Caduta del carico sull’apprendista. Mancanza di un idoneo strumento di sollevamento (anello unico). Responsabilità di datore e preposto.
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO
Data Udienza: 27/10/2015
Fatto
1. Con sentenza del 15\1\2015 la Corte di Appello di Torino confermava la condanna di Z.G. e G.P. per il delitto di cui all’art. 590 c.p., per lesioni colpose in danno del lavoratore K.R. (acc. In Fossano -CN- il 28\4\2008).
In appello la pena veniva ridotta a mesi uno di reclusione per la Z.G. ed a mesi uno e giorni dieci per il G.P..
Agli imputati era stato addebitato di avere cagionato il fatto, cooperando tra loro, nelle rispettive qualità, Z.G., di datore di lavoro dell’Impresa “A.R. Costruzioni”, impresa incaricata di realizzare strutture in cemento precompresso all’interno dell’insediamento produttivo della società “DUE Gl Prefabbricati” s.r.l., su appalto conferito da quest’ultima; G.P.e, di persona incaricata dal datore di lavoro delle verifiche sull’osservanza delle disposizioni contenute nell’allegato VI, § 3, al D.Lgs. 81/2008. In particolare agli imputati era stato contestato di avere provocato le lesioni per colpa, consistita in imprudenza, negligenza, imperizia, ed inosservanza delle norme di prevenzione infortuni (cui agli artt. 2087 cod. civ., e dell’art. 71, comma 3°, D.Lgs. 9/4/2008 n. 81 (in relazione all’allegato VI, §§ 3.1.1 e 3.1.6), in quanto avevano omesso di adottare tutti i provvedimenti tecnici organizzativi e procedurali necessari, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori dell’impresa “A.R. Costruzioni” omettendo di scegliere una imbracatura ed i relativi accessori di sollevamento appropriati alla natura, alla forma ed al volume di una gabbia in ferro sagomato e barre in acciaio lunga metri 12 e del peso di kg. 1.633 agganciata per mezzo di catene ad una gru a ponte, dal momento che :
a) le catene erano più che dimensionate per sollevare il carico in rapporto all’angolo di apertura dei tiranti ed alla notevole forza applicata sui fianchi del gancio della gru;
b) mancava un collegamento ad anello per tiranti multipli, da posizionare entro il gancio della gru, onde evitare che le oscillazioni del carico trasferissero la rotazione direttamente al gancio; pertanto durante il lavoro K.R., dipendente della “A.R. Costruzioni”, con mansioni di apprendista operaio edile, effettuando la movimentazione meccanizzata della gabbia in ferro ed acciaio sopra descritta per mezzo della gru a ponte, determinava l’oscillazione del carico che faceva ruotare il gancio che, non essendo svincolato dal carico, faceva quindi scivolare l’anello verso l’estremità del gancio con forza tale da determinare il cedimento del dispositivo di sicurezza applicato al gancio, ed il conseguente sfilamento del tirante, con conseguente caduta della gabbia da un’altezza di circa quattro metri che investiva il K.R., determinando lesioni personali gravi (ferita lacero contusa cuoio capelluto; pneumotorace traumatico ed emotorace bilaterale, fratture clavicola sinistra ed olecrano sinistri; frattura terzo medio radio sinistro scomposta; fratture braco-ileo-ischio-pubiche a sinistra; frattura scomposta terzo distale femore sinistro; fratture multiple del rachide), dalle quali derivavano una malattia di durata pari ad almeno centoventi giorni e l’indebolimento permanente degli organi della deambulazione (deambulazione con antibrachiali, lieve compenso in flessione anteriore e laterale destra del tronco durante l’appoggio sull’arto inferiore destro, e leggera zoppia, quando affaticato).
2. Osservava la Corte di merito che la dinamica dell’incidente era stata ricostruita con precisione in primo grado. Il K.R. si trovava all’interno di un capannone per depositare ivi delle gabbie di ferro-acciaio per successiva armatura e getto del calcestruzzo per la costruzione di prefabbricati. Durante il trasporto di una gabbia con il carro gru, a causa di un’oscillazione, alcuni anelli dell’imbracatura erano fuoriusciti dal gancio determinando la caduta del carico sull’operaio. L’incidente si sarebbe evitato se le catene fossero state avvinte ad un unico spezzone di catena con anello chiuso da agganciare a sua volta al gancio di sollevamento. Tale modalità avrebbe reso irrilevante l’oscillazione del carico. Tale attrezzatura, però, mancava nel capannone ed il suo mancato utilizzo era stata la causa dell’incidente. Quanto alle censure difensive :
– esse non avevano messo in discussione la dinamica del sinistro e la bontà del giudizio controfattuale operato in sentenza dal Tribunale;
– la difesa aveva sostenuto che utilizzando catene più lunghe, gli effetti dell’oscillazione sarebbero stati assorbiti e non vi sarebbe Stata la caduta del carico;
– dalle deposizioni raccolte, però era emerso che sul punto i vertici aziendali non avevano fornito alcuna specifica indicazione e, quindi, la scelta delle catene da utilizzare era stata lasciata alla discrezionalità degli operai;
– l’infondatezza della tesi difensiva appariva vieppiù chiara con riferimento all’operaio K.R., ancora apprendista, assunto da poco più di un anno, privo quindi della necessaria esperienza per fare da solo scelte ponderate in materia di sicurezza;
– a fronte della possibilità di utilizzare una pluralità di misure di sicurezza, il datore di lavoro doveva optare per quella in cui la facoltà di scelta del lavoratore incidevano di meno;
– pertanto l’unico sistema sicuro, come detto assente nella strumentazione fornita ai dipendenti, era quello di evitare che le catene fossero appese direttamente al gancio della gru, ma invece prevedere che fossero agganciate ad un unico anello chiuso, a sua volta da appendere al gancio della gru.
Pertanto dell’incidente dovevano rispondere il datore di lavoro ed il preposto, considerato che K.R. non aveva avuto una sufficiente formazione ed informazione; nonché per il fatto che in azienda erano tollerate e non controllate prassi di lavoro pericolose. Osservava infine la Corte che nessun addebito di colpa poteva essere mosso alla vittima, la quale non aveva posto in essere alcun comportamento abnorme.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, lamentando :
3.1. la erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione in ordine al nesso causale. Invero il C.T.U. in dibattimento aveva spiegato in modo chiaro che i sistemi di sicurezza alternativi tra loro, il gancio unico oppure le quattro catene di adeguata lunghezza collegate direttamente al gancio, avevano la stessa efficacia di sicurezza. Pertanto, essendo certa l’assenza del gancio unico, pur sempre il K.R. avrebbe potuto utilizzare il sistema delle catene lunghe. Né l’assenza di prova della presenza di tali catene in cantiere poteva riverberarsi in danno degli imputati, sui quali non incombeva tale onere probatorio. Considerato infine che prima dell’incidente altri carichi e movimenti erano stati effettuati senza alcun problema, se ne desumeva che il sistema utilizzato di sollevamento era sicuro e quindi la contestazione omissiva, formulata in capo agli imputati, infondata.
3.2. Con specifico riferimento al G.P., considerato che la condotta omissiva concerneva la mancata fornitura di uno strumento di lavoro (il gancio unico), tale addebito doveva gravare esclusivamente sul datore di lavoro e non su un preposto privo di capacità di spesa. Il fatto che avesse ammesso di esser colui che aveva deciso quali attrezzature di lavoro utilizzare, non poteva costituire un valido addebito di colpa, considerato che egli faceva utilizzare gli strumenti disponibili.
Diritto
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Va ribadito, come emerge dalle sentenze di merito, che l’origine dell’incidente va ricercata nel fatto che la pesante struttura in ferro caduta era agganciata in modo tale da creare ampi angoli di apertura. Pertanto i due anelli non riuscivano ad essere posizionati nella gola del gancio del carroponte ed in presenza di un’oscillazione del carico uno di essi, quello esterno, era fuoriuscito dal gancio, non arrestato dalla presenza di una lamierina di sicurezza che non aveva alcuna possibilità di resistere alla forza del movimento dell’anello verso l’esterno.
Come si rileva dalle sentenze di merito, il C.T.U. ha evidenziato come sistema sicuro per la movimentazione della struttura fosse la presenza di un anello unico, in cui far confluire le estremità delle due catene e che, inserito nel gancio del carroponte, poiché allocato nella sua gola, non avrebbe patito gli effetti delle oscillazioni del carico. L’adozione di tale sistema di sicurezza avrebbe evitato l’evento.
La difesa degli imputati ha evidenziato che lo stesso obiettivo di sicurezza poteva essere raggiunto anche senza un unico anello, utilizzando catene più lunghe, tali quindi da ammortizzare le sollecitazioni dovute alle oscillazioni del carico. Pertanto l’incidente andava attribuito alla responsabilità degli operai che avevano utilizzato catene non correttamente dimensionate.
3. Ciò detto, premesso che non è certo che catene di diversa misura fossero a disposizione degli operai intenti al lavoro presso il carroponte, va ricordato che questa Corte di legittimità ha statuito che “Allorquando l’imprenditore disponga di più sistemi di prevenzione di eventi dannosi, è tenuto ad adottare (salvo il caso di impossibilità) quello più idoneo a garantire un maggior livello di sicurezza: trattasi, in vero, di principio cui non è possibile derogare soprattutto nei casi in cui i beni da tutelare siano costituiti dalla vita e dalla integrità fisica delle persone ” [Sez. 4,
Sentenza n. 41944 del 19/10/2006 Ud. (dep. 21/12/2006), Rv. 235539].
Nel caso in esame, come emerso dall’Istruttoria dibattimentale e come evidenziato dai giudici di merito, i due imputati, nelle rispettive qualità hanno consentito che il K.R. (e prima di lui altri operai), svolgesse un’attività di evidente pericolosità, senza mettere a sua disposizione l’unico mezzo di prevenzione sicuro, costituito dall’anello unico. Condotta questa aggravata dalla circostanza che la vittima era un mero apprendista al quale non era stata fornita una sufficiente formazione ed informazione dei rischi del lavoro che svolgeva.
Anche ad ammettere che vi fosse la possibilità di utilizzare altre misure di sicurezza per il trasporto del carico, diverse dal gancio unico, va affermata la correttezza del principio di diritto applicato dalla Corte di merito, secondo il quale di fronte alla possibilità dell’utilizzo di plurime misure di prevenzione, i soggetti titolari dell’obbligo di protezione, devono preferire le misure di sicurezza sull’utilizzo delle quali incida di meno la scelta discrezionale del lavoratore, considerato che è pur sempre possibile e non imprevedibile, una errata opzione.
Nel caso in esame la idoneità della lunghezza delle catene, per evitare che contraccolpi delle oscillazione del carico si trasferissero pericolosamente sul gancio del carroponte ove erano alloggiati due anelli non posizionati nella sua gola, erano state lasciate alla valutazione di un apprendista, il quale avrebbe dovuto fare calcoli sulla lunghezza dei ganci in rapporto all’ampiezza dei punti aggancio sulle gabbie.
Tutto ciò a fronte di un sistema di prevenzione sicuro e semplice, costituito dall’anello unico, in cui far confluire i terminali delle catene, da allocare nel gancio del carroponte.
4. Priva di fondatezza è anche la censura formulata nell’interesse del solo G.P..
Invero l’incidente si è verificato in quanto non era stato fornito un idoneo strumento di sicurezza per il sollevamento del carico; inoltre non vi era stata alcuna vigilanza sul consolidarsi di pericolose prassi di lavoro. Infine la vittima era stata adibita alla specifica mansione, senza una sufficiente formazione, essendo un mero apprendista.
Di tali colpevoli condotte, tutte causalmente determinanti dell’evento, correttamente sono stati chiamati a rispondere sia la Z.G., datore di lavoro, che il G.P., preposto.
La prima, infatti, è la principale destinataria dei precetti antinfortunistici, il controllo del rispetto dei quali non risulta essere stato trasferito con delega ad altro soggetto. In ogni caso va ribadito che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l’obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’ait. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro [cfr. Sez. 4, Sentenza n. 4361 del 21/10/2014 Ud. (dep. 29/01/2015), Rv. 263200].
Quanto al G.P., in qualità di preposto, egli era garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, sovraintendendo alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute. In ragione della sua “prossimità” al rischio aveva tutta la possibilità di evitare l’evento controllando ed impedendo prassi di lavoro pericolose in assenza della presenza di presidi che garantissero la sicurezza del lavoro.
All’infondatezza del ricorso segue il suo rigetto e, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27 ottobre 2015