Cassazione Penale, Sez. 4, 01 luglio 2016, n. 27051

Utilizzo errato di un trans pallet per velocizzare le operazioni di carico.


Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: BELLINI UGO
Data Udienza: 14/04/2016

Fatto

1. La Corte di Appello di Ancona con sentenza pronunciata in data 4 Dicembre 2014 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro che aveva riconosciuto la responsabilità di G.S.P. per il reato di lesioni colpose gravi con violazione di norme antinfortunistiche ai danni di DG.A. e della contravvenzione di cui all’art.71 comma 4 lett. a del D.Lgs 81/2008 e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di reclusione, sull’appello proposto dall’imputato e dalla parte civile, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al reato contravvenzionale in quanto ne era stata disposta l’archiviazione a seguito del pagamento della sanzione amministrativa, rideterminava la pena in giorni venti di reclusione e, ritenuto che il primo giudice aveva omesso di provvedere sulla domanda della parte civile, condannava l’imputato al risarcimento del danno a favore di DG.A. e liquidava le spese sostenute da questi nel doppio grado.
2. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato che articolava quattro motivi di ricorso.
Con i primi due motivi deduceva violazione di legge in relazione agli art. 546 lett.g) e comma III, e dell’art. 547 cod.proc.pen. in quanto il primo giudice aveva munito la sentenza di una statuizione sugli interessi civili priva di sottoscrizione e senza che la cancelleria avesse indicato l’origine del provvedimento che disponeva la correzione e comunque in maniera illegittima in quanto il provvedimento di correzione non poteva sopperire alla omissione di statuizioni fondamentali.
Con un terzo motivo denunciava violazione di legge per omessa applicazione, in sede di esame della persona offesa, del procedimento di cui all’art. 210 cod.proc.pen atteso che il DG.A. risultava indagato in procedimento connesso per violazione di norma contravvenzionale prevista a carico del lavoratore sul luogo di lavoro.
Con il quarto motivo deduceva manifesta contraddittorietà della motivazione nella parte in cui aveva ritenuto la attendibilità della deposizione della persona offesa, in assenza di ulteriori elementi di riscontro, a fronte dell’interesse che la stessa aveva nel procedimento. In particolare assumeva che difettava la dimostrazione della ricorrenza dell’elemento psicologico con particolare riferimento alla consapevolezza del G.S.P. della presenza del DG.A. sul mezzo utilizzato per caricare il camion.

Diritto

1. I motivi di ricorso sono infondati e vanno rigettati.
I primi due motivi denunciano profili di nullità della sentenza di primo grado la quale presenterebbe una integrazione inammissibile in quanto assunta in violazione degli articoli 546 e 547 cod.proc.pen. Si assume che il primo giudice, avendo omesso di pronunciarsi sulla domanda civile, aveva proceduto, successivamente alla data della deliberazione, ad una correzione della sentenza ai sensi degli art.547 e 130 cod.proc.pen. disponendo in ordine alla azione civile.
2. Orbene la Corte territoriale sul punto ha evidenziato che la suddetta integrazione dovesse considerarsi tamquam non esset e, decidendo sulla impugnazione proposta dalla parte civile proprio in relazione a tale profilo, ha statuito sugli interessi civili integrando in tal modo la statuizione di prima cure.
3. La stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente nell’atto di impugnazione afferma che il giudice di appello possa, in caso di omessa indicazione nel dispositivo della sentenza di primo grado delle statuizioni di carattere civile (che non può essere emendata ricorrendo al procedimento di correzione dell’errore materiale), provvedere nel merito della domanda, onde evitare l’annullamento della sentenza in presenza di rituale impugnazione della parte civile (sez.II, 24.6.2010 Maggiore, rv. 248149). E’ stato infatti affermato che il giudice di appello, entro i limiti del devoluto, ha la facoltà di emendare tale omissione decidendo nel merito sulla richiesta della parte civile senza necessità di annullare il provvedimento impugnato (sez.VI, 22.10.2009 Tessitore, rv. 246165).
La Corte di Appello di Ancona con motivazione del tutto coerente si è conformata a tali principi.
4. Il terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge processuale in quanto la persona offesa DG.A. avrebbe dovuto essere esaminata con le garanzie previste dall’art.210 I comma cod.proc.pen. in quanto indagato in procedimento connesso ai sensi dell’art.12 lett.a) cod.proc. pen. per ritenuta inosservanza sul luogo di lavoro di norme comportamentali e in particolare in violazione al divieto di assumere iniziative potenzialmente pericolose per la propria sicurezza.
Va affermato preliminarmente che la forma di audizione della persona offesa DG.A. non assume nel caso in specie alcun rilievo ai fini del decidere in quanto i profili di responsabilità in capo al G.S.P. emergono inequivocabilmente alla stregua della stessa materialità dei fatti risultanti dagli atti processuali, che costituiscono patrimonio non contestato del procedimento, così come accertati dagli organi inquirenti e meglio illustrati nel successivo paragrafo che attiene al contestato vizio di motivazione sull’elemento psicologico.
5. Invero il motivo di ricorso volto a porre in evidenza la responsabilità della persona offesa nel determinismo dell’evento in quanto assolutamente elusivo dei sistemi di sicurezza del macchinario utilizzato, e a denunciare il vizio motivazionale in cui sarebbe incorso il giudice di appello per avere ravvisato la responsabilità del datore di lavoro quale responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro, appare del tutto infondato. Invero la corte territoriale ha ampiamente dato conto della colpa specifica in cui è incorso il G.S.P. e cioè quella di avere utilizzato un trans pallet non solo per montare il carico sul mezzo di trasporto, ma anche per issare il conducente del mezzo DG.A. all’Interno del vano dell’autocarro per aiutarlo a ricevere il materiale che doveva essere posto all’Interno, per rendere più rapide le operazioni di carico dei mezzo.
6. Evidenziava che tale uso del mezzo trans pallet elettrico era espressamente in contrasto con il manuale di uso del mezzo che escludeva che lo stesso potesse essere impiegato per sollevare persone, soffermandosi altresì a chiarire l’efficienza causale della colpa attribuibile al ricorrente, proprio in ragione degli obblighi imposti dall’art.71 comma IV lett.a 1 D.Lgs 81/2008 al responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro, norma precipuamente indirizzata al fine di evitare infortuni del genere.
In tale contesto pertanto la circostanza che la persona offesa abbia potuto assumere una posizione errata, ovvero attuare una scelta operativa azzardata per velocizzare le operazioni di carico non può assumere alcun rilievo esimente per il responsabile della sicurezza, che avrebbe dovuto impedire al G.S.P. di utilizzare il trans pallet per issarsi sul vano porta carico dell’automezzo, prassi lavorativa che si poneva in contrasto con lo specifico divieto stabilito dalla disciplina del mezzo di carico, il quale era di proprietà della ditta di cui il G.S.P. era il titolare e la cui indebita assunzione si è posta in diretto rapporto causale con l’evento.
Il ricorso proposto deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 14.4.2016

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