Cassazione Penale, Sez. 4, 02 dicembre 2015, n. 47751

Caduta del pensile addosso alla cuoca: mobile fissato in modo inadeguato dall’impresa incaricata di lavori nella cucina.


Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MENICHETTI CARLA
Data Udienza: 12/11/2015

Fatto

1. Con sentenza emessa il 14.11.2014 la Corte d’Appello di Torino confermava, con riduzione della pena, la pronuncia di condanna resa dal Tribunale di Torino in data 14.2.2013 nei confronti di A.E.C.M. per il reato di cui agli arti. 590, commi II, III e IV, in relazione all’art.583, comma 1 n. l) c.p., per avere, nella sua qualità di responsabile tecnico e amministratore unico dell’impresa edile Architettura e Tecnologie (AR.TE.) S.p.a., con colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionato a EA.K., dipendente della “Il Porto Onlus” con mansioni di cuoca, lesioni personali gravi; ciò in conseguenza della violazione di cui all’art. 24 D.lgs.n.81/08, per non aver informato gli installatori e montatori della corretta procedura di montaggio dell’attrezzatura da cucina, nella specie di un pensile metallico, e aver omesso di attenersi alle norme di salute e sicurezza del lavoro nonché alle istruzioni fornite dal fabbricante, non vincolando il mobiletto pensile in modo stabile al muro, utilizzando tasselli non idonei per la tipologia e tipo di muro, così che la dipendente, mentre era intenta ad aprire il pensile per prelevare un pacco di pasta, veniva colpita e schiacciata dal pensile improvvisamente staccatosi dal muro.
2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, la ditta dell’A.E.C.M. era stata incaricata di effettuare lavori conservativi all’Interno della cucina, ponendo in essere opere murarie e spostando dalla sua originaria collocazione il pensile, per problemi di umidità ai muri, per poi ricollocarlo a fine lavori nella sua nuova destinazione. Tale risistemazione avrebbe evidentemente richiesto e presupposto una procedura di montaggio corretta e consona alle norme di salute e sicurezza del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dal fabbricante, vincolando il mobiletto pensile in modo stabile e a tal fine utilizzando modalità di aggancio e tasselli idonei per tipologia ed il tipo di muro. Invece, in base alle prove raccolte nel corso del giudizio di primo grado e di cui si legge nella motivazione della sentenza di appello, l’imputato aveva omesso di fornire agli operai incaricati informazioni specifiche e complete circa le modalità di esecuzione dell’opera di fissaggio del mobile alla parete della cucina e non aveva verificato lo svolgimento a regola d’arte di tale mansione, così che il mobile era stato fissato in maniera inadeguata (in particolare con l’utilizzo di soli due tasselli a vite posti all’estremità superiore in corrispondenza dei ganci propri della struttura del pensile, di lunghezza pari a 5 cm., insufficiente per arrivare al muro) e a causa di ciò si era staccato dal muro ed era caduto addosso alla cuoca provocandole lesioni gravi.
3. ‘Propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza ai sensi dell’art.606 lett.e) per difetto, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, la quale avrebbe del tutto travisato le risultanze processuali, senza tenere conto che il pensile era stato riposizionato da oltre tre mesi e che l’A.E.C.M. si era limitato ad eseguire gratuitamente nello stabile che ospita la Onlus lavori di imbiancatura delle pareti e non di muratura.
4. All’odierna udienza il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

1. Il ricorso va rigettato.
Si osserva in primo luogo che nell’argomentare in ordine all’unico motivo di impugnazione, si riporta un passo della sentenza in cui la Corte di merito darebbe atto della “fondatezza dei singoli argomenti utilizzati dall’appellante per minare la fondatezza della ricostruzione degli eventi assunta dalla decisione del Tribunale”, e si denuncia il vizio di motivazione laddove si perviene invece – nonostante tale premessa – alla conferma della statuizione di condanna.
In realtà a pag.6 della pronuncia, la Corte affronta in via preliminare e disattende, siccome del tutto ipotetica ed astratta, la ricostruzione alternativa dei fatti offerta dalla difesa – secondo cui l’evento si sarebbe verificato per un movimento incauto della lavoratrice che, perso l’equilibrio dallo scalino su cui era salita per prelevare la pasta, si sarebbe aggrappata al pensile per evitare la caduta, provocandone il distacco dal muro – asserendo che i singoli motivi di gravame, da analizzare in seguito, andavano anch’essi disattesi ad eccezione di quello relativo al trattamento sanzionatone.
Dunque nessuna contraddittorietà.
2. Neppure può ritenersi la motivazione della Corte di merito illogica o inesistente o carente, in quanto la impugnata sentenza ripercorre in maniera analitica e corretta la vicenda da cui è originata la caduta a terra della lavoratrice, pervenendo all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in base alla qualifica ricoperta ed al profilo di colpa accertato a suo carico.
Dal punto di vista soggettivo, l’A.E.C.M. era all’epoca responsabile tecnico e amministratore unico della impresa edile AR.TE. Architettura e Tecnologie, incaricata dalla direzione della comunità “Il Porto” di effettuare nel marzo 2008 lavori di risanamento dell’area adibita a cucine, comprendenti la chiusura attraverso una porta in cartongesso di una nicchia e l’imbiancamento dei locali, ove la ASL all’esito di una precedente ispezione aveva rilevato macchie di muffa. Nel corso di tali lavori il pensile doveva essere spostato dalla sua originaria collocazione, proprio per problemi di umidità ai muri, per poi essere ricollocato nella sua nuova destinazione, ovviamente seguendo una procedura di montaggio corretta e consona alle norme di salute e sicurezza del lavoro, nonché attenendosi alle istruzioni fornite dal fabbricante che imponevano di vincolare in modo stabile il pensile al muro utilizzando modalità di aggancio e tasselli idonei.
Quanto alla contestata condotta colposa, la Corte di merito ha dato conto in maniera puntuale e congrua delle risultanze della compiuta istruttoria (in particolare dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dai testi, operai che avevano eseguito il montaggio), che hanno consentito di accertare che l’A.E.C.M. aveva omesso di fornire informazioni specifiche e complete circa le modalità di esecuzione dell’opera di fissaggio del mobile della cucina in oggetto ed aveva omesso di verificare, in prima persona o attraverso suoi ausiliari, la corretta esecuzione dei lavori, sia in corso d’opera sia successivamente, così che il mobile veniva fissato in maniera inadeguata (nella specie solo con due tasselli superiori) e, a causa di ciò, si era staccato dal muro cadendo addosso alla EA.K., provocandole lesioni gravi.
3. Le censure del ricorrente appaiono pertanto del tutto infondate.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dell’A.E.C.M. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 novembre 2015

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