve essere redatto in modo tale da: a) garantire la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) contenere l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate; c) contenere il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) individuare le procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. Sostiene, conseguentemente, che il dato fondamentale è quello della concretezza e specificità con riferimento alle attrezzature e procedure adottate all’Interno dell’ambiente lavorativo analizzato. Afferma che la Corte territoriale erra nel ritenere il DVR predisposto dal F.G. completo, idoneo e concreto, posto che limitarsi a definire come rischiose tutte le presse presenti nel reparto, è un’affermazione oltremodo generica, laddove l’RSPP avrebbe dovuto specificare quali difetti aveva ogni singola pressa e, una volta individuati i difetti della singola pressa, avrebbe dovuto indicare quali rimedi da adottare in concreto; invece, a detta della stessa Corte d’appello, il F.G. si è limitato ad invitare l’azienda ad “avviare un programma di adeguamento”, il che non significa assolutamente nulla ed, inoltre, attiene alla scansione temporale e non alle misure concrete da adottare.;
IV) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla deposizione del consulente del F.G., C.C. ed alla testimonianza di B.A Deduce che lo stesso consulente C.C. citato dalla difesa, controinterrogato dal Pubblico Ministero, riferiva della genericità, incompletezza e sostanziale inutilità del DVR predisposto dall’imputato, ma la Corte del merito ha totalmente omesso di valutare tale deposizione (a differenza del Giudice di primo grado, che, nella sua motivazione, aveva fatto riferimento proprio a tale deposizione, come uno degli elementi fondanti le ragioni della condanna). Sostiene che, del pari, la Corte territoriale ha omesso di valutare la testimonianza di B.A. nella parte in cui questi riferiva del rifiuto pervicace del F.G. di indicare quali interventi erano necessari per mettere in sicurezza le presse
2.1. Con memoria depositata in data 20/04/2017, il difensore di F.G. ha svolto argomentazioni avversative.
Diritto
3. Il ricorso di T.A.P.L. è inammissibile.
4. Occorre evidenziare che, avvisato il difensore del deposito della sentenza in data 11/08/2016, considerata la sospensione per il periodo feriale, il termine per impugnare, previsto dall’art. 585 c.p.p., cominciava a decorrere dal 01/09/2016, mentre il ricorso per cassazione è stato depositato in data 21/10/2016.
5. E‘ principio assolutamente pacifico in giurisprudenza che il termine per l’impugnazione della sentenza depositata subito prima ovvero nel corso del periodo feriale, inizia a ridecorrere ovvero decorrere una volta che questo si sia concluso. Nella specie la sentenza risulta depositata il 21/07/2016; in data 11/08/2016 il difensore dell’imputato ha estratto copia della sentenza (si veda in calce al provvedimento) mentre l’avviso di deposito appare effettuato il 12/08/2016 (si vedano le annotazioni di cancelleria nell’epigrafe del provvedimento); il periodo feriale decorreva dal 01/08/2016 per aver termine il 31/08/2016; conseguentemente il termine per impugnare di 15 giorni decorreva dal 01/09/2016. Il ricorso, di contro, appare depositato il 21/10/2016 (si veda il timbro nel frontespizio dell’atto di gravame). Da ciò discende la tardività del gravame proposto dalla difesa con la conseguenza che il presente ricorso è da ritenersi inammissibile.
5.1. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di € 1.000,00 a favore della cassa delle ammende (cfr. sez. 2, 16/11/2016, -ud. 16/11/2016, dep. 14/03/2017-, n. 12305).
6. Il ricorso del P.M. è, invece, infondato.
7. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di ratto e di diritto.
7.1. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
7.2. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
7.3. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono Insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
7.4. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c’è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
7.5. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in terna di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
5. Ciò posto, deve, per completezza, evidenziarsi che il Giudice del merito, ha, ineccepibilmente in questa sede, ritenuto che il DVR predisposto dall’imputato conteneva sufficiente indicazione ed individuazione del rischio presente nel reparto laddove veniva indicato un rischio per la pericolosità intrinseca delle presse aggravato dalla inidoneità dei dispositivi di protezione non conformi alla legge, valorizzando in tal senso le testimonianze rese da Z.M. e Z.C..
5.1. In aggiunta, la Corte territoriale ha incensurabilmente ritenuto che «può affermarsi che attraverso il DVR vi è stata segnalazione al datore di lavoro idonea a sollecitarne i poteri di intervento per eliminare la situazione di rischio, sollecitazione alla quale il datore di lavoro non ha evidentemente reagito».
5.2. Mette conto, infine, rammentare che il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, mentre all’assoluzione deve pervenirsi in tutti quei casi in cui via sia la semplice “non certezza” e dunque anche il “ragionevole dubbio sulla colpevolezza” (cfr. da ultimo sez. 4, n. 10268 del 17/01/2017).
6. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l’inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dai limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell’offerta di una diversa valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità (sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto da T.A.P.L. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Rigetta il ricorso del P.M. Così deciso il 10 maggio 2017